“Ho fatto match su Tinder con un politico, che te ne pare?”
Esordisce così una trentenne seduta al tavolo di fianco al nostro.
Un match – che si aziona quando entrambi gli utenti hanno messo un cuoricino o “swippato” a destra – dà la possibilità di poter iniziare a chattare con uno sconosciuto piacente attraverso una delle app di dating più note. Il fine è uno solo: scoprirsi e nel caso…
Ma Tinder è in via di sperimentazione anche sul piano del marketing politico e, non a caso, i consulenti sempre alla disperata ricerca di nuovi modi per accaparrarsi voti, hanno sdoganato l’utilizzo delle app di dating in quasi tutti i Paesi ma solo, ed esclusivamente, a fini elettorali.
Nel 2016 un giovane politico delle Hawaii, Greggor Ilagan, ha chiesto alle persone di aiutarlo a occupare un seggio al Senato tramite Tinder. Sul profilo si poteva leggere: “Ei, tu! Quest’anno, sono in corsa per il Senato. Scommetto che possiamo trovare un terreno comune che possa avere un impatto positivo su ciò che ci riguarda. Scorri verso destra e iniziamo a conoscerci”. Il risultato? Non del tutto soddisfacente. Molti utenti avevano come unico interesse quello di uscire con lui e non avevano intuito l’obiettivo principale di Greggor.
Sempre nel 2016, in Italia, per le elezioni amministrative milanesi, è comparso non solo su Tinder, ma anche su Grindr – l’app di dating che troverete su tutti i dispositivi dei vostri amici gay – il radicale Marco Cappato. Ma Cappato, seppur con un invito intrigante quale “Cerchi un’altra storia? Alle elezioni comunali prova i #RadicaliConCappato!” non è riuscito neanche ad arrivare al 2% di preferenze.
Interessante, invece, è quello che è avvenuto quest’anno nel Regno Unito, dove il partito progressista ha tentato di utilizzare Tinder per raggiungere elettori nella fascia di età 18 – 25. Sono state reclutate alcune persone che hanno volontariamente prestato i propri account e, con l’aiuto di due ingegneri, è stato progettato e installato su questi profili un chatbot che ha aperto migliaia di conversazioni e che trattava argomenti politici, con l’obiettivo di convincere gli elettori a spodestare il governo conservatore. I risultati? Oltre 30.000 messaggi hanno raggiunto i giovani in circoscrizioni chiave.
Se l’utente aveva pianificato di votare per i Labour, il bot inviava un messaggio con un link al seggio più vicino; se l’utente aveva pianificato di votare per un altro partito progressista, il bot chiedeva di prendere in considerazione un voto tattico per battere i conservatori e, se l’utente stava votando per un partito di destra o non era sicuro, il robot inviava un elenco di politiche sul lavoro o una critica alle politiche Tory.
Da questo esperimento si è scoperto che Tinder è una piattaforma informale e intima e spinge le persone a parlare apertamente di questioni personali come il sesso e la politica tutt’oggi percepita come un tema privato.
Molti volontari che avevano prestato i propri account, nonostante la vittoria dei conservatori, hanno poi continuato a chattare e conosciuto le persone con le quale c’era stato il match.
A oggi, Suraj Patel, candidato alle primarie per lo Stato di New York con il partito democratico, sta provando con Tinder e altre app per appuntamenti di accaparrarsi più voti possibili. Patel ha recentemente organizzato un “Tinder banking” party, in cui lui e il suo staff spiegano ai possessori di queste app come sensibilizzare gli elettori.
Se è vero che l’esperimento nel Regno Unito ha portato un qualche risultato non solo elettorale, ma anche interpersonale, è anche vero che questa tattica può essere considerata pericolosa e cinica in quanto sfrutta la speranza di giovani single di trovare un possibile partner.
Ebbene, se può essere considerata rovinosa la strumentalizzazione delle app di dating per accaparrarsi voti, come può essere considerato l’utilizzo privato di Tinder & co. da parte di alcuni volti noti – tra Montecitorio e i palazzi del potere -, non certo per fini politici, ma solo per trovare l’amore o magari per evadere dalla vita di coppia? Chi gestisce l’immagine di personaggi pubblici dovrebbe meditare sull’utilizzo da parte dei propri clienti di questi strumenti e sulle relative conseguenze che potrebbero scaturirne.