La rabbia e l’orgoglio esce nel 2001
Le proteste no global di Genova, con la morte di Carlo Giuliani e il massacro della Diaz, sono nel 2001
Il Satyricon di Luttazzi non viene riconfermato dopo vittoria di Berlusconi nel 2001
Zelig nasce nel 1997 ed esplode nel 2003
L’ottavo nano, ultimo programma del gruppo Dandini-Guzzanti-Marzocca-Marcoré, va in onda nel 2001
Spinoza.it inizia le sue pubblicazioni nel 2005
Boris viene prodotto dal 2007 al 2010
Sebbene la vicinanza delle date sia evidente, probabilmente vi starete domandando che cosa abbiano in comune questi diversi episodi.
Ho selezionato chiari riferimenti politici: Genova è l’acme della violenza no-global e di sinistra, spenta con morti e massacri. La rabbia e l’orgoglio è un esempio di rilancio, da parte della destra, dello scontro di civiltà, tema che diventerà sempre più forte negli anni, fino a occupare la stragrande maggioranza della comunicazione dei politici di oggi.
I riferimenti alla comicità sono importanti perché la satira ideologica, e fortemente di sinistra di Avanzi, Pippo Kennedy e Luttazzi viene in primo luogo bloccata ed estromessa, e in secondo luogo sostituita da programmi più apolitici, come Zelig, in cui tormentoni innocui e macchiette della vita quotidiana badano bene di non ironizzare sul padrone della Rete.
Come per la moneta, la satira cattiva scaccia quella buona. Ma non è solo per scelte ai piani alti delle reti televisive: nemmeno il Web è immune a questo fenomeno. Spinoza prolifera con i suoi giochi di parole e ironia nonsense grazie al lavoro di centinaia di comici amatoriali, che trovano un palcoscenico galvanizzante.
Se la violenza che raccoglieva la rabbia è stata pesantemente sconfitta, altre forme di rabbia sono state aggredite e anestetizzate. In quegli anni cruciali per la generazione Millennials (per me coincidono con inizio e fine dell’università), la sinistra ha deciso che la rabbia non era più cool, con una conseguenza devastante.
Oggi il 40% di chi subisce maggiormente la crisi del Covid ha meno di 35 anni. I millennials sono passati attraverso due crisi epocali e l’unica certezza che conosciamo è che lo Stato non intende diminuire la spesa pensionistica sul PIL (la più alta al mondo). Di fronte a una situazione occupazionale di perdurante sotto-impiego, in cui abbiamo poche opportunità e stipendi da fame, chi può se ne va, chi non può, trova formule per venire a patti con la propria impotenza.
Vivere costantemente incazzati non è certo piacevole. Ma a mio avviso c’è di più. Le élite con cui mi sono confrontato negli anni hanno sempre mal sopportato il mio esplicitare la mia rabbia. Più volte mi son sentito un animale sotto osservazione e mi sono accorto, crescendo, che mi era più facile legare con chi manifestava in modo trasparente, come me, la propria incazzatura.
Ho due ipotesi per spiegarmi l’equazione incazzoso=sfigato. La prima è di tipo economico: la sinistra dei bramini, come dice Piketty, quella sostenuta dalle élite più colte, pare cementarsi intorno a un perbenismo borghese remixato, o camuffato, con un pizzico di sofisticata ironia. Perché semplicemente non ha alcun motivo di essere arrabbiata e fatica a empatizzare con chi si lamenta.
E’ più difficile arrabbiarsi se papy ti compra uno studio in centro, se ti trova un posto di lavoro alzando il telefono, mentre intorno vi sono (davvero) laureati che fanno i concorsi per spazzini, che campano a 500 euro al mese, che si muovono tra stage continui e che preferiscono fare i camerieri a Londra che condividere la propria sfiga con amici e parenti.
La sinistra dei bramini ha una reazione quasi da senso di colpa verso chi soffre esperienze al limite, come i migranti, ma se si rivolge ai propri compaesani vede solo dei #povery che hanno studiato poco e in fondo si meritano la propria condizione sfigata – d’altronde non difendono il greco a spada tratta e non ammirano il teatro contemporaneo…
Una volta le tute blu, pur tra ingenuità e ideologia, piacevano. Oggi sono confinate nelle valli, nelle province del profondo Nord, non li incontri certo nelle grandi città, dove la sinistra è più forte. Insomma, manca anche il contatto con gli incazzati, tanti sono stranieri un po’ abbandonati a se stessi e relegati nei quartieri ghetto dove abitano.
Ma poi c’è un secondo aspetto, culturale e pop: grazie a Boris, a Spinoza, ad alcuni fumetti di successo, ai meme sui social, abbiamo sublimato la rabbia, trovando un sentire comune con cui condividere le proprie vicissitudini. Mi ricordo che guardavo la serie tornato dalla Francia e mi aiutava a venire a patti col mio strano paese. Una serie ironica e cinica, che ha creato con tanti coetanei dei modi di dire, dei refrain, mentre persone ben meno ironiche hanno cavalcato la rabbia creandoci un partito politico: il Vaffanculo Day è stato nel 2007… Da lì Grillo coagulò una compagine eterogenea con slogan grossolani e facili risposte, ottenendo ottimi risultati elettorali – meno al Governo.
Come chiudere queste considerazioni? In tutta onestà, non lo so. Negli Stati Uniti la rabbia ha preso percorsi devastanti, diventando autodistruzione: solo così si spiega l’epidemia di oppiacei (70 mila morti per overdose nel 2017), l’elevato numero di suicidi (47 mila nello stesso anno) e l’aumento dell’alcolismo.
In Italia propongo dei percorsi di disintossicazione per la risata automatica, e difendo il diritto di esprimere la propria incazzatura in modi confusi, spontanei, anche emotivi – senza che debba sempre alzarsi la manina giudicante a dire “non si fa così, non è giusto, è eccessivo”.
Se c’è una cosa che sto imparando in questi primi mesi da imprenditore, è che l’innovazione non è portata avanti da persone quadrate e razionali, da impeccabili colletti bianchi, da intellettuali organici e altre figure oggi più trendy (gli influencer che raccontano cose fatte da altri); no, l’innovazione è portata avanti da una marmaglia eterogenea di appassionati, di ignoranti talvolta, che non si lasciano spaventare dalla complessità, perché è gente pratica, abituata ad arrangiarsi.
Non avremmo Bitcoin se tra i suoi adepti della prima ora ci fossero stati degli economisti: avrebbero distrutto tutto con il loro scetticismo da esperti. Allo stesso modo, se vogliamo innovare la politica, abbiamo bisogno anche noi di ribelli, di insoddisfatti, che non hanno chiare idee politiche, culture e tradizioni di riferimento alle spalle. Non lasciamo loro gonfiare le schiere del populismo, facile classificazione per chi non ha modo di capire ed empatizzare con chi la pensa diversamente.
Lo dico ai partiti neo-liberali, che non andranno da nessuna parte finché fanno a gara su chi conosce meglio Hayek e Einaudi e ne interpreta correttamente il pensiero. Lo dico alla sinistra puzzetta sotto il naso, che non può abbandonare la piazza ai neofascisti. Lo dico anche a me stesso, che fino a poco tempo ero preoccupato del giudizio altrui.
Incazzati di tutto il mondo, uniamoci!
ANDREA DANIELLI