Politica & popcorn La (controproducente) candidatura di Maria Saladino alle primarie del PD

Donne ed elezioni, gioie e dolori. Finalmente, habemus feminam: anche Maria Saladino si è candidata a guidare il Partito Democratico, i motori possono scaldarsi e le donne al voto possono trovare ...

Donne ed elezioni, gioie e dolori.

Finalmente, habemus feminam: anche Maria Saladino si è candidata a guidare il Partito Democratico, i motori possono scaldarsi e le donne al voto possono trovare un’esponente con cui identificarsi nelle lotte di parità e di indipendenza. Eppure, eppure.

Eppure Maria Saladino, nota alle cronache per le 26mila preferenze conquistate alle famigerate Europee 2014, non sembra dalle prime uscite donna di sostanza, e non appare essere una candidatura di peso. Sicuramente, non della stessa caratura degli altri pesi massimi in campo, tutti uomini, già ministri, già governatori, già candidati. In questo scenario, vien da dire, si contrappongono candidature di sostanza a bandiere in cerca di notorietà, uomini o donne che siano. “Non voglio che si parli di candidati uomini e candidate donne. Certo però che l’essere donna vorrei che fosse un valore aggiunto, un plus per il Pd” le prime dichiarazioni della neo-candidata: un po’ modeste per spiegare le ragioni di una discesa in campo. In una recente intervista all’Huffington Post, Maria Saladino continua “Perché votare per me? Perché sono una novità e non ho perso il contatto con il nostro popolo”: anche qui, un’occasione sprecata per lanciare un messaggio forte, quello di una candidata che prova ad uscire dagli schemi per esercitare una leadership nuova, diversa. Ma così non sembra essere.

Secondo Katie Jamienson, esperta statunitense di Comunicazione e professoressa all’University of Pennsylvania, il ruolo delle donne in politica risponde ad uno schema bipolare: da una parte, una donna che dev’essere iper competente, à la Merkel. Il riferimento archetipico è il Saggio, che mai si abbandona alle superficialità, alla leggerezza, al divertimento. Donne che all’occorrenza diventano aggressive, quasi “maschili”, che così dimostrano di meritare la leadership, una conferma di non essere deboli o non all’altezza. Oppure, le donne devono mostrarsi come sbarazzine, fresche, appariscenti. Per acquisire valore, queste non possono essere troppo aggressive per non rischiare di sembrare poco attente, poco sensibili, poco madri.

D’altronde, questa divisione riguarda anche gli argomenti di cui le donne si occupano, tipicamente attinenti alle sfere femminili, come quella dell’accudimento: le pari opportunità (come la Biancofiore o Mara Carfagna, che solo oggi, dopo anni di ingiurie e insulti, gode di stima pubblica), i giovani e la scuola (come Meloni, Moratti, Fedeli, Gelmini), l’ambiente (Prestigiacomo). Spesso, peraltro, ministeri senza portafoglio, che poco incidono nei bilanci e nei cambiamenti di un paese che le donne le ha sempre lasciate un po’ indietro, un po’ a casa, un po’ da parte.

Donna, vuoi fare politica? O la fai perché sei donna, o la fai perché provi ad essere uomo.

E la sensazione che rimane, quindi, è che la candidatura di Maria Saladino non ribalti questa logica, anzi, la alimenti. E, ancor di più, risponda a una necessità triste: quella di occupare uno spazio vuoto, provando a lanciarsi in quanto donna e, purtroppo, solo in quanto tale.

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