TantopremessoNo, Pasquale Tridico non è un genio del male

Non si placano le polemiche sul "caso Tridico" e il presunto raddoppio dello stipendio. Analizzando la vicenda, tuttavia, e scartando l'ipotesi che il Presidente dell'INPS sia un genio del male, il problema investe la tenuta delle istituzioni e della politica.

Mare in tempesta all’INPS per il “caso Tridico”. Ha aperto le danze Repubblica, denunciando che il Presidente dell’Istituto “si alza la paga con effetto retroattivo”, per di più in piena estate, seguita a ruota dal Sole 24 Ore, che scrive come l’aumento di stipendio sia “una pagina nera nell’emergenza Covid”, anzi “un blitz agostano come nelle peggiori occasioni dei premi alla famigerata vecchia casta”. Rotta la diga, la questione è tracimata a valanga nell’arena politica e sui social network, dove il polverone non accenna a calare. Sia consentito dire che per noi vecchi arnesi dell’Amministrazione, con i gomiti delle giacche ormai consunti e un pelo smaliziati, la vicenda fa sorridere. Per vari motivi. Il primo attiene allo stipendio del Presidente del più grande Istituto previdenziale d’Europa che, vivaddio, non può non percepire emolumenti coerenti con il ruolo: inutile persino parlarne. Il secondo investe la questione della retroattività degli arretrati per il Presidente INPS (e INAIL): come spiegato dall’Istituto in un comunicato stampa e ribadito dallo stesso Tridico, il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze del 7 agosto 2020 stabiliva, fra l’altro, che tali arretrati spettassero dalla nomina, mentre i Collegi dei Sindaci dei due Istituti hanno correttamente richiamato una disposizione secondo cui occorre richiamarsi alla data dell’insediamento del CDA, avvenuta un anno dopo la nomina. Il sistema, in altre parole, ha funzionato, e sono stati gli stessi organi di controllo ad intervenire, in linea con i loro compiti istituzionali, per correggere in corsa il problema (sulla cui natura, in tutta onestà e in punta di buon senso, ci sarebbe anche da discutere). Il terzo, poi, riguarda il fatto che non è il Presidente dell’INPS a decidere quanto guadagnare e da quando: basta leggersi il famigerato decreto interministeriale e i suoi “visti” (quelli, per intenderci, che fanno venire l’orticaria ai tanti censori dell’amministrazione pubblica e del suo latinorum) per capire quali siano le norme che governano il processo e l’iter seguito e concludere che assai difficilmente Tridico possa aver indossato le scarne vesti di Cattivik, il genio del male, tramando a suo piacimento. Sgombrato il tavolo dallo sciocchezzaio del giorno, la cosa che, tuttavia, ancora una volta balza all’occhio è la poca attenzione con cui certe questioni vengono affrontate, preferendo, evidentemente, gridare allo scandalo per acchiappare lettori, voti, like. Il giornalismo ha il diritto/dovere di scrivere ciò che vuole, come vuole e quando vuole, sempre e comunque. E la politica suona la musica che preferisce e che pensa più aggradi ai propri elettori, gli unici a poter giudicare. Ma perché mescolare questioni tecnico-amministrative con profili politici e mediatici che dovrebbero restare, invece, ben distinti? Come si fa a legare l’adeguamento di uno stipendio alle condizioni di tanti lavoratori oggi oggettivamente in difficoltà? A che scopo anche solo suggerire che il vertice INPS abbia intrallazzato per raddoppiarsi lo stipendio? È certamente lecito e doveroso criticare l’operato dell’INPS e del suo vertice, così come è parte integrante del dibattito democratico la critica politica, pure aspra, agli indirizzi delle maggioranze di Governo: sono aspetti vitali di un sano dibattito pubblico, al quale la stampa partecipa come attore cui spetta un ruolo fondamentale in una democrazia. Serve, però, grande cautela e responsabilità da parte di tutti: perché, una volta cessate le ostilità, quel che resta è la solita avversione verso tutto ciò che è pubblico, servitori dello Stato in primo luogo, alimentando la sfiducia verso la macchina pubblica e, non meno importante, verso la politica. Esiste la buona e la cattiva burocrazia (eccome), così come esiste la buona e la cattiva politica. Facciamo, per favore, lo sforzo di non dimenticarlo mai. Il costo di una delegittimazione indiscriminata sarebbe insopportabilmente alto, persino per un Paese di lungo e accidentato corso come il nostro.

 

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