E se l’endorsement di Romano Prodi per Paolo Gentiloni – oggi a Bologna in occasione della presentazione di una lista patrocinata dal suo ex ministro Giulio Santagata – fosse solo una mossa tattica di riposizionamento in vista della molto probabile sconfitta della sinistra?
Lo aveva già scritto Stefano Folli qualche giorno fa dopo un’analoga iniziativa del professore. “Voterò per il centrosinistra. Liberi e Uguali non è per l’unità”, dichiarò a fine gennaio, facendo un po’ incacchiare Bersani e raccogliendo un grazie – dovuto, ma non esibito – dello stesso Renzi (che, naturalmente, mica poteva dire che di Prodi non sa cosa farsene).
Sorgi scrisse che il professore si apprestava a ricompattare le fila del centrosinistra dopo il capitombolo del 4 marzo. Di qui la posa da padre fondatore e la riproposizione dell’eterno schema ulivista: alleanza larga con le forze del cattolicesimo democratico e delle anime della sinistra riformista eccetera eccetera.
Stavolta è uguale. Anche stavolta, augurandosi un recupero miracoloso del centrosinistra e facendo il passettino un questa direzione (a proposito, ma quanti voti sposta?), Prodi non ha nulla da perdere: se la sconfitta sarà meno cocente del previsto o addirittura se la coalizione riuscirà a stare in partita, il merito sarà suo; se – invece – il centrosinistra non riuscirà a tenere botta e il paese dovesse andare da un’altra parte, avrà bisogno di una rifondazione e di una ripartenza. E chi meglio dell’inossidabile professore? Da esterno, si capisce, ma con la sua benedizione papale.
Mi aspetto da un momento all’altro un’intervista di Walter Veltroni dello stesso tenore. Dopodichè Renzi può toccare tutti gli amuleti che ritiene.