Nell’esercizio suggestivo della retorica dell’analisi politica è tutto un stupore nell’osservare il gioco delle parti all’interno della (fu) maggioranza di governo.
Va detto che nel giorno delle #mozioniTAV le ultime mosse dei leader di governo lasciano perplessi per surrealtà e spudoratezza: la lega si appresta infatti a dire sì ad una mozione pro-tav con i dem e il centrodestra (un patto del Nazareno d’oltralpe), il M5S in solitudine (è nel loro dna ontologico) che scrivono un’opposta mozione no-tav contro il premier, i dem e tutto il centrodestra. E per converso illogico sia il Pd che il centrodestra si dimenticano di fare l’opposizione per essere “coerenti” con le loro decisioni (chiamiamole poltrone) con la scusa del trattato bilaterale con la Francia per l’appalto dell’alta velocità.In altre parole la TAV svela la verità(v) inconfessabile che il Senato vive e lotta per rimanere ben fermo in aula a meno che non si adempiano concretamente le minacce del vicepremier della Lega.
Le elezioni anticipate? Lo vedremo anche prima di settembre
Rimane di sostanza che il filmone gialloverde non è una pellicola vintage vista in sala ma è nato già vecchio fin dal casting e dalle riprese sul set nel senso che sapevamo il finale dai titoli di testa e avevamo capito come sarebbero andate le cose.
Ci vuole tutto il coraggio di dire che maggioranza e opposizione oggi non esistono più perlomeno per come esse vorrebbero mostrarsi davanti agli elettori; e su questo non è importante l’effetto a valle sul paese in stagnazione ma la causa a “monte” della faccenda. Non ci voleva tanto ma ci si trova adesso a non poter negare una contraddizione ab origine.
Abbiamo avuto – infatti- per poco più di un anno un premier non eletto dal popolo e un governo non eletto dal popolo con una maggioranza puramente algebrica (onestamente l’unica possibile) e non politica. Ci avevano detto che tutto si teneva da un “contratto” ma francamente non si è mai visto realizzato nemmeno in un comma per quanto esso il patto fosse già vago e indeterminato di suo. E ciò perché chi l’ha scritto non conosce la denominazione delle cose.
Contratto (pactio o meglio ancora negotium – negare l’ozio) non solo rimanda all’agire ma contractus sta per contrazione di una parte di sè nella trattativa per fare spazio all’altra parte in nome di una sintesi la più armonica possibile. Ebbene nel caso dei dossier più complessi Lega e Movimento 5 stelle hanno costruito una finzione più che un’operazione perdendo oltretutto l’occasione di introdurre un punto di svolta politica per i governi “forzati e necessari” usciti da un sistema iper proporzionale. Ovvero se avessero stabilito, come accade per gli esecutivi di grande coalizione tedeschi, il principio preambolare di non rottura in itinere dei punti di accordo allora questo governo gialloverde avrebbe avuto – piaccia o no – un suo relativo senso politico. Tuttavia l’esasperata ricerca degli umori e del consenso ha cestinato gli intenti, ha costretto in molte occasioni a fare marcia indietro oppure a distrarre sui risultati opposti alle promesse.
Ed è in questo senso che in termini puramente finalistici l’esecutivo Conte non ha più una mission da seguire, nel senso che esso è tecnicamente finito.
Il caso della TAV è l’ultimo demenziale paradosso: se la questione – come scopre adesso Luigi Di Maio – afferisce al Parlamento e non al governo per quale motivo i grillini hanno sfiancato il paese con le relazioni costi-benefici, le polemiche su commissioni e gruppi di esperti, con il tira e molla con Macron? Forse per non perdere lo smalto di stare con un piede al governo e con l’altro in modalità opposizione oltranzista? E la lega non avrebbe potuto chiarire prima la propria agenda economica e non umiliare il presidente del consiglio incontrando parti sociali, scrivendo leggi di stabilità senza il titolare del Mef? E in tutto questa contraddizione perché il Partito Democratico si muove come un salmone andando contro ogni logica di fondamentale opposizione come chiede a pressing Carlo Calenda? e perchè – mentre un solitario Roberto Giachetti implorava un congresso immediatamente dopo la sconfitta alle politiche di modo che si potesse incalzare la coalizione gialloverde – il partito rimaneva in modalità lettino-da-auto-analisi in attesa di non si sa cosa?
Mentre si gioca tutti al gioco delle tre carte il paese ha perso tempo e siamo – ben che vada – ad una crescita per quest’anno allo +0,1 cioè nel nostro paese non si sono mossi nè euro e nemmeno i neuroni.
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