E’ in corso in questi giorni l’interrogativo sul cosa fare di fronte alle grandi questioni del paese, prima fra tutte come uscire da una crisi economica senza fine. In questo dibattito i commentatori si stanno chiedendo se si potrà sperare in un lembo di regolare attività di governo almeno da qui fino alla chiusura della legislatura intervenendo nelle questioni di stringente urgenza (i correttivi sugli abusi dei voucher, il piano di ricostruzione delle zone terremotate, l’aggancio alla ripresa in rapporto all’inflazione che sale a livelli normali eccetera). Sul piano più squisitamente politico, il quadro è distopico, privo di orizzonti ampi. I protagonisti vanno alla cieca e sempre alla ricerca di monetizzare consenso rasentando l’sterismo da acchiappa like come quando si scarta compulsivi la carta dei cioccolatini per vedere poi sulla scritta “non hai vinto, ritenta! A sinistra ci si scinde pateticamente in quark mentre nei territori della destra si fanno sessioni di casting in un film già visto con la lunga lista di audizioni in cerca di “quid” (Toti, Alfano, Parisi e oggi Zaia che accortamente si smarca per non bruciarsi ). Ma siamo davvero fermi su tutto? E’ corretto segnalare che vi sono due mondi politici distanti fra loro, non capaci di comunicare fra loro come vite parallele destinate a non incontrarsi. E mentre in trincea si lavora lenti ma concreti i grandi nomi narrano tutt’altro vivendo per categorie dello spirito.
Nel primo mondo – che ha poco appeal nei media – si lavora secondo regole di calendario. E’ bastato un semplice e neanche tanto approfondito check sui siti istituzionali (italiani ed europei) per farsi un’idea che permette di monitorare il lento progresso su questioni non secondarie: si va iniziando da Bruxelles dal discorso del presidente della Commissione Europea Juncker di “rifondazione a 27” dell’UE dopo i fatti di Brexit – fino al nostro Parlamento con la responsabilità civile delle professioni sanitarie nei casi di imperizia e inadempienza. Ma si lavora al reinserimento socio-lavorativo degli over 65 anni che nel nostro paese toccano il 22% della popolazione e andrebbe studiata una ricerca (Deloit-Swg) presentata alla Camera sul rapporto fra europei ed Europa nella quale emerge una preoccupante sfiducia di oltre metà dei cittadini europei per l’Unione sentita non più come opportunità anche se bisogna restare uniti come continente perché l’Unione – come ha affermato la presidente Laura Boldrini – è una terra dalla Tripla A sociale. Ci sarebbe quindi da riempire giornali e palinsesti ma si preferisce vivere in un altro mondo, il secondo.
Ho sciupato il tempo e ora il tempo sciupa me, perché ha fatto di me il suo orologio
Un mondo nel quale vige l’imperativo “ammazza il tempo”, suggerito dalla formidabile espressione del filosofo britannico Herbert Spencer ripresa poi dal grande eugenio Montale a proposito delle azioni convulse che colmano il vuoto vertiginoso del tempo stesso. Ma in questo caso la questione va letta in modo diametralmente diverso soprattutto se applicata all’inutilità di questi giorni. Si può parlare oggi di un imperdonabile spreco di tempo raschiando nel barile della chiacchiera, dell’insulto gratuito e nella vacuità deil retroscena. Trovo perfettamente emblematico il ripetersi quotidiano della stessa scena trasmessa da quasi tutti i programmi di informazione.
Mi viene in mente – perdonate la provocazione – l’inviato che correndo lungo le strade dei palazzi romani del potere “insegue” il politico di turno alla ricerca di ciò che quasi sempre l’esponente non potrà mai dargli e cioè una notizia degna di sostanza. Immagini uguali a se stesse: il microfono nella trachea lo sgomitare di più trasmissioni (qui sta il massimo), le gambe impavide dell’operatore che spesso corre all’indietro rischiando l’osso del collo etc. Sequenze prevedibili, che annoiano anzitutto chi le fa e figuriamoci gli spettatori che guardano. Giorni fa un mio amico ha tirato fuori un’osservazione mica tanto strampalata proponendo per questi bravissimi inviati la formazione di un sindacato che li tuteli – (immaginiamo il nome tipo SGIAPIS Sindacato-Giornalisti-Inseguitori-Avviliti-Politici-In-Strada?). Redattori a cui va tutto il merito per il martirio sul campo in cerca di una notizia che non verrà da coloro che ammazzano il tempo, uccisori di ciò che per i greci era addirittura un dio, kronos.
Nessuna mitizzazione e divinizzazione sia chiaro ma va fatto un richiamo a quel piccolo mondo politico sull’urgenza di vincere quel vile avversario, diceva così Paul Valery – che è lo scorrere dei giorni e che in politica è decisivo, meglio ancora è – piaccia o non – l’unità di misura della sua affidabilità. Meno girovagare per le strade e più relax per i poveri cronisti e magari più lavoro nelle aule parlamentari.