PromemoriaDraghi, i nomi e le cose per l’interesse nazionale

Non ci sono solo persone oltre le cose ma i nomi e le azioni nel governo Draghi sono determinanti nelle crisi cruciali

L’interesse nazionale, quello di tutti e non di una parte. Il governo Draghi è solo (si fa per dire) questo, e non mi sembra una roba di poco conto.

Camminiamo infatti  tra le macerie di un paese stravolto e senza visione, in piena tempesta pandemica, economica sociale e mi permetto anche morale. Nel senso che una nuova questione morale (uso il termine in senso filosofico) è appunto la frammentazione di una comunità che insegue gli eventi senza una bussola,  imprigionata dai suoi stessi hashtag, incapace di mantenere la coerenza per mezza giornata.

Questi giorni di crisi iniziata al buio e finita con uno spiraglio di luce, ci hanno fatto capire cose importanti.

Fra le tante – citando uno noto claim pubblicitario – è che non ci sono persone oltre le cose ma i nomi e le azioni sono interconnessi in politica. E la politica di “alto profilo” auspicata dal presidente Mattarella è una equilibrata mistura di entrambi i fattori affinché il pensiero diventi azione, crei qualcosa di non evanescente. Nella sapienza biblico-classica si esprime con il verbo “poièo” (ποιέω) che  gira compiutamente attorno  a quella politica dei “costruttori” tanto evocata nobilmente dal capo dello stato nel passaggio di fine anno ma che una mediocre e raffazzonata cronaca ha confuso con il raccatto di cespugli parlamentari presi qua e la per offrire una stampella al governo Conte (sto pensando ai Ciampolillo and friends) ma inadeguata alla fase storica del paese. E  di cui la storia si è premurata di chiuderne la parentesi. Del resto l’uno vale uno era ed è una sciocchezza sesquipedale degna della stoltezza di chi l’ha coniata e in molti hanno osservato quanti danni abbia provocato quando ci si alza al mattino politologi e ci si addormenta virologi, passando tra il pranzo e il tardo pomeriggio per economisti, ingegneri aerospaziali. Questa eccessiva orizzontalizzazione non ha funzionato in quanto ha costruito una società di tutti uguali dimenticando che senza gerarchie (di forme e di sostanza) il nostro mondo va a rotoli. Il movimento cinquestelle su questa utopia ci è nato ma ne è morto politicamente tranne un pezzo della sua classe dirigente che si è emancipato con non poca difficoltà.

Tornando alle cose serie, con quel ” è tempo dei costruttori” si riscrivono  in agenda i verbi del “fare” e dell’agire (poiesis e praxis) sui quali il neo premier Mario Draghi si è impegnato solennemente. Attorno a lui un team molto tecnico e – a differenza dell’esecutivo Monti di fine 2011 – molto politico con ministri “governisti” di tutte le forze principali.

I membri di questo governo, sia chiaro, non si sono scelti bensì ritrovati da strade diverse in un tornante decisivo e complesso della storia nazionale, ma proprio l’essere stati selezionati per formare un esecutivo  di alto profilo (e senza una formula politica) adempie, passatemi la  battuta, quello che il nonno di Peter Parker dirà al nipote diventato Spider Man cioè che a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità.

E la mission prevede vere sfide titaniche per usare un eufemismo: contrasto alla pandemia, ricostruzione economica, sguardo ai giovani, innovazione e solidarietà mai contrapposte, ecologia integrale nei processi di gestione dei dossier. Roba che solo l’unità nazionale può rendere possibile così che la pace fra le “parti” unisca anche le tribù di un’opinione pubblica intossicata da troppo tempo, divisa su totem faziosi e alla ricerca del poco e subito piuttosto che unita su punti dirimenti e convergente su il migliore esito possibile.

Questa fame di futuro dell’Italia non è mai stata appagata dai leader di oggi ma si spera che essi possano trarre dal loro fallimento il discernimento per il bene comune futuro.

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