L'ambulanteSenza Andrea Camilleri tra paura e pandemia

Lo scrittore Andrea Camilleri, papà del commissario Montalbano

Andrea Camilleri resta il fidato amico di famiglia di ciascuno di noi. Lo troviamo nel soggiorno di casa nostra a tutte le ore. Dalla finestra si sente in lontananza l’ululato delle sirene d’ambulanza che annunciano i malati di Covid alle terapie intensive. Ieri 7 aprile in Italia se ne registravano 3.683 e non sono noccioline. Come ci sentiamo senza Andrea Camilleri tra paura e pandemia?

MONTALBANO AVEVA PAURA, SI SCANTAVA DI CALARSI NEGLI “ABISSI DELL’ANIMO UMANO”

Il Commissario Montalbano continua a tenerci compagnia in tante sere di questa primavera autunnale. Le sue paure sono le nostre. Come si fa a nascondere la paura in questo clima di incertezza per la salute, il lavoro, la vita, il futuro?
La corsa alle vaccinazioni dopo i rallentamenti a sfavore dei più fragili, l’esasperazione di ristoratori e albergatori sul baratro di una guerriglia civile, la voglia di tornare ad una vita normale, il terrore che il futuro non sia roseo come lo avevamo immaginato.

CAMILLERI, CUSTODE DELLE NOSTRE CHIAVI DI CASA

A Camilleri abbiamo consegnato le chiavi di casa, perché in balia delle onde della pandemia non basta nasconderci dietro la voracità di lettori per sentirci naufraghi acculturati dalle sue storie. Prima del Covid sarebbe stato un vezzo generazionale, oggi è piuttosto lo sforzo per trovare una fede comune nella vita. Neanche il ricordo doloroso di Bergamo tra i mezzi militari con le salme della pandemia può sottrarci questa fede nella vita.

SENZA CAMILLERI TRA PAURA E PANDEMIA

Giovani e meno giovani hanno intravisto nel papà del Commissario Montalbano la spina dorsale retta. Le storie di Camilleri sono imbevute di “sicilianità” e rivivono senza i fronzoli degli odiosi stereotipi. Possono accompagnarci dalle certezze del “piccolo mondo antico” prima del Covid verso le incertezze del domani post-pandemia? Sì, perché l’opera dello scrittore e drammaturgo siciliano ci sostiene nel fare dell’accoglienza uno stile di vita e stare legittimamente alla larga dalla subcultura dell’odio e dell’insulto, ancora più marcata nel tempo dei lockdown a singhiozzo.

LA SCRITTURA E L’EREDITA’ DI CAMILLERI

La scrittura di Andrea Calogero, attraverso la mescolanza linguistica Italo-sicula, si riappropria di un’anima meticcia. In fin dei conti si tratta della struttura portante della vita di Camilleri stesso, dedita al teatro, all’insegnamento, agli anni d’oro all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico in cui la regia era ancora un atto religioso per esplorare l’esistenza umana.
“Fatevi condizionare il meno possibile da una società che finge di darci il massimo della libertà”  non sono le ultime righe di un testamento. È una lucida e amara consapevolezza che il fidato amico Camilleri ci aveva sussurrato sul divano mentre ci stavamo ubriacando di narcisismo inconsistente, tenendo in mano il bicchiere rotto del falò della vanità social.

LA SIGARETTA DI ADREA COME QUELLA DI ALDA

La sigaretta di Camilleri mi ricorda quella di Alda Merini: mi rassicurò lo sbuffo, l’odore del tabacco mescolato alla carezza della poetessa in un camerino del Filodrammatici di Milano. Chissà cosa direbbero entrambi su questa dolorosa penombra che ha stravolto le nostre vite.  Chiediamolo alle loro opere, la cui luce aveva illuminato le zone oscure di quel che restava della nostra coscienza civile, ma noi eravamo troppo distratti.

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