Nel mondo dell’automazione c’è a Cortemilia (CN) una realtà leader in Europa, Brovind Vibratori S.p.A, guidata da Paola Veglio, con la sua personale visione di leadership e organizzazione aziendale. Classe 1979, con studi al Politecnico di Torino in Ingegneria elettronica e una lunga gavetta prima di diventare Amministratore delegato. La sua storia è lontana dallo stereotipo classico della donna in carriera, racchiude forte determinazione e impegno per la comunità, per lo sviluppo dell’azienda e per l’affermazione personale, in un settore ancora poco avvezzo alle figure femminili. Ed è proprio grazie a Paola Veglio che Brovind intraprende un percorso di crescita, passando da 39 addetti ai 160 attuali, con un aumento del fatturato da 5,4 milioni a 18 milioni di Euro, senza dimenticare il respiro internazionale: apertura di una filiale in Brasile e inaugurazione entro i primi mesi del 2022 di una sede commerciale negli Stati Uniti. L’azienda riesce ad attrarre nuovi talenti, realizza un notevole reparto di ricerca e sviluppo, progetta soluzioni innovative e personalizzate, risponde alle mutevoli esigenze del mercato, in particolar modo alle richieste dei settori food, farmaceutico, automotive ed elettro-meccanico. Conviene ricordare che il settore economico dell’automazione industriale in Italia è uno dei più all’avanguardia e tra i più futuribili. Dopo le perdite economiche dovute all’emergenza sanitaria del Covid 19, il 2021 registra una crescita pari a circa 6 mila milioni di euro, trainata soprattutto dal recupero delle esportazioni e della domanda interna. Con Paola Veglio cerchiamo di comprendere il valore aggiunto della comunità, a beneficio dell’economia italiana.
La potenzialità economica di una comunità è un valore aggiunto poco sfruttato in Italia. Su quali basi sviluppa la sua azione nel luogo dove opera la sua azienda, a beneficio della popolazione della località?
«I tempi sono cambiati senza contare che in questo momento storico sia i comuni sia le aziende non possono fare affidamento a benefici e finanziamenti su larga scala. Se prima le amministrazioni comunali potevano contare su ingenti fondi da parte dello Stato e delle regioni a valle di un buon progetto, attualmente, un po’ per la scarsità di risorse e un po’ per la complessa macchina burocratica, è sempre più difficile ottenere finanziamenti. Quindi l’unica speranza odierna per far funzionare le comunità sul territorio è fare sinergia tra amministrazioni pubbliche, aziende, privati e terzo settore. Se questo delicato equilibrio funziona si possono fare delle grandi cose e, dove non arriva il pubblico, può arrivare il privato. Se l’individualismo non è mai stato premiante, oggi più che mai, fare rete e fare comunità rappresenta sicuramente un valore aggiunto e di successo. C’è bisogno di idee e di pragmatismo. Essere a capo di un’azienda di 150 persone, in amministrazione comunale, volontaria del 118 mi permette di conoscere tre mondi molto diversi tra di loro e con dinamiche completamente differenti. Questi tre mondi difficilmente si parlano e soprattutto quando si parlano usano linguaggi completamente diversi tra loro. Quando però si riesce ad accendere la scintilla e far comunicare il privato con il pubblico, senza dimenticare il terzo settore, allora i progetti che si portano avanti avranno un successo quasi assicurato. Non dobbiamo più aspettare che il cambiamento arrivi dal nulla, dobbiamo noi renderci parte pro attiva per un futuro migliore».
Rendere partecipi impiegati e persone al raggiungimento di un obiettivo non è soltanto un traguardo economico. Quali strategie adotta per coinvolgere le persone?
«Quello che ho cercato di fare per tanti anni è stato creare una squadra. Adesso la squadra c’è ed è forte e coesa. Il primo passo per realizzare un coinvolgimento è sicuramente portare rispetto ai dipendenti, come persone e come lavoratori. Solo così si sentiranno parte di un gruppo, con una ben precisa mission. Purtroppo tanti dipendenti, un po’ perché giovani e appena entrati, un po’ per mancanza di tempo, non conoscono tutte le iniziative sociali e territoriali che Brovind Vibratori S.p.A. porta avanti quotidianamente. Per questo motivo, prima della pandemia avevo cominciato a imbastire un discorso di reale coinvolgimento dei dipendenti. Il Covid non ha aiutato, creando non solo distanziamento fisico e quindi impossibilità di incontrarsi, ma anche distanziamento “emotivo”. Non appena la situazione epidemiologica si sarà un po’ stabilizzata, riprenderò in mano il progetto e cercherò di coinvolgere ancora di più i dipendenti, rendendoli partecipi di quello che la Brovind sta facendo in campo sociale e territoriale, senza tralasciare gli obiettivi futuri dell’azienda e i traguardi raggiunti».
Come promuove l’aspetto sociale dell’azienda inserita nella comunità in cui opera?
«Brovind Vibratori S.p.A. è un’azienda molto attenta alle esigenze sociali del territorio. Per questo ha sempre portato avanti iniziative che potessero servire alla comunità stessa, rendendosi parte attiva. Si sponsorizzano squadre sportive come ad esempio il calcio, servizi territoriali come la piscina, eventi importanti del Comune di Cortemilia. Questi servizi, in paesi piccoli come questo, sono fondamentali, per tutti i cittadini, ma anche e soprattutto per i giovani, che in questo modo vengono tenuti lontani da percorsi spesso più ”facili” e molto più pericolosi. Sono sempre stata attenta nel portare avanti tutto ciò, un po’ meno nel pubblicizzarlo. Strada facendo ho scoperto che è molto più facile promuoverli all’esterno che non all’interno. Molti dipendenti, soprattutto neo assunti, non conoscono con esattezza i progetti che stiamo portando avanti. Ed è un vero peccato. Covid permettendo, sto cercando di mettere in piedi un sistema motivazionale per i dipendenti, senza tralasciare in questo l’informazione della mission aziendale, che comprende anche l’aspetto sociale e l’attivazione di tutti questi servizi, mirati sempre al bene del dipendente, ma anche del territorio in cui abita».
Che ruolo svolge la formazione nel contesto aziendale e sociale?
«State toccando tutti i temi più sensibili e più critici del mondo del lavoro. Le aziende sicuramente devono produrre un utile, altrimenti tanti discorsi virtuosi non possono nemmeno partire. Poi ci vuole la sensibilità dell’imprenditore per portare avanti innovazione, idee, bene comune. Oggi è necessario molto coraggio nel far crescere un’azienda, per il contesto economico-sociale, ma soprattutto perché sembra che il bene più prezioso sia diventato il fattore tempo. La vita frenetica, a cui siamo quotidianamente sottoposti, ci porta troppo spesso a tralasciare elementi fondamentali, come quello della formazione. Sicuramente questa aiuta ad abbattere le barriere dell’incomprensione, della non conoscenza, ma soprattutto quelle che portano al terribile muro delle differenze. Differenze di genere, di colore della pelle, di religione. Continuo ad avere un sogno che si chiama inclusione sociale, dove tutti hanno gli stessi diritti e riescono a essere indipendenti».
Francesco Fravolini