Dopo SkuolaScuola, il conto della pandemia (e della Dad) lo pagano il Sud e le famiglie meno abbienti

La scuola non è uscita indenne dall’emergenza sanitaria. È ciò che emerge dai risultati delle prove INVALSI 2021, svolte in piena pandemia. Le perdite in termini di apprendimento si riscontrano soprattutto tra i ragazzi svantaggiati dal punto di vista socio-economico, con un netto divario tra Nord e Sud. In quinto superiore 1 studente su 2 sotto i livelli minimi accettabili

La scuola è stata al centro del dibattito fin dai primi giorni della pandemia. Non succedeva da decenni che, per un’emergenza di tale gravità, intere nazioni in tutto il mondo fossero costrette a lasciare gli studenti a casa e chiudere gli istituti. Prontamente si è cercato di garantire a tutti l’accesso all’istruzione tramite la didattica a distanza, con i suoi pro e i suoi contro. Un salvagente che sicuramente ha svolto un ruolo salvifico ma che non ha impedito ciò che in molti si aspettavano: un generale danno all’apprendimento dei nostri ragazzi, come dimostrano i risultati del primo rapporto INVALSI ai tempi del Covid (e quindi della Dad). Perché la scuola in presenza è un’altra cosa e, come sostiene Anna Maria Ajello, presidente INVALSI, “la pandemia ci ha fatto scoprire la funzione sociale della scuola” che garantisce il benessere psicologico ma anche cognitivo dello studente. La scuola, infatti, “è l’istituzione che deve nutrire di conoscenze coloro che sono in crescita”.

Purtroppo però, come detto, il saldo delle competenze è fortemente negativo rispetto all’ultima rilevazione disponibile, con le performance peggiori che si concentrano soprattutto in alcune regioni del Sud e tra gli studenti provenienti dalle famiglie meno abbienti. Si salva solo la provincia autonoma di Trento, che è peraltro l’unica ad aver azzerato il fenomeno della dispersione scolastica implicita, ovvero il numero di studenti di quinto superiore, quindi praticamente diplomati, che non riescono a raggiungere il livello minimo accettabile in tutte le materie oggetto della rilevazione. A livello nazionale, invece, si è arrivati a una media di quasi 1 su 10. E anche guardando materia per materia, circa 1 su 2 non raggiunge questa soglia minima. Per loro è come se i cinque anni di scuole superiori fossero serviti per arrivare alle competenze base che dovevano già aver raggiunto in terza media. Ma queste sono solo alcune delle evidenze del rapporto.

INVALSI 2021, solo le primarie reggono

Perché i risultati del Rapporto Nazionale INVALSI 2021 fanno emergere una realtà dura ma forse prevedibile: se alle primarie (il ciclo che ha meno risentito delle chiusure nell’ultimo anno) il livello di competenze raggiunte sembra essere conservato, man mano che si va avanti con gli anni le problematiche si fanno sempre più evidenti. Con il Mezzogiorno che conferma la situazione più difficile, con gli studenti svantaggiati dal punto di vista socio-economico a pagare il prezzo più alto. A certificarlo l’analisi dei questionari svolti quest’anno che, nonostante tutto quello che è successo, hanno coinvolto oltre 1.100.000 allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 530.000 studenti della scuola media (classe III) e circa 475.000 studenti di quinta superiore. 

Nel dettaglio, è possibile vedere come la scuola primaria sia riuscita ad affrontare la pandemia garantendo risultati pressoché uguali a quelli del 2019. Già dai primi anni di scuola emergono però segnali che fanno intravedere ciò che sarà più evidente alle scuole medie e superiori. In Italiano, in Inglese e in misura maggiore in Matematica si riscontra infatti una differenza dei risultati tra scuole e tra classi nelle regioni meridionali. Ciò significa che la scuola primaria nel Mezzogiorno fatica maggiormente a garantire uguali opportunità a tutti.

Le problematiche emergono già alle medie

Ma già alle scuole medie, le buone notizie finiscono. Rispetto al 2019 i risultati del 2021 di Italiano e Matematica qui sono più bassi, mentre per fortuna quelli di Inglese rimangono stabili. In tutta Italia, gli studenti che non raggiungono rendimenti in linea con quanto stabilito dalle Indicazioni nazionali (livello 3 per Italiano e Matematica, per l’Inglese il livello A2), sono il 39% in italiano – con +5 punti percentuali rispetto sia al 2018 sia al 2019 -, mentre in matematica si tratta di ben il 45%, anche qui con +5 punti percentuali rispetto al 2018 e addirittura +6 punti percentuali rispetto al 2019. 

In Inglese-reading arranca il 24% (-2 punti percentuali rispetto al 2018 e +2 punti percentuali rispetto al 2019), mentre il valore si assesta sul 41% in Inglese-listening (-3 punti percentuali rispetto al 2018 e +1 punto percentuale rispetto al 2019). 

Ma ciò che preoccupa di più in un quadro già allarmante di per sé è che, chi accusa le perdite maggiori in termini di apprendimento, sono gli studenti che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli. Senza contare che i divari territoriali tendono ad ampliarsi. In alcune regioni del Mezzogiorno (in particolare Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) circa la metà degli studenti non raggiunge le competenze minime in Italiano, addirittura il 60% in Matematica, il 30-40% in Inglese-reading e il 55-60% in Inglese-listening. Solo Trento e Friuli Venezia Giulia rimangono al di sopra della media del 2018.

Alle superiori le peggiori perdite nell’apprendimento

Le cose peggiorano ulteriormente alle superiori, che è anche il ciclo scolastico più penalizzato dalle chiusure nell’ultimo anno e quello che è ricorso più frequentemente alla didattica a distanza. I risultati del 2021 per la quinta superiore sono generalmente più bassi rispetto al 2019, eccetto che per inglese, l’unica materia che rimane stabile. In Italiano, sono al di sotto delle competenze adeguate per il livello ben il 44% degli studenti (+9 punti percentuali rispetto al 2019). In Matematica addirittura più della metà dei ragazzi non ha il livello adatto alla classe frequentata, il 51% (+9 punti percentuali rispetto al 2019). Non ottimi i risultati in inglese, ma comunque in linea con la precedente rilevazione: in inglese-reading non arriva al livello B2 richiesto il 51% (+3 punti percentuali rispetto al 2019), mentre in inglese-listening ben il 63% (+2 punti percentuali rispetto al 2019).

Il divario territoriale è netto: il Mezzogiorno arranca

Se nei cicli precedenti le differenze tra le regioni hanno iniziato a manifestarsi, arrivati all’ultima classe della secondaria di secondo grado il divario è netto. Esistono infatti percentuali molto elevate di ragazzi al di sotto del livello minimo nelle regioni del Sud, in particolare in Campania e Puglia. Qui oltre la metà degli studenti non raggiunge nemmeno la soglia minima di competenze in Italiano (Campania 64%, Calabria 64%, Puglia 59%, Sicilia 57%, Sardegna 53%, Abruzzo 50%). Situazione ancora peggiore in Matematica, con percentuali di studenti sotto il livello minimo di competenza quasi drammatiche (Campania 73%, Calabria e Sicilia 70%, Puglia 69%, Sardegna 63%, Abruzzo 61%, Basilicata 59%, Lazio 56%, Umbria 52%, Marche 51%). Le percentuali di allievi che, al Sud Italia, non raggiungono il traguardo stabilito per Inglese-reading diventano veramente alte sia per inglese reading (Campania 68%, Puglia e Calabria 67%, Sicilia 66%, Sardegna 63%, Basilicata e Abruzzo 61%, Umbria 56%, Lazio 55%) che per Inglese-listening (Calabria 82%, Campania 81%, Sicilia 80%, Basilicata 80%, Puglia 78%, Abruzzo 76%, Sardegna 71%, Umbria e Molise 67%, Lazio 65%, Marche 61%, Toscana 59%, Liguria e Piemonte 54%, Emilia-Romagna 53%, Veneto 51%).

Anche in questo caso, tra gli allievi che provengono da contesti socio- economico-culturali più sfavorevoli la condizione si aggrava ancora di più, con percentuali quasi doppie di livelli al di sotto del minimo tra gli studenti provenienti da un contesto svantaggiato rispetto a chi vive in condizioni di maggiore vantaggio.

Quando l’abbandono c’è, ma è nascosto: la dispersione implicita

Secondo INVALSI, inoltre, la pandemia potrebbe aver aggravato il problema della dispersione scolastica, soprattutto nelle sue componenti più difficili da individuare. Cosa succede, ad esempio, quando uno studente pur non avendo abbandonato la scuola, esce comunque dal ciclo scolastico senza le competenze fondamentali? Come se, in effetti, gli mancassero interi anni? Anche questi giovani, infatti, pur non essendo “dispersi” a livello formale” difficilmente avranno buone prospettive di inserimento nella società, non molto diverse da quelle degli studenti che non hanno terminato la scuola. Questo è quel che si dice “dispersione scolastica implicita o nascosta”: nel 2019, si attestava al 7%; un numero che indica la percentuale di quanti, tra i diplomati alle scuole superiori, pur avendo ottenuto “il pezzo di carta”, aveva competenze di base attese al massimo al termine della seconda superiore o della terza media

Purtroppo, con la pandemia, nel 2021 la situazione si è rivelata ancora più grave: la percentuale della dispersione scolastica implicita ha raggiunto il 9,5% e, in alcune regioni del Meridione, ha superato ampiamente valori a due cifre (Calabria 22,4%, Campania 20,1%, Sicilia 16,5%, Puglia 16,2%, Sardegna 15,2%, Basilicata 10,8%, Abruzzo 10,2%). Proprio in quei luoghi in cui anche il numero di chi abbandona materialmente la scuola è decisamente più alto della media nazionale. L’unico territorio italiano che è riuscito ad azzerare la dispersione implicita, come anticipato, è la Provincia Autonoma di Trento, che ha anche confermato ottimi risultati in tutti gli altri aspetti della rilevazione. 

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