Il sistema congegnato dall’ultimo Dpcm del 21 gennaio, che a chi è sprovvisto di green pass rafforzato consente l’accesso solo ad un numero ristretto di attività considerate essenziali, è una manifestazione dello Stato al suo peggio.
Un superamento del limite del buon senso e della misura. La rottura di un equilibrio su cui finora si era comunque retto il compromesso fra libertà e sicurezza sanitaria.
Di che si tratta?
Con il decreto legge n. 1 del 7.1.2022 il Governo ha modificato il decreto legge 22.4.2021 n. 52 (quello che detta l’impianto generale delle restrizioni basate sulla certificazione verde) per inserirvi il nuovo comma 1-bis, che vieta l’accesso alle attività commerciali a chi sia sprovvisto di green pass e, al contempo, delega il Governo stesso ad individuare gli esercizi a cui chiunque possa in ogni caso accedere per “assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona”.
Un primo dato è questo: una norma emanata dall’esecutivo (seppur con forza di legge) ha vietato l’accesso alle attività commerciali in genere, salvo che per assicurare esigenze essenziali della persona, e ha demandato ad un regolamento amministrativo (quale è un Dpcm) l’attuazione di tale previsione.
La norma del 7 gennaio avente forza di legge dice questo:
«Fino al 31 marzo 2022, è consentito esclusivamente ai soggetti in possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19 (…) l’accesso ai seguenti servizi e attività, nell’ambito del territorio nazionale:
(…)
b) pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari, attività commerciali, fatti salvi quelli necessari per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro della salute, d’intesa con i Ministri dell’economia e delle finanze, della giustizia, dello sviluppo economico e della pubblica amministrazione, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione»
Il Dpcm di ieri ha quindi individuato quali siano queste esigenze “essenziali e primarie” e quali siano le attività all’interno delle quali tali esigenze possano essere soddisfatte.
Peccato che non sia chiaro se la norma che abbiamo trascritto sopra abbia delegato il Governo ad individuare sia le esigenze essenziali che gli esercizi che le possano soddisfare, piuttosto che solo le esigenze essenziali o solo le attività commerciali che le possano soddisfare. Cioè, non è chiaro se la locuzione “individuate” si riferisca alle attività commerciali o alle esigenze.
Ad ogni modo si sa come funziona in Italia: il potere ti chiede una mano e poi si piglia un braccio. Per cui nel dubbio il Dpcm di ieri ha dettagliato sia le esigenze essenziali del cittadino soddisfacibili senza green pass che gli esercizi dove queste possano essere soddisfatte.
Le esigenze individuate come primarie sono quattro: 1) quelle alimentari e di “prima necessità”; 2) quelle di salute; 3) di sicurezza; 4) di giustizia.
Il Dpcm individua poi nove attività commerciali a cui si potrà accedere senza green pass per soddisfare le esigenze alimentari e di “prima necessità”: 1) esercizi con prevalenza di prodotti alimentari e bevande, 2) attività di rivendita di prodotti surgelati, 3) di animali domestici, 4) di carburante, 5) di articoli igienico-sanitari, 6) di medicinali, 7) di articoli medicali, 8) di materiali per ottica e 9) combustibile per riscaldamento.
Ora, non ci interessano gli scontati problemi di coordinamento e interpretazione che anche stavolta verranno risolti tramutando la sezione FAQ del Ministero in fonte del diritto (mutande e deodoranti soddisfano bisogni essenziali? Potranno essere acquistati in un supermercato? Bisogni sessuali soddisfacibili in un sexy shop possono essere considerati “esigenze primarie” di un individuo in un paese occidentale?).
Ci interessa il senso generale di un’operazione del genere.
L’individuazione per regolamento amministrativo (quale è un Dpcm) delle esigenze essenziali e quell’allegato che elenca le nove attività commerciali a cui sarà consentito accedere senza green pass per soddisfarle costituiscono il trionfo della burocrazia. Un esercizio amministrativo fine a sé stesso che trasuda sadismo.
Un esercizio per il quale la copertura data dal frettoloso decreto legge del 7 gennaio appare solo una vuota convenzione.
In Italia finisce sempre così. Il regolatore ci mette un attimo a tramutarsi in perverso burocrate. Le regole finiscono sempre per assumere un valore per sé stesse e non per la loro efficacia, in una specie di morbosa smania affabulatoria che diventa vessazione.
La regola che si fa vessillo, feticcio a cui sacrificare ogni briciolo di ragionevolezza rimasto.
Tenere i novax fuori dalle profumerie anche se indossano la Fpp2 è ideologia. Non è una misura efficace, è una misura idolatrica.
Un paese che scelga di individuare per legge le esigenze essenziali dei suoi cittadini è un paese sconfitto.
Firmato: un triplo vaccinato.