E(li's)booksVoyager di Nona Fernández

"Le stelle sono legate da un medesimo destino".

Il libro

Accompagnando la madre a un esame neurologico, Nona Fernández nota come l’attività cerebrale della donna, proiettata sul monitor di una sala d’ospedale, abbia molte somiglianze con le immagini astronomiche che siamo tutti abituati a vedere e sia simile al più complesso intrico stellare. A partire da questa constatazione, l’autrice comincia a scrutare i meccanismi della memoria delle stelle e di quella degli uomini in cerca di simboli e analogie, assemblando una “costellazione di materiali” che le permette di indagare il tema a lei tanto caro del ricordo. Come una sonda esploratrice Voyager, la scrittrice cilena, con la sua “vocazione da drone meticcio che non fa altro che osservare e prendere appunti”, unisce i fili della memoria individuale con quelli della memoria collettiva, consapevole che è in quei frammenti discontinui, in quel mucchio disordinato di specchi rotti che alberga la biografia di ciascuno e che la memoria è un atto presente e la scrittura ha il compito di dargli un senso.

La mia lettura

Mia madre perde i sensi. Senza preavviso, senza un motivo apparente, cade a terra di colpo e si disconnette per un breve momento. […] Quel breve momento di disconnessione rimane occultato in un nascondiglio del suo cervello. […] I buchi neri che ora vagano tra i suoi ricordi quotidiani la rendono inquieta più dei lividi che eredita ogni volta che sviene”.

E’ da qui che parte la riflessione di Nona Fernández che con Voyager condivide momenti intimi della sua vita, della malattia di sua madre e del loro rapporto.

La memoria però non è solo quella individuale, Nona Fernández è cilena e la memoria di cui parla, quella che scompare in un buco nero inaccessibile, è memoria collettiva censurata dall’oppressione del potere.

Cito un autore (Oscar Wilde) che non ha niente a che vedere con l’argomento di cui sto parlando ma che ha detto una cosa verissima sulla memoria: “La memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé”, ma cosa succede se per qualche ragione le pagine di questo diario ci vengono strappate? La memoria autobiografica ed “episodica” custodisce i nostri vissuti connotati emotivamente e l’autrice in Voyager spiega in maniera originalissima quanta della sua memoria infantile sia stata filtrata dai compromessi imposti dalla dittatura.

La memoria è una sorta di “followspot” come quello che vediamo a teatro illuminare, seguire gli attori, sorprenderli, per svelarne i movimenti, le intenzioni. Legando uno all’altro i ricordi ecco che si va a formare una costellazione che non può essere perfetta perché è frutto di ricordi che nel tempo vengono “rimaneggiati” dalla memoria e dai sentimenti. La memoria collettiva va continuamente sezionata, vissuta, chi scrive si assume il compito di fare la storia, di dare un significato alle cose.

Scrivere, o forse è più giusto dire “trascrivere”, un ricordo è un atto presente che consente di dargli un senso.

Molto suggestive le pagine in cui viene descritto il deserto Atacama, un posto dove le stelle sono così brillanti che sembra di poterle toccare ma è anche il posto dove 45 anni fa sono stati assassinati 26 cileni dalla Carovana della Morte.

Forse dopo sentirò la deportazione nel deserto. Le urla, gli spari, il rumore delle mitragliette. […] So che li portarono fuori dal carcere in gruppi separati. […] So che poi li fecero scendere e li radunarono per giustiziarli. Come se avessero avuto di fronte un esercito nemico e non un gruppo di uomini legati e disarmati […] Un colpo di grazia non era sufficiente, bisognava anche ricorrere alle lame affilate dei coltelli”.

La memoria del passato è sicuramente il modo migliore per cercare di guardare al futuro con l’obiettivo di non ripetere gli stessi errori, “la storia siamo noi” direbbe De Gregori e penso sarebbe d’accordo Nona Fernández che rievoca in queste pagine Giordano Bruno, la sua storia persa lontano nel tempo è la stessa dei ventisei giustiziati:

Tutto si riconduce ad aver pensato in modo diverso. A morire per aver pensato in modo diverso”.

“Siamo fatti della stessa materia delle stelle”, lo diceva l’astronomo e divulgatore scientifico Carl Sagan circa 40 anni fa, siamo “cittadini dell’Universo” guardare il cielo è come leggere una storia che ci appartiene, Voyager è un omaggio alle due sonde che la Nasa lanciò nello spazio nel 1977 per poter osservare la cosiddetta “memoria stellare” e leggere questo memoir di Nona Fernández è emozionante perché non racconta la sua storia, non racconta la storia del suo Paese, racconta una storia che ci appartiene, basta aggiungere, ognuno, la propria desinenza.

Il 5 ottobre 1988 mia madre e mia nonna si alzarono molto presto per andare a votare. Era il giorno tanto atteso del plebiscito nazionale che avrebbe stabilito se Augusto Pinochet sarebbe rimasto al potere o se avremmo dovuto eleggere un nuovo presidente. […] Per qualche motivo mia madre e mia nonna, in piena dittatura, credevano nella regolarità del plebiscito. Erano convinte che andando alle urne ci fossero le condizioni per mettere fine a tanti anni di terrore. Non erano le uniche, gran parte del Paese lo credeva.”

Voyager non è un libro politico, è un album di famiglia.

Voyager di Nona Fernández

Traduzione di Carlo Alberto Montalto

gran vía editore

Pp 135 Brossura € 14,00