Fridays for Future.
Da diversi mesi, queste tre semplici parole continuano a risuonare non solo nelle piazze degli studenti ma un po’ ovunque, soprattutto nella nostra testa.
Fridays for Future, lo ripetiamo ormai come un mantra, inchiodati alle nostre responsabilità materiali e morali verso il pianeta, dai discorsi di Greta Thunberg.
Richiamati ad agire con urgenza contro il cambiamento climatico, da una ragazzina poco più che sedicenne, che con fare quasi messianico, ha cominciato munita solo di cartello, il conto alla rovescia del tempo che ci resta, prima di andarci a schiantare.
Greta prima esaltata e poi massacrata.
Greta additata come il male mentre gli orsi polari, a causa dell’aumento delle temperature, cercano cibo oltre le loro aree abituali e giganteschi iceberg si staccano dall’Antartide.
Greta ridicolizzata mentre balene e capodogli soffocano e annegano, in un mare ormai di plastica, e cicloni devastanti distruggono città e spazzano via interi villaggi africani.
Greta delegittimata mentre un’emergenza siccità dilaga dal nord d’Italia al Corno d’Africa e non ha forse precedenti nella storia.
Greta screditata da esseri umani incoerenti, incapaci di concepire anche il più piccolo cambiamento quotidiano che vada nella direzione della sostenibilità.
Greta celebrata da politici e classi dirigenti, con il destino del pianeta nelle mani, ma tuttora avidamente convinti che la crescita illimitata abbia un senso, incapaci di concepire un modello di sviluppo fondato su sostenibilità ambientale, equità, redistribuzione delle ricchezze e responsabilità sociale di impresa, perché è chi inquina che dovrebbe pagare.
Accecati dal profitto di un capitalismo di rapina che nemmeno di fronte alla catastrofe imminente riesce a femarsi.
Greta, Greta e ancora Greta…
Dopo lo sciopero globale del 15 marzo scorso, che ha portato nelle piazze milioni di giovani in tutto il mondo, il Movimento Fridays for Future ha continuato a crescere ad ogni latitudine, ma sarà solo il tempo a dirci se Greta sarà la nostra salvezza o diventerà sempre più il nostro incubo, la materializzazione del nostro fallimento, soprattutto verso le giovani generazioni.