Parlare con i limoniFantasie estreme che diventano realtà: il delitto del Collatino

“Esistono fantasie che è bene rimangano tali” mi disse una volta uno scrittore. Il passaggio dall’immaginazione alla realtà non è mai come si pensa. L’immaginazione è sempre figlia delle nostre esp...

“Esistono fantasie che è bene rimangano tali” mi disse una volta uno scrittore. Il passaggio dall’immaginazione alla realtà non è mai come si pensa. L’immaginazione è sempre figlia delle nostre esperienze e dei nostri desideri; qualcosa di limitato al nostro orizzonte. La realtà no. La realtà comprende una quantità infinita di variabili e nessuno può sapere come andranno davvero le cose.

Sappiamo ancora poco del delitto di via Giordani a Roma. I giornali ci hanno raccontato del coca-party, della droga, del sesso, della noia, di una weekend di eccessi dove si decide di andare oltre ogni limite. Complice una certa disinvoltura nell’uso dei soldi e una grande disponibilità di contanti per due trentenni che non vivevano certo con Garanzia Giovani o con quale stage a 2-3-500 euro mensili. Il cronista diventa ragioniere e pubblica i conti: mille euro di cocaina sniffata e poi altri centoventi pronti per un ragazzo che occasionalmente vende sé stesso.

La cronaca nera a volte ci turba perché pensiamo che potrebbe capitare a ciascuno di noi. Ci immedesimiamo con le vittime o con gli assassini, sentiamo dentro di noi che potevamo essere noi i protagonisti. A volte, invece ci rassicura perché pensiamo che no, a noi questo non potrebbe mai succedere. E allora prendiamo distanze nette, ci disgusta ogni dettaglio che veniamo a conoscere quando entriamo in questi viaggi dentro l’abisso. Il sesso senza tabù, la trasgressione, gli stupefacenti, il fascino sinistro della morte, mostri senza valori che travolgono ogni cosa, la tranquillità con cui un locale decide di organizzare comunque l’aperitivo del pr presunto assassino anche se quest’ultimo è appena finito dietro le sbarre e la sua vittima è nelle mani di un medico legale.

Sappiamo poco dei due trentenni di via Giordani per giudicarli. Non basta certo scrutare i loro profili sui social network, non basta leggere i loro status più o meno banali o scorrere foto e selfie di momenti più o meno felici, feste a petto nudo o in vestiti eleganti, pose studiate, dettagli curati per raggiungere i 140, i 200, i 300 mi piace. Ricchi di soldi e ricchi di like. La loro storia, figli di papà annoiati che uccidono una persona per vedere cosa si prova, atterrisce. C’è chi parla di generazioni allo sbando e giovani senza valori ma è una drammatica banalità: la cronaca degli anni del benessere è piena di episodi così. Vuoti affettivi, morali che i soldi o le cose non sono riusciti a riempire.

“Esistono fantasie che è bene rimangano tali” diceva quello scrittore e non aveva per niente torto. La fantasia sembra qualcosa di positivo, lo associamo alla spensieratezza o ai cartoni animati. Ma esistono anche fantasie scabrose, fantasie erotiche, fantasie estreme. Non lo ammette nessuno ma anche l’estremo fa parte dell’immaginazione di tutti. L’estremo sessuale, la voglia di sfidare tabù e limiti, desiderare il possesso assoluto o al contrario farsi possedere in assoluto, perdere il totale controllo di sé stessi e della propria volontà. Comprare o farsi compare. Picchiare o farsi picchiare. Soffocare il buon senso e la prudenza. E al lato oscuro della psiche non dispiace neanche immaginare la morte, la tortura, la violenza, cose indicibili. In genere tutto ciò resta rinchiuso in scrigni segreti e inaccessibili. Segreti che emergono in notti silenziosi e buie, mentre si cercano certi siti su Internet. Ma sono fantasie, appunto.

A volte no. A volte cade ogni muro, salta ogni freno e si vuol passare dalla fantasia alla realtà. E la fantasia si fa realtà. Solo che poi la realtà, stanca e perde tutto il fascino che aveva quando era solo un segreto. Anche la nuova fantasia divenuta realtà finisce per annoiare. E allora l’asticella si alza. Si cercano nuove fantasie nella propria oscurità e nuovi limiti da abbattere. Si entra in una spirale drammatica e disperata da cui si potrebbe non uscire più o se ne potrebbe uscire nella maniera più tragica possibile.

Ma entrare in questa spirale non è obbligatorio. Non è obbligatorio inseguire le proprie fantasie ad ogni costo. Ognuno di noi può fissare un limite e fermarsi quando questo limite diventa pericolosamente vicino. Dire di no quando si sta andando oltre. Ma forse per dire di no, per fermarsi è necessario avere prima un obiettivo ideale, un’utopia da inseguire, un sogno da realizzare, un orizzonte più vasto. Quando un’esistenza è solo noia e male di vivere, perché fermarsi?

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