Leggere è rockIl futuro del giornalismo è no profit

Il giornalismo del futuro nasce in un grattacielo di quindici piani tra Avenues of the Americas e Spring Street nel cuore di Manhattan, quartiere Soho, New York, dove ha sede la redazione di ProPub...

Il giornalismo del futuro nasce in un grattacielo di quindici piani tra Avenues of the Americas e Spring Street nel cuore di Manhattan, quartiere Soho, New York, dove ha sede la redazione di ProPublica.
Tre premi Pulitzer vinti in soli otto anni di attività (di cui il primo Pulitzer della storia per un articolo pubblicato online), 50 giornalisti su 63 dipendenti e tre redazioni negli Stati Uniti (oltre alla redazione centrale a New York una in California e a Washington D.C. per il politico).
ProPublica nasce nel 2008 grazie alla donazione di 10 milioni di dollari per tre anni da parte di Herbert e Marion Sandler della Golden West Financial Corporation per sostenere lo sviluppo del progetto. Se può sembrare semplice avviare una nuova realtà editoriale con un finanziamento così ingente, non lo è altrettanto riuscire in pochi anni a sviluppare un progetto in grado di realizzare il 75% degli introiti dall’attività e solo il 25% dalle donazioni come avviene oggi. Nella sezione “chi siamo” del sito, ProPublica è descritta come “una redazione indipendente e no profit che produce giornalismo investigativo di interesse pubblico”, la caratteristica principale dell’impresa editoriale è quella di essere un’organizzazione no profit, un elemento che garantisce indipendenza.
Il modello di business di ProPublica è basato sulla vendita di contenuti a quotidiani e giornalisti, il “data team” è costituito da circa dieci persone che lavorano costantemente alla ricerca di dati inediti. Se gli introiti principali derivano dalla vendita di dati, spesso i giornali tradizionali acquistano articoli che sono pubblicati contemporaneamente sul cartaceo e online su Propublica. Oltre ai principali giornali americani – di recente è uscita un’inchiesta sul Washington Post – un importante riferimento sono i quotidiani locali che cercano con sempre maggiore frequenza contenuti di qualità e approfondimento.
“Abbiamo venduto circa 130 articoli e inchieste da quando ProPublica è nata”, spiega Minhee Cho direttrice delle pubbliche relazioni.
La parola d’ordine è “freedom”, libertà di investigare in modo scrupoloso le fonti, i giornalisti dedicano mesi per il lavoro di ricerca degli articoli: “è capitato che per la scrittura di alcuni articoli i giornalisti abbiamo lavorato anche due anni”, continua Cho.
Il principale canale di diffusione delle notizie sono i social network, Facebook e Twitter in primis, anche se con il tempo ProPublica ha saputo costruirsi un pubblico di lettori che, seppur non sempre con cadenza quotidiana, visitano direttamente il sito.
La redazione è alla costante ricerca di nuovi modelli di giornalismo, dopo aver provato a proporre ai lettori contenuti a pagamento, visti gli scarsi risultati, si è preferito optare per un modello totalmente gratuito. L’ultima novità è una Summer school specializzata in data journalism gratuita e aperta a dodici studenti selezionati dai giornalisti della redazione che svolgono le lezioni.
ProPublica ha intrapreso una strada contraria a quella di molti quotidiani italiani che, inseguendo le visite facili, hanno preferito puntare su contenuti “click baiting” piuttosto che sviluppare un progetto online basato sulle stesse prerogative che un tempo caratterizzavano il giornalismo rigoroso: verifica delle fonti, cura della storia, attenzione alla scrittura. Un modello di giornalismo ed editoria che andrebbe esportato anche nel nostro paese dove i modelli tradizionali sono sempre più in crisi e non riescono molto spesso a intercettare i mutamenti in corso nel mercato editoriale e a soddisfare le nuove esigenze dei lettori.

Francesco Giubilei