BabeleIl trumpismo senza “maschera”

Il rifiuto di mostrarsi pubblicamente con le mascherine respiratorie ha assunto un significato politico per i sostenitori di Trump.

Fin dall’inizio della pandemia, Donald Trump si è detto fiducioso del fatto che il  coronavirus sarebbe scomparso rapidamente, esprimendo un certo scetticismo sull’utilità  della mascherina quale dispositivo di protezione. All’iniziale rifiuto di farsi fotografare  indossandone una, si erano assommate numerose affermazioni tese a minimizzarne  l’efficacia. Finché, in occasione di una visita ufficiale al nosocomio militare Walter  Reed, la scorsa estate il  presidente si è mostrato per la prima volta in pubblico con il volto protetto. “Credo che,  quando ti trovi in un ospedale, specialmente in quel particolare ambiente dove parli con  numerosi soldati e persone che, in taluni casi, sono appena scesi da un tavolo operatorio,  sia una gran cosa indossare una mascherina”, dichiarava l’11 luglio. Nei mesi precedenti, Trump aveva ripetutamente asserito che, nonostante le raccomandazioni dei funzionari  sanitari, la sua presa di posizione era motivata dall’intento di minimizzare le circostanze “per non creare il panicocome riferito più volte dall’editorialista Bob Woodward del  Washington Post. Pertanto, nelle numerose apparizioni pubbliche e nel corso degli eventi  elettorali, il volto del 45° presidente degli Stati Uniti d’America è sempre stato esposto.  

La mascherina come emblema politico  

Ogni volta che lo vedi, indossa una maschera. Anche dovendo parlare a duecento piedi di distanza, si presenta con la più grande maschera che io abbia mai visto”, ha scherzato Trump riferendosi al proprio avversario politico, il democratico Joe Biden. Va notato che il senso equivoco della frase in lingua inglese è basato sul duplice significato del  termine “mask”, utilizzato al pari di “face mask” sia per indicare una generica maschera  che la tipologia di mascherina sanitaria utile al contenimento dell’epidemia. Per  l’occasione, il 29 settembre alla Cleveland Clinic, la famiglia Trump è entrata nella sede del dibattito prendendovi posto senza indossare dispositivi di protezione. La First Lady Melania, assieme alle figlie Ivanka e Tiffany, hanno declinato con un cenno le mascherine offerte  dal personale della clinica. Ad ogni modo, l’esito del tampone effettuato sui candidati ed  i rispettivi accompagnatori prima del dibattito era risultato negativo. In Ohio è attualmente in vigore l’obbligo di indossare una almeno una mascherina chirurgica in qualunque luogo al di fuori della propria abitazione. A ciò si aggiunge un severo protocollo di distanziamento sociale, igienizzazione e  scansione termica.  

Il rifiuto di mostrarsi pubblicamente con le mascherine respiratorie ha assunto un significato politico per i sostenitori di Trump. Ciò si è evidenziato fin dal raduno  avvenuto lo scorso giugno a Tulsa, in Oklahoma, ove migliaia di manifestanti hanno partecipato col volto esposto e l’emblematico copricapo rosso, recante lo slogan “Make  America Great Again”. Molti sostenitori del presidente avevano esternato già nei primi  mesi della pandemia un forte sentimento “no mask”, ritenendo che l’obbligo di coprire il  volto sia una violazione della propria libertà individuale. La medesima linea politica  abbracciata da Trump viene portata avanti da gran parte dei governatori repubblicani nei relativi Stati federati. Del resto, in un’intervista pubblicata il 18 giugno dal Wall Street  Journal, lo stesso presidente aveva sottolineato che molti americani indossano  mascherine non come misura sanitaria preventiva, bensì per esternare disapprovazione  nei suoi confronti.  

Positivo al coronavirus, ma di buon umore  

Il 2 ottobre, Donald Trump ha annunciato con un tweet di essere risultato positivo al test  per il Covid-19, assieme alla moglie Melania. Il capo di gabinetto della Casa Bianca,  Mark Meadows, comunicava che il presidente, affetto da lievi sintomi, era di buon  umore. Ricoverato nelle ore successive all’ospedale Walter Reed, Trump è stato trattato  con la massima dose dei farmaci sperimentali dell’azienda biofarmaceutica Regeneron, a  base di anticorpi monoclonali. Tuttora in fase di sperimentazione, tali medicinali non  sono ancora stati autorizzati dalla Food and Drug Administration nemmeno come terapia  d’urgenza per la popolazione statunitense. Prima di essere somministrati a Trump, gli  anticorpi monoclonali prodotti in laboratorio sono stati sperimentati su 257 volontari  positivi con una sintomatologia lieve. Definiti già come promettenti nel trattamento del  Covid-19, simili farmaci sono allo studio anche in Italia, presso l’ateneo di Roma Tor  Vergata in collaborazione con lo Spallanzani.  

Ad ogni modo, la produzione in laboratorio degli anticorpi monoclonali è piuttosto  costosa (migliaia di euro per una singola dose), pertanto è logico ritenere che, una volta  approvati ufficialmente, non si tratterà di farmaci accessibili alla totalità della  popolazione ̶soprattutto negli USA, dove il sistema sanitario è in prevalenza privato. In  seguito al suddetto trattamento biotecnologico d’avanguardia, il 5 ottobre Donald Trump è stato dimesso dal Walter Reed. Il presidente ha dichiarato che, nonostante le proprie  condizioni di salute, gli statunitensi non dovrebbero temere l’epidemia di coronavirus in  corso. Dopodiché, è rientrato alla Casa Bianca ove diversi assistenti risultano positivi.

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