Le popolazioni coperte dai governi che hanno dichiarato un’emergenza climatica superano ormai i 43 milioni di cittadini in quattro paesi anglofoni e la Svizzera, con 20 milioni di questi residenti nel Regno Unito.
In realtà finché si tratta di dichiarazioni simboliche da parte delle scuole, delle università, è un conto, ma le dichiarazioni di emergenza degli stati sono ben altra cosa o nel caso della Gran Bretagna addirittura aria fritta, infatti se fossero davvero decisive non le avrebbero dichiarate dopo sole due settimane di disobbedienza civile.
Inoltre, l’idea della dichiarazione dello stato di emergenza spaventa perché implica la sospensione dello stato di diritto e un maggiore potere di intervento da parte dello Stato nello stile shock economy, che abbiamo visto applicato spesso in questi anni, non solo in Italia.
Non che le dichiarazioni di emergenza siano inutili, anzi probabilmente sono una strada obbligata, motivo per cui abbiamo l’obbligo di approfondire molto e criticamente.
Il rapporto IPCC, sul riscaldamento climatico a 1,5 gradi, pubblicato lo scorso ottobre, ci ha chiaramente dimostrato che le sue conseguenze includeranno un numero crescente di decessi legati al calore, scarsità di cibo e scarsità d’acqua, e eventi meteorologici estremi, che saranno sia più frequenti che più gravi.
Sappiamo che il biossido di carbonio altera il nostro clima e, sfortunatamente, può rimanere nella nostra atmosfera per migliaia di anni ma ogni giorno che decidiamo di tagliare le emissioni, prendiamo la decisione di salvare il nostro clima per i prossimi mille anni.
La scienza del clima è ormai matura abbastanza da non considerare più i cambiamenti climatici solo in termini di livelli di riscaldamento aggiuntivo ma in termini di vite umane perse, riduzione della biodiversità e terre rivendicate dagli oceani.
La gioventù, sostenuta da Greta Thunberg e la sua protesta presa in carico dai ragazzi delle scuole di tutto il mondo, afferma che si tratta di un’emergenza, quindi è della massima importanza che anche la politica lo riconosca.
Chiedere ai governi di ridurre le emissioni di gas serra in linea con l’obiettivo centrale dell’Accordo di Parigi significa ulteriori progressi sostanziali nella decarbonizzazione con l’obiettivo di ottenere emissioni di biossido di carbonio nette entro il 2025 ma anche l’intenzione di uscire completamente da tutti gli investimenti in società di combustibili fossili.
Anche usare il termine “carbonio neutro” nelle dichiarazioni di emergenza climatica ha un significato molto diverso da “zero carbonio” o anche “basso tenore di carbonio”, poiché implica un carico di compensazione (come pagare qualcun altro per piantare alberi o generare elettricità dal vento) per consentire al settore pubblico di continuare a bruciare combustibili fossili.
Inoltre. è molto probabile che il termine si applichi solo all’energia elettrica piuttosto che all’energia nel suo complesso.
Per dare solo un esempio del tipo di passi pratici che potrebbero essere intrapresi, il governo gallese è attualmente coinvolto nella costruzione di una nuova autostrada che collega Cardiff al ponte di Severn, che attraverserà diversi chilometri di habitat raro che è stato designato area di speciale interesse scientifico.
Se il governo gallese fosse serio riguardo all’ambiente, la sua dichiarazione sull’emergenza climatica sarebbe stata accompagnata dall’annuncio che questa strada non si farà più.
O ancora rimborserebbe le spese di viaggio ai membri o ai dipendenti che guidano auto con motore a combustione durante il loro lavoro e invierebbe un chiaro segnale di serietà.
In generale, invece i governi “inviano segnali chiari” solo quando intendono intraprendere zero azioni pratiche.