Il libro
Un quartiere a rischio di una città di mare siciliana in mano alla criminalità. Una “terra straniera” ma anche una sfida per Sonia, giovane docente in fuga dal passato. La scuola è fatta di classi “esplosive”, così chiamate dai professori per il livello disturbato e disfunzionale dei comportamenti degli alunni. La violenza del quartiere è quella dei ragazzi e delle loro famiglie: i docenti sono soli ad affrontarla e convivono con la frustrazione di poter fare poco o nulla. Sonia è una donna in cerca di se stessa dopo la morte del figlio. Il primo giorno di scuola viene accolta con un’improvvisata lapidazione a base di bottigliette di plastica e a salvarla accorre Andrea, collega d’Arte, con un passato legato alla criminalità. Nelle prime settimane i ragazzi testano il limite di Sonia tra rivolte e rabbia, banchi scagliati in aria e aggressioni. Ad aiutarla c’è soprattutto Stefano, un uomo sfuggente che alterna silenzi e fughe. Sonia ne rimane immediatamente colpita, ma Stefano mostra nei suoi confronti un comportamento contraddittorio, sicché i loro incontri si trasformano spesso in scontri, fughe e ritorni. Andrea invece riesce a stabilire una relazione con Sonia, fatta di passione e comprensione. Tuttavia il suo temperamento aggressivo degenera in violenza quando Stefano decide di non scappare più da lei. Sarà la gravidanza della donna a rimettere tutto in gioco. Sonia, Stefano e Andrea troveranno la forza di andare avanti insieme?
La mia lettura
Il disagio economico, la marginalità sociale, le difficoltà enormi che si trovano ad affrontare gli insegnanti che si confrontano quotidianamente con i drammi delle periferie urbane dove insegnare è un’impresa ciclopica, questi i temi alla base del romanzo di Simona Moraci che Aldo Cazzullo ha proposto come libro candidato al Premio Strega.
Del degrado delle aree urbane a rischio ne sentiamo parlare spesso, molti di noi hanno amici o familiari insegnanti che nella loro carriera si sono trovati ad affrontare queste difficoltà, le scuole rimangono uno dei pochi presidi educativi in mezzo al nulla, Duecento giorni di tempesta è ambientato in Sicilia, una regione che insieme alla Campania detiene un triste primato di scuole collocate in aree urbane degradate.
I quartieri a rischio si assomigliano nell’essenza.
[…] Avevo sentito parlare di una classe in particolare, definita “la bomba”, in quanto miscela esplosiva di giovani anime tormentate e, chiaramente, avulse alla scolarizzazione.
[…] Respirai e feci il primo passo: partì feroce il loro benvenuto a base di bottigliette d’acqua, rigorosamente piene. A salvarmi da un’improvvisata lapidazione a base di plastica fu Andrea. Sentii il suo corpo addosso, tirarmi giù, sotto la cattedra.
Qual è la leva motivazionale dei tanti insegnanti che affrontano queste difficoltà? Come fanno a superare i muri della diffidenza, il filo spinato della povertà non solo materiale ma anche e soprattutto emotiva?
Alla fatica fisica si aggiungeva l’agìto feroce dei ragazzi, di chi vuole amore senza saper cos’è e non ha la più pallida idea di come reagire se lo trova.
E’ facile cogliere nei ragazzi personaggi di Duecento giorni di tempesta la totale sfiducia verso il mondo adulto, verso ogni manifestazione di “potere” come può essere la figura di un educatore ma troviamo anche la solidarietà tra colleghi, il disincanto dei dirigenti scolastici che combattono contro profonde ingiustizie sociali, contro le carenze dei servizi e i pochi fondi a disposizione che non sono sufficienti per riuscire a mantenere qualunque promessa in grado di trattenere docenti e studenti.
Sonia, la protagonista di Duecento giorni di tempesta è una donna tormentata che spera di ritrovare proprio in un posto così complesso la speranza perduta, vuole dare e ricevere amore da quei ragazzi che la respingono, figli adottivi loro malgrado, vuole recuperare i valori che le sono venuti a mancare e due dei suoi colleghi di questo posto di frontiera, di questo “nonluogo”, rappresenteranno la chiave per una ripartenza, per rimettere in gioco sentimenti, per rischiare ancora in cambio di una vita che si arricchisce proprio nella povertà.
L’aria che si respirava non era mai troppo pulita: era come se la violenza sporcasse ogni cosa, e che il sangue arrivasse ovunque. Sino ai miei pensieri.
Impossibile non trovarsi a riflettere sul sistema scolastico italiano soprattutto dopo questi ultimi due difficili anni, un tema doloroso questo affrontato da Simona Moraci, voglio citare Aldo Cazzullo e le motivazioni che lo hanno spinto a candidare questo libro allo Strega:
«Ho letto un libro di un editore piccolo e perciò prezioso: Duecento giorni di tempesta di Simona Moraci (Marlin). Lo propongo per la qualità della sua scrittura, capace di raccontare emozioni e trasformazioni interiori e di rielaborare l’esperienza nelle scuole a rischio vissuta dalla stessa autrice. Una realtà poco conosciuta e che costringe gli insegnanti, in una frontiera così bene raccontata dalla scrittrice, a contrapporre l’affetto e la cura alla violenza e alla sopraffazione che si respirano in luoghi ai margini. Luoghi e figure che trovano nella pagina forza espressiva grazie a uno stile maturo. Nello stesso tempo, il romanzo scava nella complessità dei sentimenti, che investono la protagonista e due figure maschili, tra rinascita esistenziale e possibilità di rielaborare il passato per cambiare la propria vita. Il tutto con una narrazione diretta a fare di passaggi emotivi e momenti drammatici tasselli emozionanti di una forma romanzesca coinvolgente. Ironia e un tocco di leggerezza, nello stesso tempo, si amalgamano con gli elementi più sofferti.»
Duecento giorni di tempesta di Simona Moraci
Marlin editore
Pp 304 pp, € 16,90