Sulle infiltrazioni russe in Veneto attraverso gli uomini della Lega ha scritto magistralmente Luciano Capone due giorni fa. Adesso vi facciamo toccare con mano la famigerata delibera con cui il Consiglio Regionale ha riconosciuto l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014. Una decisione con cui la Regione Veneto – unica in Occidente – si è posta sullo stesso piano di Corea del Nord, Kyrgyzstan, Uganda, Nicaragua, Zimbabwe e Siria.
L’Euromaidan
Per capire l’invasione russa della Crimea del 2014 bisogna prendere le mosse dall’Euromaidan (in ucraino “Europiazza”), la grande protesta tenutasi per oltre 90 giorni a Kiev per contestare la marcia indietro del presidente filorusso Viktor Janukovyč dall’accordo di associazione e libero scambio in programma con l’Ue.
Una protesta che sfociò in durissimi scontri fra manifestanti e forze di pubblica sicurezza, la cui genesi e il cui senso sono magistralmente documentati nel documentario “Winter on Fire”.
L’Euromaidan finì il 22 febbraio 2014, con la fuga di Janukovyč in Russia e la sua deposizione da parte del Parlamento, a seguito della strage di manifestanti compiuta da cecchini delle forze di sicurezza nei due giorni precedenti.
Per Putin, che dopo la rivoluzione arancione del 2004 era riuscito a proiettare nuovamente la sua ombra sull’Ucraina favorendo l’elezione di Janukovyč, fu una disfatta.
I cittadini rimasti in piazza così a lungo dimostrarono di essere disposti a pagare anche con la vita per il loro sogno di avvicinamento all’Europa e al mondo occidentale e la deposizione di Janukovyč allontanò le ambizioni russe di riportare l’Ucraina sotto la propria influenza diretta.
L’annessione della Crimea
La reazione di Putin si svolse su due fronti. Il primo consistette in una fortissima propaganda che dipinse l’Euromaidan come un golpe (guardate “Winter on Fire” e giudicate voi) e il nuovo governo ucraino come una congrega di nazisti fomentati dall’Occidente contro la Russia.
Il secondo fronte fu la Crimea, dove Putin aveva già meticolosamente preparato il terreno con una pesante campagna di pressione e disinformazione iniziata anni prima: il 26 febbraio, a soli quattro giorni dalla vittoria dell’Europiazza, le forze filorusse iniziarono le operazioni di occupazione della penisola.
Il resto è storia purtroppo nota: il 27 febbraio truppe senza insegne si impadronirono delle sedi del Parlamento e del Governo della Crimea e il 16 marzo – in questo clima di occupazione militare – si tenne il famigerato referendum sull’annessione alla Russia, annessione poi sancita il 18 marzo 2022 dal Cremlino.
In una ventina di giorni la Crimea venne così sottratta all’Ucraina.
L’intero processo venne naturalmente accompagnato da una notevole spinta propagandistica da parte di Mosca, che da allora iniziò anche ad infiltrare i media occidentali cercando di ridefinire il dibattito a favore della Russia.
Venetikstan
Se in piazza Maidan si è lottato per la libertà, in Veneto ci si è battuti per l’annessione.
La propaganda russa è infatti giunta ai massimi vertici istituzionali della Regione.
Prova ne è la deliberazione n. 103 del 18 maggio 2016, con la quale il Consiglio Regionale Veneto ha approvato la risoluzione presentata dai consiglieri della Lega e della maggioranza che sostiene Luca Zaia (opposizioni contrarie).
Nella premessa la risoluzione tratta in poche righe oltre mille anni di storia, provando a narrare, naturalmente, pochi episodi utili alla causa.
Dopo aver spiegato che «la penisola di Crimea presenta da sempre un miscuglio di popolazioni di lingua ed etnia diverse», la risoluzione afferma che «l’importanza della Crimea per la Russia fu sancita dal battesimo sulla penisola del principe Vladimir, che fu il primo sovrano russo a convertirsi al Cristianesimo nel decimo secolo e che fu successivamente santificato».
Tralasciando commenti sullo scontato riferimento religioso che fa molto foto di Salvini con la Bibbia e patriarca Krill, vero è che Vladimir I non fu un sovrano “russo”, ma fu il più celebre monarca di Kiev e che fu Kiev la culla della moderna Russia.
La Kiev che conosciamo oggi venne infatti fondata alla fine del IX secolo d.c., divenendo il centro di quella che gli storici chiamano Rus’ di Kiev (rus’: “uomini che remano” nelle antiche lingue scandinave) una grande entità medievale degli slavi orientali che arrivò ad estendersi sui territori dell’odierna Ucraina, della Russia occidentale, della Bielorussia, della Polonia, della Lituania e della Lettonia ed Estonia orientali.
Solo dalla frantumazione di tale entità nacque Mosca come piccolo avamposto militare, nel 1147. Se si vuole fare ricorso al passato come fanno Putin e il Consiglio Regionale Veneto, allora bisogna dire che la Russia è nata a Kiev. Che la primogenitura rispetto a quello che sarebbe un unico grande popolo “russo” è di Kiev, non di Mosca.
Pertanto, se re Vladimir I è stato battezzato in Crimea, come afferma la risoluzione veneta, si può dire che la Crimea sia altrettanto importante per l’Ucraina.
Le premesse della risoluzione del Consiglio Regionale proseguono affermando che «nel 1954 la penisola fu attribuita dall’URSS alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina senza previo consulto della popolazione».
È vero, la cessione della Crimea fu deliberata dal governo russo (evidentemente abituato a consultare la popolazione solo quando gli conviene), ma va ricordato che la popolazione della Crimea si espresse in maggioranza nel referendum del 1991 per l’indipendenza dell’Ucraina (e quindi della stessa Crimea) dalla Russia. Un referendum un po’ meno sospetto di quello tenutosi in un clima di occupazione militare nel 2014.
Perciò la narrazione del Consiglio regionale è quantomeno lacunosa.
Le premesse della risoluzione terminano spiegando che il 16 marzo 2014 «il popolo di Crimea ha manifestato la volontà a costituirsi in uno Stato indipendente».
Non è proprio così. Il quesito sottoposto dalle autorità russe (pardon, di Crimea) non prevedeva l’opzione della indipendenza. Le due soluzioni proposte erano:
- Sei a favore del ricongiungimento della Crimea con la Russia come soggetto federale della Federazione Russa?
- Sei a favore del ripristino della Costituzione del 1992 e dello status della Crimea come parte dell’Ucraina?
Mancava cioè la terza opzione possibile: che la Crimea rimanesse parte dell’Ucraina col suo statuto di autonomia risalente al 1992. In alternativa all’ingresso nella federazione russa, il quesito poneva infatti solo il ritorno della Crimea allo status di dipendenza totale da Kiev anteriore al 1992. Chiaro il giochetto, no?
Se ci aggiungete che la domanda venne posta mentre i palazzi del Governo e del Parlamento erano occupati dalle forze militari russe, capirete bene perché si trattasse pressoché di una domanda retorica. Una trappola per le stesse aspirazioni di indipendenza della penisola: ciò che avvenne non fu autodeterminazione, come la racconta il Consiglio regionale veneto, ma annessione.
Per cui fa sorridere la risoluzione veneta laddove bacchetta l’Occidente spiegando che «l’Unione Europea e lo Stato Italiano hanno rifiutato il riconoscimento del principio di autodeterminazione contenuto nelle norme del Diritto Internazionale nei confronti della popolazione della penisola di Crimea».
In mala fede, invece, l’accostamento alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, che per la risoluzione del Consiglio Regionale sarebbe stata scorrettamente giudicata dall’Ue con un metro differente.
Nel caso del Kosovo vi era infatti un perimetro di legittimazione ben diverso, che partì dalla Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e sfociò nella decisione della Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja che riconobbe la legittimità della dichiarazione di indipendenza.
Insomma, quello del Consiglio Regionale Veneto è un paragone strumentale che non tiene.
La risoluzione conclude invitando il Presidente Luca Zaia «ad attivarsi presso il Governo ed il Parlamento Nazionale e le Istituzioni Europee per la revisione dei rapporti tra l’Unione Europea e la Federazione Russa, evidenziando i danni irreversibili alla nostra economia provocati dalle loro scelte scellerate ed irresponsabili anche alla luce della sicurezza internazionale».
Avete letto bene: nella retorica filorussa della Lega veneta sono l’Europa e l’Occidente che mettono a repentaglio la sicurezza internazionale.
Infine, ce n’è anche per il Governo italiano, che viene invitato «a riconoscere la volontà espressa dal Parlamento di Crimea e dal popolo mediante un referendum» e a «chiedere l’immediato ritiro delle inutili sanzioni alla Russia che stanno comportando gravi conseguenze all’economia del Veneto, i cui effetti sono destinati ad essere irreversibili e duraturi nel tempo».
Benvenuti in Venetikstan.