Gli anniversari fanno scoccare le campane dei tempi. Sono passati quattrocento anni senza William Shakespeare e neanche ce ne siamo accorti. Il suo spirito alita controcorrente su di noi, in ogni angolo del mondo, nonostante le leggende ne mettano in dubbio l’esistenza.
Quando poco più che ventenne mi spinsi a Stratford-upon-Avon, sulle orme del luogo natale, continuavo a chiedermi come avesse fatto quest’uomo a raccontare l’esistenza umana e ad ispirare il futuro che sarebbe venuto.
William Shakespeare, uomo di palcoscenico, non è colui che scartiamo nei baci di cioccolato, ma è l’ispirazione per teatro, letteratura, cinema, musica, per ogni lapillo d’arte presente sul nostro pianeta, per ogni denuncia fatta in difesa di una donna: “Per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le sue ali che avete tarpato”.
Oggi, a ridosso del 23 aprile che ne celebra il 400° anniversario della scomparsa, sir William è persino re dei social network. Ogni giorno su Twitter l’hashtag #Shakeaspare produce centinaia di migliaia di impression; su Facebook la sua fan page ha superato i 16 milioni e mezzo di fan; nella gallery di Instagram ci sono quasi 1 milione di foto che in qualche modo rimandano a lui.
Se Londra è pronta ad accartocciare la cartina della metropolitana così come la conosciamo per rinominare ogni stazione dell’Underground con il nome di un suo personaggio, noi possiamo sfoltire l’apparenza di scalmanati tecnologici e digitali e ritrovare l’umanista che Shakespeare ha piantato dentro di noi: “L’amore non guarda con gli occhi ma con l’anima”.
Lo ha fatto senza scomodarci attraverso i versi di una canzone che impastavano i suoi sonetti; uno spot pubblicitario che fulminava come una saetta lo slogan ripreso dalla sua penna; una bella scena di un film d’amore con un bacio mozzafiato che asciugava l’umidità su una pagina ingiallita dei suoi manoscritti; il ritaglio di un fatto di cronaca che recitantava il sangue e la mostruosità di un delitto come in una sua tragedia.
Shakespeare retrò o demodè? Per niente, perché “si soffre molto per il poco che ci manca e gustiamo poco il molto che abbiamo”. Siamo noi che ci siamo fatti imbalsamare dalla volgarità dei giorni nostri “commettendo il più vecchio dei peccati nel più nuovo dei modi.” Sarà questo anniversario l’occasione per convincerci che Shakespeare resta uno dei doni più belli fatti all’umanità?
Non ci stancheremo mai di ripetere “Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?” perchè l’amore è il carburante del motore che accende il mondo. Il segreto della razza umana è tutto qui: “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”.