Cara Emma Dante, senza le sue “Bestie di scena”, gli attori che ha simbolicamente portato al Piccolo Teatro Strehler di Milano (fino al 19 marzo, www.piccoloteatro.org) per dimostrare la vacuità del loro stesso mestiere e, più in senso lato, la vulnerabilità di tutto il genere umano, senza queste deboli creature che lei sadicamente ha diretto sulla scena, non esisterebbe lei stessa come figura “creatrice” dello spettacolo nonché regista. Prima di cercare di dettare legge su quello che secondo lei è il ruolo dell’attore oggi denigrando questa figura e umiliandola senza ritegno, le consiglio di indagare meglio, prima, quale sia la motivazione per cui lei cerca di fare arte attraverso il teatro. Osservare il girovagare sul palco per un’ora della sua compagnia senza ruoli e senza copione solo con l’intento di rappresentare la supposta inutilità sociale e artistica degli attori oggi e, già che ci siamo, dell’umanità intera, in più costringendoli a spogliarsi e a vendersi con il loro corpo nudo agli spettatori, non solo è un suo punto di vista a mio parere del tutto falso. E’ anche pronunciato da una persona che non si è praticamente mai messa in gioco come attrice, ma solo come regista. Non è in grado di essere efficace in scena, non la prenda male: non a tutti è dato. Almeno le suggerisco di rispettare chi si presta a rivolgersi agli altri facendoli sognare raccontando storie, o portandoli a ridere riuscendo a buttarsi dietro le spalle almeno per un secondo una brutta preoccupazione che accomuna tutti, o costringendoli a guardare la verità della vita attraverso la magica realtà aumentata e simbolica che è il teatro. Come ha ben sottolineato Romeo Castellucci lo scorso 22 febbraio in un incontro svoltosi alla Triennale Teatro dell’Arte, il teatro oggi deve andare a fondo della sua stessa essenza per esistere: uscire dall’ego, dall’autoreferenzialità dell’artista, cercare solo di essere opera. Per il pubblico. Esattamente l’opposto del suo lavoro, che sembra il capriccio arrabbiato di un’adolescente incompresa: mentre per Castellucci il teatro è il momento in cui l’attore incontra gli spettatori, e quindi è l’attimo della presenza che consente all’attore di creare delle immagini per il pubblico e con esso, da quello che trasmette nel suo spettacolo per lei essere attori è quasi una colpa da espiare girando nudi sulla scena per più di un’ora, cercando un senso ad una vita vana e di cui non si capisce il motivo. Un po’ riduttivo e semplice come punto di vista, non crede? io da spettatrice molto frequentemente ritengo che gli attori, quando bravi, siano dei medium, degli sciamani che riescono a far passare attraverso la propria arte delle verità spesso difficili da raggiungere con altri mezzi eccetto forse la preghiera, solo quando è molto partecipe e coinvolta. Qui lei li ha costretti ad annullarsi lasciandola, artefice della scena, unica luminosa assenza. Non so perché le Bestie che ha voluto e comprato abbiano scelto di aderire al suo progetto, ma questa è una vostra questione. La invito a rivalutare il suo punto di vista studiando e rispettando maggiormente il ruolo dell’attore, che per altro viene molto prima e conta molto più di quello del regista. Dimostrerebbe di avere anche maggiore stima del genere umano, che ogni giorno dignitosamente fatica per arrivare a sera e non sta dietro le quinte in silenzio ad osservare lo sforzo degli altri.
Ps. se il Piccolo Teatro avesse un nuovo regista stabile e unico, come erano Giorgio Strehler e Luca Ronconi, le produzioni del primo stabile milanese sarebbero più strutturate e in linea con un’idea di spettacolo costruttiva e in divenire. Non sembrerebbero spot, luci per attirare l’attenzione, per altro in questo caso molto poco riusciti e non in grado di produrre luce.
il risultato di questo appello? per ora il blog è stato censurato su Facebook.