Il Consiglio regionale dell’Emilia Romagna ha approvato — nel corso di questa notte, alle 3:33 — una legge contro l’omo-transfobia. La votazione finale si è avuta dopo un lunghissimo iter che ha spaccato il Pd e che ha spaccato anche il movimento Lgbt per il solito, vergognoso contributo cattodem (come vedremo più avanti) e dopo l’ostruzionismo delle destre, che hanno presentato quasi 1800 emendamenti, raccontando (al solito) la comunità arcobaleno in modo degradante. Ma andiamo per ordine.
L’emendamento presentato dai cattolici del Pd recita quanto segue: «La Regione non concede contributi ad associazioni che nello svolgimento delle proprie attività realizzano, organizzano o pubblicizzano la surrogazione di maternità». In pratica, se l’associazione di turno volesse organizzare un dibattito su come funziona all’estero la surrogacy, cadrebbe sotto il ricatto del taglio dei fondi. Un censura preventiva in piena regola che è passata in modo pressoché blindato dentro il partito stesso.
A salutare con favore questa legge regionale — esattamente così come è stata approvata — ci sono, oltre ad alcuni settori della comunità Lgbt bolognese, i gay interni al Pd stesso: «Per fortuna, a seguito di un acceso dibattito pubblico, è stato ritirato un emendamento che bandiva da qualunque finanziamento passato, presente e futuro le associazioni che volessero discutere pubblicamente sulla gestazione per altri e su una modifica della legge 40 del 2004» dichiara Sergio Lo Giudice, su Facebook. Peccato che quell’emendamento pare ci sia ancora. Ma Lo Giudice minimizza: «Nessun effetto pratico […], solo il gesto simbolico di liquidare ribadendo un divieto un tema che, proprio perché controverso, meriterebbe un dibattito pubblico ampio e trasparente».
Famiglie Arcobaleno si è espressa, invece, in chiave molto critica: «La legge, ben lontana dal suo impianto iniziale e depotenziata in molti suoi punti cruciali, […] contiene una norma che esclude l’erogazione di finanziamenti pubblici alle associazioni» che fanno promozione della maternità surrogata, «come legiferato dalla legge 40 del 2004». Il presidente, Gianfranco Goretti, precisa: «La norma, al di là dei suoi effetti pratici, ha il chiaro intento di rinforzare lo stigma sociale nei confronti dei padri gay e quella di intimidire le associazioni nella loro libera espressione rispetto al tema della tecniche di fecondazione assistita». Ci troviamo, ci ricorda ancora FA, di fronte il maggior partito progressista italiano che «ha dimostrato di essere ostaggio di gruppi cattolici oltranzisti che utilizzano la Gpa come giustificazione delle loro posizioni omofobe e discriminatorie».
Al di là del risultato in sé, che sicuramente avrà anche degli aspetti positivi — come quelli «sulla formazione degli operatori e sull’azione culturale», come ricorda ancora Lo Giudice — si ripropone la solita regia, dentro il Partito democratico: per la seconda volta nel giro di tre anni, questo soggetto politico ha consegnato alla società una legge che concede ben poco, visto che non ha alcuna rilevanza penale, alle persone Lgbt a patto di “rimuovere” il capitolo della genitorialità. È successo ieri con le stepchild adoption, succede oggi con una legge regionale che — per difenderci da discriminazioni e violenze — criminalizza la Gpa, lasciando intendere all’italiano medio che i padri gay sono compratori di bambini. Una legge che per difenderci dagli insulti ci insulta, in pratica.
Ci ritroviamo di fronte ad un partito che va avanti per inerzia su certe questioni, incapace di arginare le sue componenti omofobe e, al contrario, facendosi dettare l’agenda politica per quanto riguarda i diritti delle persone Lgbt. Un’agenda che lascia sparsi qua e là semi di cattive piante. Quelle del pregiudizio e di una narrazione demonizzante. Cioè lasciando sussistere, a livello culturale, le condizioni affinché l’omofobia permanga. E stabilizzando la prassi della concessione sotto ricatto: “o questa legge, o nessuna legge”. Poi per carità, io lo capisco pure che un mattoncino alla volta si costruiscono pareti. Ma mi pare che qua non ci si sia resi conto che stanno piantando il filo spinato. E sappiamo cosa si costruisce all’interno di certe recinzioni.
Ovviamente dentro le associazioni è partito il solito mantra: “stavolta è andata così, ma mai più un passo indietro e basta mediazioni”. Lo si era detto anche ai tempi delle unioni civili. Lo diremo domani, quando magari ci “daranno” il matrimonio a prezzo di chissà quale orrida mediazione al ribasso. Tanto lo hanno capito che, alla fine, ci facciamo piacere tutto. Pazienza, poi, se ci dipingono come sfruttatori di donne o come orchi che rapiscono bambini et similia. L’importante è il risultato, per quanto svilente nei confronti della nostra dignità. Di esseri umani, prima di ogni altra cosa.