E(li's)booksLavorare stanca di Cesare Pavese

"Temeremo a star soli, ma vorremo star soli".

Il libro

La riedizione di “Lavorare stanca” di Cesare Pavese, curata da Alberto Bertoni per la collana «Interno Novecento», con nota al testo di Elena Grazioli, persegue fedelmente l’ultima volontà dell’autore, proponendo il testo così come Pavese scelse di pubblicarlo presso Einaudi, nel 1943, una volta giunta a piena maturazione una profonda modifica strutturale rispetto alla princeps, uscita per le Edizioni Solaria sette anni prima, con l’aggiunta di una trentina di liriche, il ripristino delle sei poesie censurate a suo tempo dal regime, la rimozione di alcuni altri testi e l’inserimento in appendice dei due testi di poetica, “Il mestiere di poeta” e “A proposito di certe poesie non ancora scritte”. Come evidenzia Bertoni nella lunga e approfondita introduzione al testo, «se si vuol racchiudere “Lavorare stanca” in una formula, la migliore rimane quella di “sperimentalismo realistico”, forgiata per le “poesie-racconto” che lo compongono da Edoardo Sanguineti, il quale le stimava proprio per la loro capacità di resistenza al “trionfo, tutto novecentesco, della poesia come lirica”».

La mia lettura

Il volume Lavorare stanca che raccoglie l’opera del Cesare Pavese poeta, è suddiviso così:

Introduzione di Alberto Bertoni

Nota al testo di Elena Grazioli

Sei sezioni tematiche :

Antenati

Dopo

Città in campagna

Maternità

Legna verde

Paternità

L’appendice è interessante, riporta i due scritti teorici: “Il mestiere di poeta” del 1934 e “A proposito di certe poesie non ancora scritte” del 1940.

Dalle poesie contenute in questa raccolta si può individuare una linea di demarcazione tra quelle scritte durante il confino a Brancaleone Calabro (Ulisse, Atavismo, Avventure, Donne appassionate, Luna d’agosto, Terre bruciate, Poggio Reale e Paesaggio [VI]) e quelle appartenenti alla prima edizione. Le poesie scritte a Brancaleone sono, mi sembra, più intime, personali, le altre invece risentono di una marca più universale, raccontano l’uomo nella precarietà della sua esistenza, sono simbolo di un momento storico.

Il linguaggio di queste poesie è un “giuoco sociale” per usare una espressione di un altro grande autore, Sanguineti, che come Pavese si era opposto al “poetese”. Pavese introdusse versi lunghi  che contenevano in nuce quella che diventerà la poesia neorealista di Pasolini, tutte le poesie presentano un hornatus semplice, la realtà è triste e malinconica.

Molto bella la seconda sezione, “Dopo”, in essa il tema generale è la donna, nella prima intitolata Incontro, Pavese immagina nella sua mente una donna ideale, fantastica e platonica che rincorre ma non riesce mai ad afferrare. La poesia si conclude con questi due versi:

L’ho creata dal fondo di tutte le cose/che mi sono più care, e non riesco a comprenderla”.

Poi ci sono le tre poesie dedicate a Fernando Pivano: Mattino, Estate e Notturno.

Nella prima, Mattino, si scorge la sensualità, il desiderio dello scrittore verso l’amica:

“L’ombra è umida e dolce come la sabbia/ di una cavità intatta, sotto il crepuscolo.”

Nella seconda, Estate

Ascolti./ Le parole che ascolti ti toccano appena.

Hai nel viso un silenzio che preme il cuore/con un tonfo, e ne stilla una pena antica

come il succo dei frutti caduti allora.

Pavese sembra meno sicuro della possibilità di essere ricambiato, è forse la poesia che ho trovato più romantica, struggente.

L’ultima, Notturno, è quella che esprime il rifiuto ricevuto, la delusione.

In Mattino era presente il mare, con i suoi movimenti e l’andirivieni delle onde, in Estate un giardino lussureggiante, colmo di frutti e colori, una collina in Notturno, qualcosa che ambisce a salire ma rimane a mezza strada, incompiuto.

L’uso della punteggiatura qui è incostante, fa immaginare il ribollire dei sentimenti dell’autore che cerca di rimanere calmo in superficie, l’immagine dell’amata diventa:

“la tua bocca ha la piega di un dolce incavo/tra le coste lontane.”

 Atmosfere sospese, l’io pavesiano si approssima a personaggi marginali come le prostitute, si coglie una sorta di alienazione e una evidente durezza del contesto cittadino.

Penso a Deola:

“la stuoia sul letto/ la sporcavano con le scarpacce soldati e operai,/ i clienti che fiaccan la schiena.”

“temeremo a star soli, ma vorremo star soli”.

La contraddizione introdotta dal “ma” è evidente. Vorremo tuttavia è una condizione che temiamo?

Desideriamo qualcosa di cui si ha paura? Si intuisce la paura della solitudine del poeta che però contemporaneamente la considerava indispensabile.

Ma c’è anche la sua donna

“La compagna era stesa con me: la finestra/era vuota, nessuno guardava, eravamo ben nudi.”

Nella poesia Lavorare stanca (che Alessia Paris ha illustrato nell’immagine che accompagna questa mia recensione)

“Traversare una strada per scappare di casa/lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira

tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo/e non scappa di casa.”

 “Bisogna fermare una donna/e parlarle e deciderla a vivere insieme.”

Troviamo verbi come “incontrare, attendere, soffermarsi”  eppure anche qui interviene la contraddizione, tutto rimane un proposito, l’incertezza attanaglia il ragazzo della poesia che non sa cosa sia giusto fare e da solo si condanna all’attesa.

“Tra le inutili luci, non leva più gli occhi”

I paesaggi delle poesie di Lavorare stanca sono certamente rivelazione di nostalgia, volendo riassumere i temi che emergono dai versi delle 70 poesie sono la solitudine, la nostalgia, le donne che hanno riempito le sue rappresentazioni poetiche (e narrative) e vengono raccontate soprattutto per l’amore inappagato, doloroso, le donne sono natura, sono radici, molte volte le descrizioni di una donna si confondono con quelle di un paesaggio, terra e uomini sono fatti della stessa sostanza, il sentire è corporeo, materico.

Ricordo e segnalo le poesie censurate dal fascismo che non furono inserite nella prima edizione della raccolta:

Pensieri di Dina, Il dio-caprone, Balletto, Paternità

Troppo osceni i riferimenti all’eros.

Un volume necessario per incontrare un Pavese emotivo, umano.

Lavorare stanca di Cesare Pavese

A cura di: Alberto Bertoni
Nota al testo: Elena Grazioli
Interno Poesia
Data di pubblicazione: 6 maggio 2021
Pagine: 220 € 12,00

Illustrazione di Alessia Paris –“ Poesia a matita”

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