Rock MarketingI laureati in Marketing sono progettati per far fallire le aziende

Sono reduce da uno dei momenti più importanti dell’anno. Uno di quelli che mi sta a cuore veramente, sia a livello personale che professionale. Quello che è successo sul palco di Vienna - al summit...

Sono reduce da uno dei momenti più importanti dell’anno. Uno di quelli che mi sta a cuore veramente, sia a livello personale che professionale. Quello che è successo sul palco di Vienna – al summit annuale per il marketing professionale “Marketing Merenda” – è assolutamente indescrivibile. Quattro giorni in cui – insieme a 700 coraggiosi imprenditori e ai due Titani della formazione marketing Dan Kennedy e Jay Abraham – abbiamo riscritto la storia di tante aziende italiane.

Chi non è stato lì, non può immaginare la mole di informazioni all’avanguardia su come acquisire nuovi clienti che sono state svelate a coloro che erano presenti. Alcuni le hanno già implementate in azienda – e altri sicuramente lo faranno – ed é proprio dal loro successo che ripartiremo per far nuova la nostra Italia.

Questa è l’Italia che vorrei sempre: bella e pronta a risorgere grazie alle conoscenze che potranno risanarla partendo “dal basso”, ossia dai piccoli imprenditori che con i loro sacrifici fanno grande questo Paese.

Purtroppo però non funziona sempre tutto così bene. Magari. Ma non è così. Spesso, le scelte delle aziende – soprattutto per quanto riguarda le persone a cui mettono in mano il loro marketing – sono assolutamente pericolose e potrebbero anche ritorcersi contro l’imprenditore stesso.

Per parlarti della questione a 360 gradi, devo assolutamente partire dall’inizio e stabilire alcuni punti cardine ai quali dovresti fare assolutamente attenzione anche tu, se non finire in una trappola che potrebbe distruggere la tua azienda dall’interno.

La maggior parte delle persone che si avvicinano al marketing, pensano di trovarsi davanti ad una disciplina che – per essere messa in leva – deve essere studiata a livello accademico.

Quando si parla di business o aziende, una considerazione che spesso fanno le persone è la seguente: “se le multinazionali fatturano milioni e milioni di euro, sicuramente potranno assumere i migliori laureati per occuparsi del loro marketing”.

Vero. Di base è così. Ma vediamo da vicino cosa accade se analizziamo insieme questo punto di vista, alla luce della realtà dei fatti.

Certamente, una grande azienda ha a sua disposizione un lauto budget per assumere chi vuole nel proprio reparto marketing. Il punto focale è che la Big Companies non è la PMI italiana, e le sue leggi sono completamente diverse (e molto più complesse) delle aziende a cui siamo abituati in Italia.

“Marketing universitario”: i due tipi di manager che sfornano le università

Per entrare nel merito della questione, ci sono due aspetti da considerare. Il primo è che all’università – qualunque essa sia – il marketing che viene studiato non è quello che i piccoli imprenditori italiani dovrebbero conoscere ed applicare all’interno delle proprie attività.

Le università, in generale, non sono fatte per “creare imprenditori”, bensì esistono per creare dei “tecnici”, “dipendenti” e “manager”, i quali lavorano seguendo le indicazioni di chi paga loro lo stipendio.

Quando, in particolare, si parla di “marketing universitario”, esistono due possibilità:

1 – Il marketing che s’impara alla facoltà di economia, o comunque in una diversa da quella dove si studia solamente marketing. In questo caso gli esami valgono praticamente “meno di zero”. Al loro interno non c’è alcuna attenzione all’imprenditore o alle figure professionali che si mettono in proprio per creare un’azienda;

2 – Il marketing che s’impara in quelle due o tre università prestigiose italiane prima citate. Gli studenti che le frequentano, di base, pagano la retta per “tenere in piedi l’università” e, o vengono “riciclati” in qualche piccola società, oppure – se insinuati nei “giri giusti” – finiscono dritti dritti in importanti consigli d’amministrazione di aziende importanti;

Fa male, forse è brutto dirlo e ferirò l’orgoglio di molti studenti, ma le cose funzionano così. La triste e dura verità del marketing studiato nelle università non è diversa da quella che ti sto presentando.

Perché il “Marketing universitario” non è utile – nel concreto – allo sviluppo di una PMI

L’altra parte della medaglia è che la maggior parte degli studenti è assolutamente in buona fede, e tanti sono armati dell’ammirevole sogno di avere successo in ambito lavorativo.

Il punto è che studiare il marketing a livello accademico è assolutamente inutile, se parliamo di sviluppo di PMI italiane.

Nel mondo delle grandi aziende e nella GDO, non esiste un gran margine per fare bene marketing. Questo accade perché i manager – anche quelli a cui sta a cuore il successo aziendale – devono fare l’interesse degli azionisti. Semplicemente devono “sottostare” a chi sta in cima. E quelli che stanno in cima chiedono solamente l’aumento continuo del fatturato.

E come si fa a fare più fatturato, più velocemente?

Una delle strategie più usate è quella di far insediare un nuovo direttore marketing e dargli un po’ di budget per “fare marketing” e aumentare – nel breve periodo – i fatturati.

Supponendo che queste figure siano tutte in buona fede, l’unico modo che spesso hanno davanti per riuscire a soddisfare le richieste degli azionisti, è bruciare velocemente il budget in una o più “estensioni di linea”.

Il motivo è semplice: nell’immediato – quando produci una minima variazione di prodotto in estensione di linea – il fatturato si alza per l’ “effetto curiosità” che va ad impadronirsi dei clienti, i quali sono portati a testare la novità del momento.

I subdolo inganno delle “estensioni di linea”

L’entusiasmo dura ben poco per il nostro direttore marketing. Il fatturato che s’impenna “ un po’ ” verso l’alto non è altro che una mera illusione.

Questo succede perché azioni di questo tipo distruggono il brand, causando danni che nel medio-lungo daranno vita a gravi problemi. Purtroppo questo i manager non lo sanno, e se lo sanno non gli interessa: il loro scopo, infatti, è quello di rimanere in azienda due, massimo tre anni per poi dimettersi con una buona uscita – trovare un nuovo collocamento e lasciare la situazione così com’è al prossimo malcapitato.

Quando si parla di azione “corrette” o “scorrette”, per quanto riguarda il marketing nella GDO, mi riferisco sempre di chi fa “più o meno” danni” – senza mai poter parlare di una situazione assolutamente ottimale.

Preso questo come assunto, da una recente analisi ho riscontrato che alcune grandi aziende – pur dovendo sottostare alle dure regole del mercato – riescono a compiere meno errori rispetto alla maggior parte delle Big Companies. E lo fanno rimanendo abbastanza focalizzati ed evitando di estendere al limite del possibile il loro marchio.

Ovviamente non sono piccole fluttuazioni di fatturato che decidono le sorti di una grande azienda. Certamente, diluire il brand, togliere i visual hammer di successo dalle confezioni di prodotti, ed estendere le linee come se non ci fosse un domani, non sono proprio le azioni corrette da compiere per far quadrare i bilanci nel lungo periodo.

Patti chiare ed amicizia lunga: non tutto può essere banalizzato. Quando si fa riferimento a concetti come “brand”, “estensione di linea” e similari, c’è sempre bisogno di un’analisi approfondita per non cadere nella trappola opposta di vedere errori ovunque.

Urlare all’ “estensione di linea!” in maniera compulsiva presto sarà valutato come disturbo di personalità nel DSM V, con possibilità di essere diagnosticato nel subumano medio. Non ammalartene, mi raccomando!

Nonostante questo, ci sono sicuramente alcuni macro-elementi su cui si può riflettere e imparare qualcosa per applicare le giuste strategie all’interno di una PMI.

Il piano di studi – semplice e concreto – che devi fare tuo per costruire un business di successo in Italia

Tornando alle università e ai manager, non è difficile capire che ciò che viene studiato nelle università non è applicabile ad una piccola azienda italiana.

Basta leggere un paio di libri inclusi nel piano di studi delle “facoltà di marketing” per rendersi conto che non si capisce assolutamente niente di quello che viene proprinato ai poveri studenti. Io l’ho fatto e, mentre leggevo, credo di non aver mai riso tanto in vita mia.

Se non vuoi credere a me, poco importa. E’ un dato di fatto e ti basterà sfogliare un paio di pagine dei tomi più famosi per restare allibito dalla poca utilità dei concetti sviscerati al loro interno. Magari una risata te la fai anche tu.

Per tutti quelli che non sono interessati al “Marketing Aulico” e hanno intenzione di studiare il “Marketing Vero” – quello che è possibile applicare alle PMI italiane con risultati strabilianti in termini di aumento di fatturati – i capisaldi sono sempre gli stessi: Focus, Brand Positioning, Public Relation, Direct Marketing e Copywriting.

Argomenti semplici, concreti, che vanno dritti al punto e ti aiutano a costruire un business di successo. Anche se non hai una laurea in marketing.

Rock’n Roll

Frank Merenda

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter