Oggi vi racconto l’Iran di Transiti.
Il libro
Negli anni che precedono e seguono la rivoluzione iraniana, il crescendo di atti di restrizione libertaria motiva tentativi di fuga e volontà di autodeterminazione. Le ondate diasporiche, perlopiù verso Europa e Stati Uniti, lentamente tramutano le estraneità vissute in patria in un posizionamento instabile, contrassegnato da “stati del tra” e definizioni confuse. Questa narrazione a più voci vorrebbe abbattere almeno una parete delle mura invisibili sollevate attorno alle opere letterarie di autrici irano-americane di differenti retaggi e generazioni. Poesie, racconti, romanzi e memoir sono la mappa di un’indagine che raccoglie tracce di straniamento e le esamina come prove di riscrittura del sé. Oscillazioni e spaesamenti sembrano predisporre ogni scrittura a essere strumento di revisione di una condizione identitaria incerta, trame e composizioni sono rilette come drammatizzazioni visibili di un transito.
La mia lettura
Transiti parla di Iran. L’Iran con la sua magia e le sue contraddizioni, l’Iran di Zarathustra, terra di incontri tra mercanti e nomadi, di metamorfosi religiosa che contiene le complesse declinazioni che vanno dal politeismo, al Mazdeismo, all’Islam, che passa dalla monarchia Pahlavi alla Repubblica Islamica dell’Iran sorta dopo la Rivoluzione del 1979. Una immersione profonda nella storia dell’Iran dunque, con uno sguardo indietro all’antica Persia, un luogo teatro anche di scontri tra eserciti su un territorio sconfinato di deserti e di montagne.
Nell’introduzione l’autrice scrive:
“Questo lavoro prende le mosse da un istinto di conoscenza e da una connessione sentimentale. Uno o più mondi altri, quelli che facilmente potremmo imbavagliare con preconcetti, si sono fatti largo per immaginari e voci di esuli. A volte, sono state performances nate oltre le frontiere di comunità, altre, scritti e testimonianze che hanno sparso frammenti fuori e dentro gli esodi di un Paese: l’Iran, sotto perenne assedio mediatico ed emarginazione di chi vorrebbe occuparsi dei suoi volti.”
I temi affrontati, complessi e affascinanti, sono
La diaspora iraniana con la conseguente perdita e contaminazione del sé, Azar Nafisi e il canone occidentale, la sua “Leggere Lolita a Teheran”, la “Riscrittura” per generare memoria, Azadeh Moaveni e la ricerca delle origini, l’ironia di Firoozeh Dumas.
Questo e molto altro ho trovato in Transiti di Giulia Valsecchi.
Il fulcro di questo lavoro io ve lo spiego citando questo passo:
“[…] il processo che inscena la scrittura memorialistica come genere simbolo – per qualcuno, già consumato cliché – della letteratura iraniana e femminile d’esilio implica che vi si possano rintracciare anche dialettiche non scontate di riconversione e ridiscussione del senso di appartenenza. In particolare, i memoir di Azadeh Moaveni e Firoozeh Dumas percorrono una ricerca linguistica e un portato culturale ripetutamente schizofrenici. Se infatti, per Moaveni, l’analisi geopolitica è funzionale a esplorare le dissociazioni interiori, per Dumas, la volontà di mediare alla doppia assegnazione tra Iran e America sfocia nell’intento di fare dell’ironia il bilanciamento più desiderabile tra linee di confine opache. L’indagine di entrambe le traiettorie di racconto permette di cogliere stati di smarrimento tra verità soggettive e riti di passaggio: gli andamenti opposti di drammatizzazione (o riscrittura) del sé vedono riposizionati paradossi e ibridazioni nel segno della cronaca in soggettiva di Moaveni e dell’umorismo didattico di Dumas.”
Ho letto Azadeh Moaveni e il suo Lipstick Jihad proprio grazie a Giulia Valsecchi. Lo scorso anno avevo già letto la storia dell’Iran di Farian Sabahi, mi sono avvicinata con un buon approfondimento a questo affascinante Paese, dunque Transiti mi ha trovata pronta a carpire le mille altre sfumature che mi ha mostrato l’autrice.
Ci spiega Valsecchi:
“Il tentativo, proprio delle scritture erranti, di venire a patti con la presunta inaccessibilità dei traumi scava fessure perenni tra lingua e memoria, nostalgia ed eredità socioculturale”.
Tiene conto, Giulia Valsecchi, anche di cliché e di pregiudizi legati a questa terra, ci si perde tra passato e presente, tra le pagine di libri che molti di voi avranno nelle loro librerie e che qui vengono svelati con un punto di vista originale.
Tante le riflessioni storiche oltre che letterarie, Giulia Valsecchi indaga sul significato che queste autrici provano a dare alla loro identità (individuale e di gruppo), l’atto della scrittura è la risposta naturale all’esperienza sia dell’esilio sia dell’essere stranieri nel Paese in cui si vive.
Un saggio che concentra magnificamente i punti di vista letterari (tematici e stilistici) dei percorsi di scrittura delle citate autrici irano-americane e apre le porte a numerose opportunità di approfondimenti.
Una scrittura raffinata con numerose citazioni in inglese e un’ampia sezione dedicata alla bibliografia, le note sono anch’esse strumento di approfondimenti e stimoli, una lettura consigliata anche agli appassionati di geopolitica.
Transiti di Giulia Valsecchi
Percorsi di scrittura femminile tra Iran e America
Editore: Mimesis
In commercio dal: 29 aprile 2021
Pagine: 192 p., Brossura € 18,00