A Napoli non c’è una lira neanche per il centro storico

A Napoli non c’è una lira neanche per il centro storico

Napoli. Dire “centro storico” è riduttivo. Perché Napoli è antica già dalla periferia e proprio nella diversità di paesaggi, frutto di una millenaria stratificazione culturale, ha una ricchezza senza pari. Il problema? È che in quel «paradiso abitato da diavoli» vivono 350mila persone, senza contare l’umanità che quotidianamente si riversa all’ombra del Vesuvio dalla provincia. Non ci sono i soldi per tutelare monumenti, targhe, palazzi, piazze; il paradosso è che la città, diventata patrimonio dell’Unesco nel 1995, negli anni del «rinascimento bassoliniano», ha da oggi un piano di gestione per il suo centro storico, ma non i soldi per metterlo in pratica. E così anche le mura greche e i palazzi borbonici diventano un’emergenza.

«I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici di epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell’Europa e al di là dei confini di questa»: con questa motivazione, tre lustri fa, il Bureau du Comité du patrimoine mondial dell’Unesco inconorava la città partenopea. Oggi lo spauracchio agitato da molti è il ritiro di questo patrocinio. È dunque in arrivo un nuovo schiaffo per una metropoli ferita dalle croniche emergenze della criminalità e dei rifiuti?

Di certo c’è che è stata interrotta la linea dei soldi che per anni partiva da Palazzo Santa Lucia, sede della Regione Campania, raggiungendo Palazzo San Giacomo (sede del Municipio), lì dove oggi Rosetta Iervolino vive gli ultimi mesi del suo tormentato mandato da sindaco. La scorsa primavera, quando Antonio Bassolino ha fatto fagotto lasciando la poltrona di governatore a Stefano Caldoro, il piano per il centro storico è cambiato radicalmente. Lunedì scorso, con sei pagine di delibera regionale è stata messa la pietra tombale su un primo finanziamento di trenta milioni di euro regionali proprio per la tutela dei gioielli partenopei. A finire nel cestino è stato il «Programma integrato urbano del centro storico di Napoli – Patrimonio Unesco», approvato un anno fa nelle ultime settimane della legislatura Bassolino, presentato in pompa magna con tanto di dettagliato sito web (http://www.centrostorico.na.it) e ora diventato carta straccia. Motivo? «Dare attuazione ai principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, evitare la sovrapposizione di azioni e di garantire una strategia unitaria», dice l’atto siglato dalla giunta regionale di centrodestra.

Dunque al Comune non resta che progettare coi pochi fondi in cassa. «Possiamo impegnare 20 milioni di euro all’anno, ne servirebbero 220», dice Rosa Russo Iervolino. Ma è chiaro che si tratta di un problema di chi da maggio prossimo governerà la città; per adesso si va avanti al lumicino. Gli esempi sono sotto gli occhi di residenti e turisti. In piazza del Gesù, cuore della città greco-romana, qualche mese fa sono iniziati a cadere calcinacci dall’Obelisco, oggi imbardato per evitare nuovi cedimenti. Nella piazza Dante ridisegnata da Gae Aulenti, per ripulire dai graffiti il monumento del Sommo poeta si chiede la sponsorizzazione dei privati cui spetterebbe il compito di allargare i cordoni della borsa con generosità: bisognerebbe installare anche un paio di telecamere, giusto per tenere d’occhio il «fiorentin fuggiasco».

L’amministrazione comunale partenopea, però, a dispetto della mancanza di liquidi, progetta e pianifica: vuole sollecitare i principali proprietari immobiliari di Napoli a ristrutturare le facciate dei palazzi e vorrebbe potenziare la governance per la tutela del patrimonio Unesco: i tre uffici addetti – spiegano dal Comune – svolgono solo il lavoro ordinario, non riescono a fare altro. E poi nuove strutture, nella città dei musei: «Alla nascita di nuovi spazi museali nell’area del centro storico – è scritto nel piano di gestione – si aggiungerà il Museo della Musica, in piazza San Domenico Maggiore, nell’ambito del più ampio progetto “la Città cantante”». Magnifico se non fosse per l’attuale situazione tutt’altro che positiva: il Museo “Madre”, creatura bassoliniana, contenitore d’arte moderna, è protagonista di una campagna contro i tagli voluti dall’attuale giunta targata Pdl (http://www.museomadre.it/underattack.cfm). L’altro museo d’arte contemporanea, il Pan, gestito dal Comune, vive momenti di tensione: ad alcuni funzionari e dirigenti non è stato rinnovato il contratto e potrebbero far fagotto a maggio, con la chiusura di questa consiliatura. Intanto il museo Filangieri di via Duomo è chiuso da anni, mentre negli altri siti il calo di visitatori ha convinto la Soprintendenza a una decisione che non conosce precedenti: offrire gratis l’ingresso ai musei di Capodimonte, Castel Sant’Elmo, Certosa e San Martino dal primo marzo al 30 maggio. Obiettivo: «Offrire un incentivo ai turisti e ai cittadini in una fase di grande difficoltà economica e di crisi dell’immagine della città». 

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