Bar Lezzi – dal 1924Il vuoto degli “Italiani brava gente”

Ipotizzando di avere una retta orientata potremmo dire che fissato un punto O su di una retta orientata, definiremo semiretta il sottoinsieme della retta formato dal punto O e da tutti quelli che l...

Ipotizzando di avere una retta orientata potremmo dire che fissato un punto O su di una retta orientata, definiremo semiretta il sottoinsieme della retta formato dal punto O e da tutti quelli che lo seguono oppure che lo precedono. Io, per fortuna o sfortuna, mi ritengo il uno dei tanti italiani punto O accerchiati da semirette di buonisti e, se lo riteniamo opportuno, cattivisti

Su cosa mi sento nel mezzo? Nel frustrante abisso di chi razionalmente cerca di osservare e capire il fenomeno immigrazione che ha investito l’Italia. Perché io personalmente proprio non riesco ad provare odio con quegli uomini marocchini che, al mio paese, dopo una giornata di calura estiva, si riposano seduti sulle panchine senza avere il coraggio neppure di guardarsi tra loro. Io, per quel che mi compete, provo profonda vergogna quando fermo ad un incrocio con la mia Vespa invito l’extra-comunitario di turno ad attraversare e lui, con faccia dispiaciuta, alza le mani e mi invita di rimando a passare nonostante tra i due il soggetto debole della strada in prossimità delle strisce sia lui. 

D’altra parte, tuttavia, io risulto menomato nell’esperienza. Non ho mai vissuto vicino un campo ROM, non sono mai tornato a casa la sera attraversando le strade di una qualche grande città italiana senza sentirmi forestiero in casa mia, non ho visto palazzi abbandonati dove esseri umani senza un nome, volto, documento o altro possono espletare le loro più semplici funzioni corporali. No. Io tutto questo non l’ho vissuto. 

Mi ritrovo nel mezzo, come dicevo. E’ vero che da questa prospettiva “privilegiata” mi è concesso lo sviluppo di processi cognitivi che, partendo da alcune premesse, soffermandomi logicamente su quello che accade, mi permette di giungere quanto più vicino possibile ad una conclusione. 

  1. Le migrazioni contemporanee segnano una nuova epoca di cui bisogna, semplicemente, prenderne atto. Chi pensa di invertirne il corso è un illuso o un abile mentitore. Certo crea disequilibri, come ogni evento di epocale portata, ma non è possibile tornare indietro. Bisogna collettivamente prendere atto della cosa. 
     
  2. Laddove fosse possibile arginare il problema, il risultato sarebbe solo un’ulteriore peggioramento della crisi economica che già stiamo vivendo.
     
  3. L’Italia dovrebbe smetterla di ritenere l’immigrazione che sta vivendo come un qualcosa di assolutamente nuovo e singolare. Non si tratta di nulla di diverso rispetto a quanto accade ad altre nazioni europee. Basti guardare la Germania. 
     
  4. La legislazione italiana è tra le legislazioni più restrittive d’Europa. Considerando il punto 1 se ne deduce che la repressività tout court senza un minimo di programmazione, associata ad una serietà ed al buon senso, non fa che peggiorare le cose. 
     
  5. I vari slogan, che il mio amico Davide definisce beceroleghisti, puntano alla pancia ed omettono sempre l’utilizzo di funzioni cognitive degne dell’homo sapiens sapiens. Un paese come il nostro che non ha soldi sufficienti per pagare il carburante ed i pasti a personaggi in pericolo non ha la benchè minima possibilità di procedere all’espulsione milioni di immigrati irregolari. Bisognerebbe destinare tutte le forze nazionali, con il bene stare del paese, ad un nemico invisibie e supposto. L’ha già fatto in passato qualcuno ed ancora ne proviamo sommessamente vergogna. 

Le storie che ci raccontano quotidianamente puntano al sensazionale e vengono spesse raccontate male. Non lo trovo corretto ed oltre agli scompensi causati dai flussi migratori non fa altro che aumentare il grado di allarme dei cittadini. Fa più male psicologicamente che materialmente. Guardiamoci intorno: di chi abbiamo paura? Non ci sono più nazioni, divide o bandiere. E’ un mondo opaco e si combatte nelle ombre. Alcune volte sono soprattutto ombre psicologiamente inconsce. 

Per concludere e non soccombere alla frenesia generale che attraversa il paese, vorrei esprimere un personalissimo giudizio a chiusura di una faccenda che non si esaurirà con quattro parole in croce: c’è una parte della politica italiana, quella che definiremo buonista, che si è dimostrata degna controparte di un verboso processo politico fatto solo di belle parole. Quando alcuni anni fa si cominciò a parlare di possibili respingimenti o monitoraggio dei flussi si scagliarono con veemenza contro tutto e tutti. Era una questione di voti e bella faccia. Ritenersi più buoni di altri perché si accoglie è un vuoto a perdere. L’accoglienza che abbiamo dimostrato è stata la vera matrice della clandestinità. Ci siamo ritenuti buoni perché aiutavamo a sbarcare povere anime su una spiaggia ma non abbiamo considerato che il clandestino ( dal lat. clam-des-tinus; nascosto al giorno, e odia la luce ) lo abbiamo accompagnato noi alla miseria umana e priva di dignità. Qualcuno dirà che meglio in campagna da schiavo che al paese loro. Forse. Ma quella non è accoglienza. E’ forza lavoro traslocata. Di cosa parliamo? Inoltre se qui c’è qualcuno che ha sempre sbagliato e non prende atto della cosa sono le istituzioni italiane che con pressappochismo – e sai che novità? – hanno lasciato che l’odio sociale sfociasse senza troppi problemi. Lo dimostra il fatto che abbiamo presunto che avessimo un terrorista in casa nostra e lo abbiamo sbattuto in prima pagina. Le congratulazioni si sono re-twittate e dopo il madornale errore nessuno ha la faccia di chiedere scusa. La diversità è ricchezza ma la mancanza di buon senso l’ha resa un problema. 

Ha ragione Pasquale: chi ha la polvere, spara. Noi, cari italiani brava gente, spariamo solo puttanate.  

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