Il premier Silvio Berlusconi predica prudenza. Il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani chiede un momento di riflessione. La responsabile dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo avverte: «È finita, non possiamo mica rischiare le elezioni». Se tre indizi fanno una prova, il governo ha decisamente – e improvvisamente – frenato sul nucleare.
Mentre il decreto legislativo sul ritorno all’atomo supera indenne la prova del Parlamento (ieri tre commissioni su quattro hanno approvato il documento), l’Esecutivo rallenta. Per motivi politici, anzitutto. Il Cavaliere l’ha spiegato ieri sera ai suoi fedelissimi, riuniti a Palazzo Grazioli. Dopo la tragedia giapponese, il nucleare è diventato un tema scottante. Puntare con convinzione sull’energia atomica è una strategia sbagliata che rischia di ritorcersi contro la maggioranza. Anche perché tra meno di due mesi il Paese tornerà alle urne per le amministrative. Meglio prendere tempo, allora. Per non regalare un vantaggio al centrosinistra in vista della campagna elettorale.
A sorpresa, qualche ora fa è arrivata anche la presa di posizione del ministro Romani. Intervenuto a Borgo Sabotino, nel sud del Lazio, per inaugurare il nuovo elettrodotto marino di Terna, l’esponente del governo ha lanciato un appello per «fermarsi un attimo e capire cosa sia meglio fare». Una pausa nel percorso verso il ritorno al nucleare. «Tutti devono fermarsi un attimo – ha chiarito Romani – dobbiamo capire se gli stress test in Europa garantiscono sicurezza a tutti». Nessuna bocciatura. Il ministro conferma di rimanere «convinto della scelta nucleare». Seppure l’evento giapponese «deve portare tutti a riflettere».
Diventano fondamentali, a questo punto, le decisioni dell’Europa. Già ieri, intervenendo alla Camera dei deputati, il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo aveva sottolineato l’importanza di una linea comune dell’Ue sul nucleare. Pensiero condiviso dal premier durante l’ufficio di presidenza del Pdl. Il prossimo confronto internazionale è in programma lunedì prossimo. Quando a Bruxelles i ministri dell’Energia incontreranno gli operatori del settore.
Stefania Prestigiacomo è anche l’esponente del governo meno possibilista sul futuro dell’atomo italiano. Nel pomeriggio, durante un faccia a faccia con il collega dell’Economia Giulio Tremonti a Montecitorio, il ministro avrebbe avvertito: «È finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Dobbiamo uscirne, ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare niente, decidiamo tra un mese».
Ma a frenare sul nucleare non è solo l’Esecutivo italiano. Qualche ora fa la radio israeliana ha annunciato che – in seguito all’incidente giapponese – il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annullato il progetto di costruzione di una centrale, promosso dall’azienda elettrica nazionale.
Da noi intanto tornano a far discutere i no delle Regioni. Tutte, o quasi, contrarie all’ipotesi di ospitare centrali nel proprio territorio. «Sul nucleare decidono i territori» ha confermato poco fa il ministro delle Riforme Umberto Bossi. Poco male se in testa alla lista dei governatori anti-atomo ci siano alcuni tra i principali esponenti della maggioranza come Luca Zaia, Roberto Cota e Roberto Formigoni. «Il Veneto non vuole il nucleare – ha chiarito il Senatùr durante le celebrazioni per l’Unità d’Italia a Montecitorio – e loro sono autosufficienti». Una posizione non isolata all’interno dell’Esecutivo. Ieri anche il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia aveva spiegato che le centrali non saranno costruite senza l’autorizzazione delle Regioni interessate.
A sconfessare gli esponenti del governo è lo stesso decreto legislativo ormai prossimo all’approvazione. Documento che autorizza gli enti locali ad esprimere pareri sulla localizzazione degli impianti. Senza però dotarli di alcun potere di veto.