Se Cristo si era fermato a Eboli, Grillo più modestamente a Quarto. Forse, fermato è troppo. Ma non si era mai visto il Movimento Cinque Stelle così in difficoltà. E pensare che all’inizio, il mondo neanche s’era accorto di Quarto. Solo pochi giornali riportavano la notizia che stavano emergendo presunte infiltrazioni camorriste e la storia sembrava destinare a diluirsi in fretta.
Poi, però, il caso ha iniziato a montare. A occupare spazio sempre crescente nei media. E Il Pd, un partito che spesso non ha brillato per la sua propaganda (come dimenticare l’infelice “lo smacchiamo/lo smacchiamo), stavolta ha invece saputo cogliere la potenza esplosiva del caso Quarto. Da tempo, nella strategia comunicativa del Pd, c’è la volontà di dimostrare che il M5S non funziona come forza di governo. Già nei mesi scorsi si era dato spazio al caso dell’immondizia livornese. Ma Livorno è nulla rispetto a Quarto. Quarto è veramente un colpo al cuore del M5S. Quarto ha costretto il “partito degli onesti”per antonomasia, il partito dei moralizzatori, il partito degli accusatori, il partito degli apriscatole del Parlamento a difendersi proprio sull’onestà di una loro amministrazione come un qualsiasi altro partito della Kasta. Non è sull’onestà che è stata costruita tutta l’immagine di diversità del M5S? Sin dalla notte dei tempi, i grillini sono sempre stati quelli che dovevano entrare nei consigli comunali a vigilare sulla rettitudine delle altrui amministrazioni. E ora si trovano loro sul banco degli imputati.
Il M5S ha reagito con molta fatica e con molta difficoltà. Prima ha difeso Rosa Capuozzo definendola “parte lesa” e descrivendola quasi come un eroina che ha resistito alle infiltrazioni. Ma la difesa non doveva reggere bene, tanto che poi, dopo un articolo di Roberto Saviano (che pure aveva inizialmente esaltato la vittoria di Quarto), i vertici hanno chiesto le dimissioni del sindaco. Dimissioni che non sono arrivate e hanno spinto il M5S a espellere prima la Capuozzo e poi tutti gli altri consiglieri comunali. Ma il caso si è allargato a cerchi concentrici finendo per coinvolgere anche Di Maio e sembra destinato a procurare rogne al M5S ancora per altri giorni. Ogni volta che un grillino griderà “Onestà” si sentirà rispondere “Quarto”.
Senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria, ci sono molti aspetti che emergono in questa storia. Per prima cosa né Di Maio né la sindaca Capuozzo sono stati indagati finora. Non sappiamo con assoluta certezza che abbiano in qualche modo favorito la camorra, ma sappiamo che sono finiti al centro del tritacarne per responsabilità politiche e per intercettazioni finite sui giornali. Al momento Quarto non è nemmeno stata sciolta per infiltrazioni mafiose. Non voglio minimizzare o dire che lì non è successo nulla. Saranno la giustizia e le istituzioni a stabilire cosa sia successo o meno. Ma i tempi per accertare le cose sono lunghi e il mostro giustizialista non ha tempo di aspettare. Ingurgita tutto, vite, carriere politiche, partiti, senza attendere. Il paradosso di questa vicenda è che i grillini si sono ritrovati travolti da un’arma che finora avevano sempre potuto usare a loro vantaggio. Quindi l’ex partito degli onesti si è trovato doppiamente spazziato: è stata messa in discussione la loro legalità e proprio usando metodi a loro molto congeniali. In fondo sono stati proprio loro a presentare –appena un mese fa– una mozione di sfiducia a Maria Elena Boschi, anche lei mai indagata e anche lei sotto accusa nel nome del vago concetto della “responsabilità politica”.
Ma questo discorso vale, capovolto, anche per il Partito Democratico. Il Pd ottiene sul caso Quarto una grande vittoria mediatica. Ma a quale prezzo? Il Pd si grillinizza, adotta le stesse strategie dell’opposizione, annullando quasi ogni differenza comunicativa e parte all’attacco devastando l’avversario perché, inutile negarlo, è una strategia efficace e vincente.
Qualcuno si è già accorto della pericolosa deriva verso cui rischiamo di andare. Lo ha notato Enrico Mentana: “Chiunque in politica deve rispondere – senza eccezione – delle sue scelte pubbliche. Quando illegali o censurabili, anche dei suoi comportamenti privati. Ma mai, se non ne ha tratto profitto o non ha aiutato a determinarli o non ha cercato di nasconderli, degli atti delle persone a cui è legato. Ho scritto queste parole un mese fa per Maria Elena Boschi e le ripeto, pari pari, per il sindaco Capuozzo oggi. Male non fare, paura non avere. A meno che non sia stato invertito in questo paese lo stato di diritto, l’onere di provare che lei sapesse o abbia fatto qualcosa di illecito spetta all’accusa.”
La politica italiana ha di fronte a sé, due strade: da un lato il rischio di una guerra sempre più spietata che tirerà in ballo le responsabilità penali e non di amici e parenti fino al settimo grado; dall’altro un sistema che torni alla normalità, in cui conta il merito delle vicende e ognuno risponda solo per ciò che fa e non fa.