Lo spunto per questo post mi è stato suggerito dalla trimestrale dell’Unione industriali della provincia dove opera la mia Bcc, diffusa a fine novembre. Quello che è emerso e cui i media locali hanno dato forte rilievo è il calo –quasi il crollo– degli impieghi nel territorio provinciale. Un riscontro che contribuisce al quadro di ombre e luci che accompagna questa fase post crisi. Purtroppo i segnali di ripresa si sono fatti più flebili e quindi il segno più si alterna alle flessioni. Fin qui i fatti a tutti noti.
…quello di banca di credito cooperativo, nonché unica banca locale che agisce sul suo territorio, è la tendenza: ancora una volta la nostra BCC, come quasi tutte le Bcc italiane, è in controtendenza negli impieghi
Quanto mi preme sottolineare dal mio punto di osservazione, quello di banca di credito cooperativo, nonché unica banca locale che agisce sul suo territorio, è la tendenza: ancora una volta la nostra BCC, come quasi tutte le Bcc italiane, è in controtendenza negli impieghi. Se al giro di boa del giugno 2016 i nostri finanziamenti a famiglie e imprese segnavano un + 2,7%, con ogni probabilità la chiusura di fine anno si attesterà su un + 3%. Perché, ancora una volta, le BCC vanno in direzione ostinata e contraria? E sottolineo ancora una volta, perché il dato 2016 non è un’eccezione. Basta guardare l’andamento degli impieghi negli ultimi dieci anni –e non sono stati dieci anni qualsiasi quelli che ci lasciamo alle spalle– ma quelli di una crisi che non ha ancora esaurito i propri effetti. E questo significa che la nostra banca oggi finanzia l’economia reale più di quanto facesse prima della crisi. Forse non si riflette a sufficienza sul prima e il dopo 2008, sul calo di dieci punti del PIL, sul meno 25% della produzione industriale, sul meno 5% nei consumi delle famiglie fra 2008 e 2013. Lungi da me voler suggerire l’immagine di un’isola felice, perché anche la nostra BCC ha pagato –e a carissimo prezzo– la crisi, ma mi sembra doveroso sottolineare quello che una banca locale può fare per il territorio in cui opera.
Lungi da me voler suggerire l’immagine di un’isola felice, perché anche la nostra BCC ha pagato –e a carissimo prezzo– la crisi, ma mi sembra doveroso sottolineare quello che una banca locale può fare per il territorio in cui opera.
Da anni, da quando la concorrenza bancaria si è fatta spietata e i grandi istituti internazionali hanno attratto i clienti con tassi fuori mercato, non perdiamo occasione di spiegare quello che ci differenzia: una BCC restituisce quello che riceve dal territorio. Non so se si possa dire la stessa cosa per le altre banche, visto che, comunque, gli ultimi anni hanno registrato un deciso aumento della raccolta, ma i nostri numeri dicono senza timore di smentita che il segno più sul credito è misura di un’attenzione differente verso il contesto locale. Le Bcc nascono dalle comunità e si sviluppano( e restano) nei territori; qui allacciamo relazioni e quelle coltiviamo nel tempo. Altri player di gran nome del credito hanno raccolto risorse sui territori a condizioni improponibili per poi fare le valige. Come credete siano i loro impieghi verso le PMI e le famiglie? Chi le ha viste? verrebbe da chiedersi parafrasando la nota trasmissione. Certo, chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, ma io non voglio correre il rischio di scordare un passato tutto sommato molto recente e per questo non manco di controllare ogni mese ai dati del credito nel Rapporto ABI. E l’ultimo (relativo a ottobre) parlava di variazione prossima allo zero (-0,1%). È vero: siamo, come la stragrande maggioranza delle Bcc, una banca piccola, ma anche quest’anno sento di poter dire che abbiamo fatto il lavoro che ogni vera banca dovrebbe fare: alimentare la fiducia. A tutti voi i miei migliori auguri.