Sono iniziate le Prove INVALSI. I primi a sondare la propria preparazione saranno i ragazzi di quinto superiore, i prossimi maturandi. Ma, nonostante l’importanza di queste rilevazioni per valutare il sistema scolastico, non sempre i diretti interessati sono stati messi al corrente dello scopo e delle modalità con cui si svolgeranno. Proprio loro che, invece, ne potrebbero trarre un beneficio, perché gli esiti delle Prove potrebbero aiutare a valutare l’impatto della pandemia sullo sviluppo delle proprie competenze di base, potendo così progettare gli interventi necessari per il loro eventuale recupero. A mostrarlo è un sondaggio condotto da Skuola.net, a due settimane dall’inizio, su un campione di 3.000 studenti che tra qualche mese dovranno affrontare l’esame di Stato. Ecco i loro dubbi principali.
Il calendario
Il calendario prevede lo svolgimento delle Prove INVALSI dal 1° al 31 marzo per gli alunni di quinta superiore, dopodiché man mano toccherà a tutti gli altri studenti delle classi oggetto di rilevazione: i gradi 2, 5, 8 e 10 (che tradotti in termini comprensibili ai più vuol dire II e V elementare, III media e II superiore). Tuttavia gli istituti non sembrano aver avvisato debitamente gli studenti. A pochi giorni dall’inizio delle Prove, infatti, appena 1 su 5 – il 18,9% – era al corrente che la sua scuola di lì a breve avrebbe svolto le Prove INVALSI. Il 10,3% pensava si tenessero ad aprile, il 12,2% addirittura a maggio. Per gli altri, scena muta.
Le materie
I ragazzi di quinto superiore dovranno affrontare le domande di tre Prove di altrettante materie: Italiano, Matematica, Inglese. Peculiarità di quest’ultima è la duplice versione “reading” (lettura) e “listening” (ascolto), per valutare le capacità di comprensione sia dei testi che delle conversazioni. Ma anche qui non tutti lo hanno ben presente: a indicarle tutte quante correttamente, infatti, è stato solo 1 su 2. Gli altri ne lasciano per strada una, se non due.
Le modalità di svolgimento
Le Prove sono del tipo Computer Based Test (CBT), ovvero si svolgono online al computer, nelle aule scolastiche o nei laboratori informatici della scuola, eccetto che per gli alunni delle primarie: solo loro, infatti, potranno svolgere le domande su supporto cartaceo. Ma, tra i maturandi intervistati, quasi 6 su 10 – il 56,5% – non erano aggiornati sul fatto che i quesiti, per quanto riguarda il loro grado, verranno proposti per l’appunto tramite postazioni PC: a selezionare questa opzione, infatti, è stato il 43,5% del campione.
La preparazione
Le domande contenute nelle INVALSI non richiedono studio mnemonico – come avviene per le tradizionali materie scolastiche – bensì attenzione e ragionamento. Le domande, infatti, sono costruite in modo da misurare la capacità di applicazione delle competenze acquisite durante gli anni di scuola, secondo l’adeguato livello richiesto per la classe frequentata. Ad esempio, nella comprensione di un testo scritto o nelle circostanze della vita reale che richiedono la capacità di fare di conto o di comunicare nella lingua straniera. Niente formule, date o nomi da ricordare. Anzi, in alcuni casi sono previsti degli ausili come formulari o calcolatrice integrati nella piattaforma informatica nella quale si svolge il test. Anche su questo, però, non c’è sufficiente consapevolezza: solo poco più della metà degli studenti intervistati (52,3%) pare averlo compreso. Gli altri, invece, stanno probabilmente ripassando pagine e pagine di libro in attesa delle Prove; e anche se lo studio non è mai un male, probabilmente questo non arrecherà loro un effettivo vantaggio nello svolgere le INVALSI.
La prova di Inglese e la certificazione
Sostenendo la Prova di Inglese del grado 13 – quella, per l’appunto, svolta dai maturandi – si ottiene anche una certificazione delle competenze possedute, con il relativo livello (“Non raggiunge B1”, “B1”, “B2”). A saperlo, però, è uno sparuto 13,1%, mentre il 7,5% ha sentito parlare della certificazione ma non dell’indicazione del livello. Attestato che, inoltre, potrà essere riconosciuto nei percorsi successivi (ad es. all’università).
La valutazione
Le Prove INVALSI, come già accennato, si basano su un sistema di valutazione in livelli, in una scala che va da 1 a 5 e che ruota attorno alle competenze minime che le indicazioni nazionali del Ministero dell’Istruzione richiedono per quella disciplina e per quel livello scolastico. Il conseguimento di queste ultime corrisponde al livello 3, mentre i livelli inferiori o superiori rappresentano risultati migliori o peggiori. Peccato che dimostri di esserne a conoscenza appena il 15,1% degli intervistati. Il 17,3% pensa, al contrario, che verrà dato un voto in decimi, l’11% in centesimi, l’11,2% in lettere. Tutti gli altri preferiscono non esprimersi.
Il “peso” delle Prove sulla carriera scolastica
La funzione delle Prove INVALSI, complessivamente, è quella di misurare le competenze raggiunte dalla popolazione studentesca nei diversi gradi di istruzione, per avere un quadro generale dei punti di forza e di debolezza del nostro sistema scolastico. Grazie ai risultati delle Prove è possibile confrontare gli esiti a livello territoriale, o comprendere cosa è cambiato di anno in anno. Di certo, non hanno la funzione di pesare sul rendimento scolastico del singolo studente. Eppure, proprio a causa delle scarne informazioni recepite, molti maturandi le affronteranno con una certa ansia. Visto che poco più di 4 su 10 sanno bene che il risultato delle Prove non inciderà sulla carriera scolastica: solamente il 44,3% sa che non faranno media assieme agli altri voti presenti in pagella, una quota simile (42,4%) sa che la valutazione non “peserà” sul voto dell’esame di Maturità.