ContronotiziaDi sicuro su Marte ci andremo. Sì, ma poi?

Elon Musk ha annunciato pubblicamente il suo piano per colonizzare Marte. Lo sapevate? Immagino di sì, dai. Ne avrete sentito almeno parlare. E sicuro, vi sarà sembrata una grande cazzata. Io non ...

Elon Musk ha annunciato pubblicamente il suo piano per colonizzare Marte. Lo sapevate? Immagino di sì, dai. Ne avrete sentito almeno parlare. E sicuro, vi sarà sembrata una grande cazzata.

Io non ho resistito, perché subisco il fascino dello spazio fin da piccola. E sono andata oltre al titolo, scoprendo che non si tratta di una grande cazzata. Intanto vi dico due cose su Elon Musk; è il chairman e CEO della Tesla, ma anche l’investitore principale e presidente del consiglio di amministrazione di SolarCity (una compagnia specializzata in prodotti e servizi legati al fotovoltaico), cofondatore di PayPal e fondatore della Space Exploration Technologies Corporation (SpaceX), di cui è amministratore delegato e CTO. Space X progetta e costruisce lanciatori spaziali a razzo parzialmente riutilizzabili (Falcon 1 e Falcon 9) e veicoli spaziali per il trasporto orbitale di persone e merci (i Dragon). Insomma, costui qualcosina nella vita ha fatto.

Spiegarvi per filo e per segno ciò che ha in mente Musk richiederebbe una conoscenza specifica che io non ho e un tempo di lettura da parte vostra impensabile. Dunque riassumo, in modo davvero grossolano (se volete il Post lo ha fatto meglio di me, leggete qui), il progetto Space X: si andrà su Marte a bordo di un potentissimo razzo, alto come un edificio di 40 piani, spinto da 42 motori Raptor, motori talmente potenti che saranno capaci di portare un carico 2 volte più pesante delle missioni Apollo e una navetta di 50 metri per ospitare fino a 200 astronauti. Il viaggio per Marte durerà appena 80 giorni – ma potrà variare a seconda della posizione della Terra e di Marte, arrivando a 150 – e, nello scenario più ottimistico, il costo per passeggero potrebbe essere di 100.000 dollari. La tempistica delle prove di volo batterà sicuramente quella per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina: il nuovo sistema interplanetario potrebbe essere pronto per i primi test a partire dalla fine del 2018 e i voli sperimentali verso Marte potrebbero iniziare già nel 2023, tra meno di sette anni.

Ecco, le cose stanno più o meno così. Non credo si tratti di follia il fatto che alcune delle menti più brillanti si stiano scervellando per riuscire in un’impresa simile. E’ vero che sembrava una follia, molti decenni fa, immaginare una tecnologia come la connessione wireless. Così’ come sembrava una grande follia, per l’uomo rinascimentale, immaginare di volare intorno alla Terra a bordo di un aeroplano. L’uomo ama le sfide e necessita superare di continuo se stesso. Inutile dire che prima o poi ce la si fa a raggiungere Marte.

Tuttavia l’aspetto più intrigante di questa faccenda marziana non risiede tanto nel suo aspetto più tecnico, o tecnologico. O economico, che vede, in questo caso, la Nasa – che si sfrega comunque le mani vista la collaborazione che offre a Space X- lasciare il campo a una società privata come appunto la Space X e le loro sfarzose sezioni di ricerca & sviluppo. La sostanza, in fondo, risiede nelle questioni che ci poniamo già a latere: la fine della vita sulla Terra, ad esempio. Come dice lo stesso Musk: “Non ho da rivelarvi una profezia sul giorno del giudizio. Però le cose sono due: possiamo stare per sempre sulla Terra, e prima o poi ci sarà un evento che ci farà estinguere; oppure possiamo diventare una specie multiplanetaria, e spero concordiate che sia la cosa giusta da fare.” Sì, perché prima o poi il problema si porrà. Come ci estingueremo? Dove andremo?

Un aspetto sul quale si discute parecchio negli ultimi giorni riguarda i problemi etici e legali della colonizzazione interplanetaria: molti si chiedono se Musk abbia il diritto di andare su Marte. Perché ad oggi non esiste un quadro giuridico che regoli la colonizzazione marziana, a parte l’Outer Space Treaty del 1967, secondo cui qualsiasi corpo celeste è patrimonio comune dell’umanità e nessuno può rivendicarne la proprietà. Tuttavia nel trattato, che abbisogna forse di una revisione dei contenuti un tanto pionieristici (l’ho letto, non è lungo e assai interessante), non si fa riferimento alle possibili risorse che potrebbero essere scoperte su suolo extra terrestre, così come non si parla di estrazione o importazione di materiale utile in caso di necessità. Solo del pericolo di contaminazione che esso potrebbe provocare.

“(…) gli Stati contraenti devono, prendono all’uopo le misure opportune, evitare effetti pregiudizievoli di contaminazione e di modificazioni nocive del mezzo terrestre, dovute all’intro- duzione di sostanze extraterrestri.”

Insomma, qui le domande sarebbero tante. La certezza è che da sempre usiamo l’intelligenza per esplorare, sopravvivere e propagare la specie. Come fanno i batteri, grandi colonizzatori, senza troppe paranoie etiche. Noi, a differenza loro, ci poniamo dilemmi essenziali, mettiamo in discussione ciò che siamo e ciò che saremo, perché no, anche fuori dall’orbita terrestre.

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