Lo scorso 12 gennaio la Conferenza Stato-Regioni ha adottato uno schema di decreto interministeriale sulle piante officinali. Il documento definisce “l’elenco delle specie di piante officinali coltivate nonché criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee”; come ha spiegato il Presidente della Commissione Agricoltura della Camera, Filippo Gallinella (M5S), è stato delegato alle Regioni il compito di stilare un elenco delle piante officinali.
Il documento interministeriale contiene anche una disposizione inerente alla “coltivazione delle piante di Cannabis ai fini della produzione di foglie e infiorescenze o di sostanze attive a uso medicinale”; in sostanza, il provvedimento ribadisce come tale attività ricada nel perimetro normativo del DPR 309/90 (“Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”), meglio noto come “Testo unico sulle droghe”.
L’effetto del decreto sul settore della cannabis light
La portata dell’aggiornamento normativo determinato dall’adozione del decreto interministeriale si può desumere dalle parole dello stesso Gallinella: “Per quanto riguarda la cannabis sativa L. (l’unica varietà ammessa liberamente alla coltivazione ai sensi della Legge n. 242 del 2016, n.d.r.), il decreto fissa le specie ammesse. Per le foglie e le infiorescenze, restano le regole definite dal D.P.R. 309/90. Il provvedimento chiarisce, inoltre, che la vendita è disciplinata dalle norme di settore e, per quanto riguarda l’uso alimentare, è subordinata al Regolamento 178/2002”.
In pratica, il quadro normativo inerente la coltivazione e la trasformazione della canapa (cannabis sativa Linneus) non ha subito alcuna modifica sostanziale; il decreto interministeriale non ha reso illegale la cosiddetta ‘cannabis light’ (ossia i derivati della canapa i cui limiti di THC rientrano nei valori massimi individuati dal Decreto 4 dicembre 2019 emanato dal Ministero della Salute) ma ha semplicemente ribadito quanto già statuito dai preesistenti riferimenti normativi.
Di conseguenza, la produzione di infiorescenze di canapa destinate ad uso medico (o all’estrazione di sostanze attive) resta subordinata all’ottenimento di una specifica autorizzazione da parte del Ministero della Salute.
Per quanto riguarda altri utilizzi, di tipi tecnico, collezionistico o espositivo, l’impatto del nuovo provvedimento è praticamente nullo; di conseguenza, gli operatori della filiera produttiva, così come i rivenditori al dettaglio potranno continuare ad operare come fatto finora, nel rispetto delle disposizioni previste dalla Legge 242/2016. I derivati light della cannabis sativa continueranno ad essere reperibili nei negozi e presso e-commerce specializzati come Raskal.
Le reazioni delle associazioni di settore
In linea di massima, le associazioni di filiera hanno accolto favorevolmente ma, al contempo, hanno sottolineato come si sia persa l’occasione per dirimere le ambiguità normative relative alle infiorescenze e alle foglie di cannabis.
Agrinsieme, come riferisce una nota ANSA, sottolinea il mancato ricevimento delle sollecitazioni a favore di una modifica del decreto per la valorizzazione delle coltivazioni di cannabis a basso THC. “Si è quindi persa l’occasione” – si legge – “di fare chiarezza sul piano normativo e di dare una spinta propulsiva a un comparto che ha tutte le potenzialità, a livello agricolo e di trasformazione, di attrarre risorse e investimenti”.
Dello stesso tenore il chiarimento congiunto diramato da Canapa Sativa Italia, Resilienza Italia Onlus, Sardinia Cannabis, Sativa Molise e LaCanapaCiUnisce, ovvero le associazioni della filiera della canapa che partecipano al tavolo tecnico presso il Ministero dell’Agricoltura. Tali associazioni, fanno sapere, “non hanno nulla contro l’inquadramento tra le piante officinali o le spontanee di Cannabis sativa Linnaeus in quanto già in passato hanno già sostenuto la natura “oggettivamente officinale”, pur sottolineando come il decreto possa creare fraintendimenti. In aggiunta, ritenendo limitativo il riferimento esclusivo a semi e derivati, ritengono sia ancora necessario “chiarire la distinzione tra la coltura delle varietà ammesse per gli usi e le destinazioni previste dalla l.242/2016 dalla produzione di foglie, infiorescenze e sostanze attive derivate dalla cannabis per uso e destinazione alla filiera strettamente farmaceutica”.