Il libro
Salvatore, Damiano e il loro padre a volte sembrano una famiglia come tante e si trovano gomito a gomito nell’officina meccanica che gli dà di che vivere. Damiano e Pietro, che lavora con loro, sognano però di lasciare l’isola dove si trovano e finire in televisione, a Salvatore invece basta l’amicizia di un cane e non si chiede perché il fratello maggiore lo odi, o che fine abbia fatto sua madre, né quando e perché il padre abbia cominciato a cedere all’alcol e all’autolesionismo: in quella terra brulla tra due continenti lui cerca semplicemente un equilibrio, ma è destinato a incrinarsi e nessuno può immaginarne le conseguenze.
La mia lettura
“Il padre è un tipo alto e magro anche quando sta seduto sul divano. Ha la pelle raggrinzita e bruciata dal sole, capelli che una volta erano folti e ora sono fini, neri come i baffi che gli coprono il sorriso. Gesticola con le mani scheletriche davanti al televisore”.
La descrizione, isola alcuni elementi essenziali: la magrezza, che denota fragilità emotiva, l’età nell’espressione “capelli che una volta erano folti e ora sono fini”, le mani come indice di tensione interiore, sono messe in rilievo con un’accezione che a me è sembrata quasi favolistica proprio per l’uso dell’aggettivo scheletriche.
Nelle primissime pagine non conosciamo il nome del padre di Damiano e Salvatore, si chiama Mario, ma quello che comprendiamo immediatamente invece è che Giordano racconta una storia di “vinti” perché questo sono i protagonisti di Qui non crescono i fiori e il posto in cui vivono, un’isola non meglio identificata nel Sud dell’Italia, è in parte responsabile della loro condizione.
L’ambiente è aspro e influisce notevolmente sulla cultura dei personaggi, è evidente il legame inscindibile con il “mestiere” (Mario ha un’officina) cosa molto tipica nelle storie ambientate in Sicilia, questa ambientazione contribuisce a rendere ancora più drammatico il ritmo narrativo e Luca Giordano è stato bravissimo in questo.
Ma chi è il protagonista di Qui non crescono i fiori? Il padre con il suo dolore inespresso? Con i suoi misteri? Con la rabbia che gli cova dentro? Il figlio Damiano il primogenito a cui Mario si rivolge con frasi come:
“Avresti dovuto esserci tu al suo posto, dice Mario. E avrei sperato non ci fosse nessuno con il fucile pronto, aggiunge. Lo dice con una tranquillità che mette i brividi.
Te lo saresti meritato. È sempre colpa tua, dice, Ogni cosa è colpa tua, da quando sei nato.”
Salvatore, il figlio più piccolo, il preferito?
Alice? L’unica figura femminile.
Non ve lo so dire perché il “peso” di tutti i personaggi, compreso Pietro, mi è sembrato equivalente fino a più della metà del romanzo quando ho cominciato a capire chi era la vittima sacrificale che sarà consacrata come “IL VINTO” in assoluto.
Luca Giordano ha raccontato una storia dal “sapore verghiano”, questa famiglia sembra essere rappresentativa della realtà in cui vive, la loro povertà la percepiamo immutabile e non c’è traccia neppure di desiderio di cambiamento se non in quella che è l’identità in absentia, Alice, madre di Damiano e Salvatore e moglie di Mario.
Qui non crescono i fiori è un romanzo appassionato e la sconfitta così come l’ha raccontata Luca Giordano è incredibilmente tragica e come tale non lascia scampo al lettore che ammutolisce leggendo un finale che è il compimento di un destino crudele.
Ha fatto bene Terrarossa a ripubblicare il romanzo che era già uscito nel 2013 e non aveva avuto evidentemente la giusta attenzione.
Qui non crescono i fiori di Luca Giordano
Editore: Terrarossa
Pagine: 216
Brossura € 8,95 su IBS