Se siete tra coloro che ancora non hanno ben chiaro cosa votare al referendum costituzionale del 4 dicembre (il titolo gioca sul rinvio voluto dal governo mese dopo mese fino a poco prima della festa dell’Immacolata) provate a fare questo breve test. Se ne avete sbagliate molte vi lascio innanzitutto il testo della riforma riportato da Altalex e una sintesi pubblicata da Valigia Blu; poi volendo ci sono eventi come quelli organizzati al dopolavoro Atac a Roma.
Personalmente avrei voluto confermare una riforma costituzionale che poneva fine alla doppia Fiducia, a due Camere che fanno le stesse cose, che aboliva il Cnel, che pur abolendo il voto per i senatori aumentasse e razionalizzasse il federalismo italiano con una camera delle autonomie che ridesse energia e valore alle istituzioni locali.
Purtroppo la riforma Renzi-Boschi (con l’appoggio di Alfano e Verdini) nasconde, dietro alcune cose condivisibili altre che ne fanno un cavallo di Troia di quel poco di democrazia sostanziale che c’è in Italia (nella forma siamo bravissimi).
Referendum costituzionale, partiamo dalle cose diciamo positive.
La riforma abolisce il Cnel, acronimo di Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. In teoria questo organo costituzionale doveva servire per elaborare legislazioni del mondo dell’economia, solo che è stato progressivamente svuotato delle sue funzioni e potenzialità dal sistema dei partiti, avocando a sé prima prettamente il ruolo parlamentare, e negli ultimi 20 anni da quello governativo. Un poltronificio non poteva andare avanti.
La riforma pone fine al bicameralismo perfetto, cioé alle due camere che votano le stesse cose e pongono la questione di Fiducia. Una peculiarità italiana ma in sé non è cosa brutta. Ha provocato dei rallentamenti nel rimpallo tra le due camere (ogni modifica di un ramo del Parlamento deve essere votato anche dall’altro) ma ha anche permesso delle correzioni utili. Va anche detto che quando si è voluto il tempo per fare le riforme è stato molto veloce (un classico esempio fu il Lodo Alfano, 20 giorni).
La riforma trasforma il Senato. Non sarà più elettivo, sarà composto di 100 membri in parte consiglieri regionali, in parte sindaci, alcuni sono nominati per 7 anni dal presidente della Repubblica, in più gli ex presidenti e i senatori a vita ancora in carica (ora sono 4).
La riforma stabilisce per i referendum abrogativi due soglie: se si raggiungono 500mila firme funziona come è adesso; se se ne raggiungono 800mila il quorum sarà il 50 per cento di quanti hanno votato alle precedenti elezioni politiche (quindi una percentuale decisamente più bassa).
Forse mi sfugge qualcosa ma il grosso delle cose positive è tutto qua.
Riforma costituzionale Renzi Boschi, ora cominciano a svelare l’altra faccia della medaglia.
Dice Gherardo Colombo, sul numero di Left del 19 novembre, dopo aver detto che fare le riforme costituzionali e eliminare il bicameralismo perfetto in sé andrebbe pure bene: “Credo però che sia necessario fare delle cose sensate e questa riforma non mi sembra affatto sensata”.
Per Colombo si aumenta il ruolo dei partiti nella camera che dovrebbe rappresentare i territori, le regioni. Il combinato disposto Italicum-riforma rischia di annientare le voci discordi. Critica inoltre il premio di maggioranza dell’Italicum, preferendo un metodo proporzionale. Contestato l’accentramento del potere a livello nazionale a scapito delle regioni.
Il partito Pirata, nel post “Il fast food delle leggi“, fa presente che la lentezza delle leggi riguarda soprattutto le leggi di iniziativa popolare e parlamentare: quelle di iniziativa governativa e regionale sono più celeri. Le leggi di iniziativa popolari ora saranno più difficili, poiché ora le firme da raggiungere sarebbero triplicate da 50mila a 150mila, riducendo la capacità dei cittadini di fare propose senza medie o grandi organizzazioni a supporto.
L’Italia non fa affatto poche leggi, anzi, spesso il problema consiste nella qualità e nella possibilità di attuazione da parte della burocrazia (a volte negligenza, a volte problemi, a volte impossibilità pratica).
Su Huffington Post Salvatore Settis sottolinea come la riforma annienta il concetto di Senato: sarà possibile essere nominato anche con 18 anni. Paradossalmente nella ex Camera degli anziani ci potranno essere persone più giovani che per la Camera dei deputati, dove ne servono comunque 25.
Un argomento molto utilizzato dai sostenitori del sì è il continuo rimpallo delle leggi tra le due Camere, fonte di rallentamento dell’azione legislativa. Open polis ha realizzato un’infografica in cui si mostra che solo il 20 per cento delle leggi vengono approvate dopo la cosiddetta Navetta, cioé delle modifiche di una delle due Camere che porta a una nuova votazione anche nell’altra.
Di questo 30 per cento l’82 ha richiesto tre approvazioni, solo una in più del normale. Raramente si arriva a 4 o più, solo due volte in questa legislatura.
Le leggi navetta rappresentano solo il 4 per cento delle discussioni andate oltre la seconda approvazione.
Scrive l’Espresso che Openpolis osserva che: ‘ “troppo spesso si associa in automatico alla lunghezza dell’iter un’accezione negativa, ma la velocità di discussione non necessariamente equivale a un lavoro migliore o più efficiente”. Ed è già accaduto varie volte che il bicameralismo paritario abbia salvato il governo da errori contenuti nelle leggi ‘.
In tutto questo né il Governo né il Parlamento hanno sentito il dovere di eliminare o modificare il pareggio di bilancio in Costituzione, che doveva farci rientrare dal debito pubblico che invece galoppa come non mai; né soprattutto una regolamentazione dell’uso dei decreti legge, usati sempre più dal Governo come ordinaria amministrazione, così come l’uso della Fiducia come ricatto nei confronti del Parlamento (in futuro della sola Camera). Non un vero aumento della democrazia partecipativa ma un passo avanti e due indietro. Riduzione del pluralismo e della autonomia.
Per evitare una bocciatura delle poche cose che Renzi e i suoi urlano su tutti i canali tv come le uniche cose per cui si vota (e non è così: bicameralismo perfetto, cnel, modifica senato non elettivo, riduzione costi della politica) sarebbe bastato intervenire col bisturi anziché con l’accetta: piccole modifiche che avremmo votato in gran maggioranza con piacere, senza che si collegasse il destino di un Governo e di un uomo a un referendum di una riforma che doveva essere in mano al Parlamento e non a Renzi-Boschi.
Renzi non è stato capace nemmeno di regolamentare il ruolo del presidente del Consiglio che sempre più vuol fare il primo ministro o il presidente della Repubblica. Un semipresidenzialismo come in Francia, ben fatto, poteva essere una via di uscita. Sulla legge elettorale (che in qualche modo c’entra seppur indirettamente) si poteva far ritornare il sistema che fu voluto dall’attuale presidente della Repubblica Mattarella anziché inventarsi un sistema che non esiste da nessuna parte. Persino la Grecia ha deciso di eliminare il premio di maggioranza. E pure l’elezione del presidente della Repubblica ora può essere fatta da un solo partito che di fatto ha un consenso del 10 per cento dei cittadini, molto poco per il grande potere che questa riforma può concedere.
Infine, Renzi non era obbligato ad andarsene ma avendolo promesso ora lo deve fare, ha spinto la gente ad andare a votare non sulla riforma ma per mandarlo a casa, pensando che sarebbe successo il contrario. Non so se i sondaggi raccontano i veri umori e credo che la vittoria sarà si stretto margine, ma questo del presidente del Consiglio è un grave scivolone e un precedente che non ci piace per niente.