Per un paio di secoli abbiamo pensato che il QI, quoziente intellettivo, ci distinguesse dal resto del mondo animale e facesse di noi una specie privilegiata e superiore, soprattutto superiore, al resto del cosmo, alieni compresi. Poi è apparso il QE, quoziente emotivo, e per circa 70 anni abbiamo rivoluzionato la nostra visione del mondo, lavorando sull’apprendimento dell’empatia, dell’intelligenza emozionale, su tutto quel mondo soft skill che tanto ha umanizzato l’asettico entourage dei numeri, dei bilanci, delle strategie, della leadership tout court. Oggi la pandemia, prepotentemente, fa emergere un tipo di intelligenza che abbiamo sempre avuto, ma molto sottovalutato e che diventerà centrale, invece, nell’era del New Normal , il quoziente di adattabilità. Si puo’ misurare e puo’ anche predire quale sarà la nostra velocità di adattamento all’ambiente che continuamente si modifica, aiutandoci ad individuare strategie sane e preservando la nostra salute mentale. Capite bene come diventa dunque cruciale iniziare a misurarlo, consapevolizzarne la sua dimensione nel nostro “zaino degli attrezzi personali” e lavorarci sopra, svilupparlo, ampliarlo, renderlo elemento di forza e distintivo del nostro futuro comportamento.
Perché ad oggi , a leggere i giornali siamo tutti più depressi, inclini a mangiare in modo disordinato, ad assumere psicofarmaci molto più di un anno fa. È l’effetto dei lockdown. Passata la fase più d’emergenza del Covid, si iniziano finalmente a studiare gli effetti che la pandemia produrrà nel lungo periodo. Effetti economici,con chiusura di aziende, spostamento di produzioni e licenziamenti. Ma anche i segni che il Covid lascerà sulle persone, sui loro corpi e sulla loro mente. Si tratta di un tema centrale per la società, e che riguarda direttamente le persone e le imprese: dal benessere dei lavoratori, dipenderà la loro sopravvivenza sul mercato e la loro capacità di essere cittadini efficaci. Il senso che una persona dà alla propria vita e le sue performance sul lavoro sono strettamente legati, vita privata e vita sociale sono connessi anche dal punto di vista emozionale e psichico.
Quello della salute mentale è una questione che esiste da ben prima che scoppiasse la pandemia, il Covid lo ha solo esacerbato mettendolo sotto gli occhi di tutti. In molti Paesi occidentali gli imprenditori e i manager più accorti da tempo stanno lavorando per avere organizzazioni incentrate sul benessere (anche psichico) dei propri dipendenti e collaboratori. In Italia storicamente esiste una sottovalutazione dell’argomento, che si tende piuttosto a rimuovere. La pandemia lo ha messo in primo piano ed è bene iniziare ad affrontarlo. Forse se lo chiameremo “quoziente di adattabilità”, ci saranno meno resistenze rispetto al definirlo “parametro di salute mentale”. Ma sempre di questo si tratta: aiutare le persone ad essere piu’ consapevoli che mente, cuore e corpo sono inscindibili e restano nel pieno potere di coloro che se ne vogliono assumere la responsabilità. Anche, e forse soprattutto, in tempi duri come questi.
18 Aprile 2021