Il decreto del governo sul nucleare procede. Zoppicando, ma procede. Le commissioni Attività produttive e Ambiente della Camera e la commissione Ambiente del Senato hanno approvato il provvedimento sulla localizzazione, la realizzazione e l’esercizio degli impianti in Italia. Per concludere l’iter parlamentare manca solo il voto nella commissione Industria di Palazzo Madama, in programma martedì prossimo. Il giorno successivo, il Consiglio dei ministri approverà in via definitiva il decreto.
Poche le modifiche al testo. Tra queste l’obbligo per i titolari delle autorizzazioni di valutare periodicamente e migliorare costantemente la sicurezza dell’impianto sotto la supervisione dell’Agenzia nucleare; la creazione di specifiche campagne informative nelle Regioni in cui saranno realizzati i parchi tecnologici; la presentazione di un Piano di intervento per chi richiede di costruire le centrali.
Mentre il lavoro parlamentare va avanti, il governo frena. Già ieri sera – intervenendo durante il dibattito nelle commissioni congiunte della Camera – il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia aveva ammesso che non sarà costruita alcuna centrale senza l’assenso degli enti locali interessati. Oggi, al termine del voto, l’esponente del governo conferma. «Nonostante il decreto preveda un parere obbligatorio ma non vincolante delle Regioni – ha chiarito appena uscito dalla commissione Attività produttive – è chiaro che non costruiremo un impianto nucleare contro la volontà degli enti locali interessati. Se c’è una realtà ostile non si può mica chiamare l’esercito».
Dunque se tutti i presidenti delle Regioni diranno di no, l’Italia dirà addio al nucleare? Saglia non è d’accordo. «Le posizione espresse da alcuni governatori in questi giorni non hanno alcun valore – continua – quando saranno stabilite le singole localizzazioni sarà tutta un’altra storia. Allora vedremo davvero chi non è d’accordo». E proprio sulle localizzazioni l’esponente del governo prende tempo. Prima del 2012 non sarà individuato alcun sito. «Anche perché – conclude il sottosegretario – devono ancora essere approvati 23 provvedimenti tra norme e procedimenti amministrativi».
Mentre il Giappone è alle prese con la tragedia nucleare, il mondo si interroga sul futuro dell’atomo. In Parlamento, però, c’è chi si lamenta per l’assenza di un appropriato dibattito. L’iter del decreto legislativo ha creato qualche polemica. Ieri pomeriggio si sono dovuti sospendere i lavori delle commissioni perché il governo non aveva inviato rappresentanti. Oggi sono stati sufficienti poco più di venti minuti per il voto finale. Tempi contingentati per l’approssimarsi della scadenza del provvedimento (la delega al governo scade il 23 marzo). Ma anche, come mormora qualche maligno in Transatlantico, per l’avvicinarsi del ponte festivo. «Altro che procedura urgente – sorride un parlamentare – procedura fulminea».
Quando alle 14.30 le due commissioni della Camera si riuniscono, la maggioranza scopre di non avere neppure i numeri per l’approvazione. I lavori cominciano, si cerca di perdere tempo. Nel frattempo vengono contattati alcuni parlamentari per sostituire gli assenti. La seduta dura poco. Dopo qualche minuto gli esponenti del Pd escono. Una secessione aventiniana. «Non partecipiamo a questa commedia», tuona Andrea Lulli a nome di tutto il gruppo. «Ci chiedono di affrettare i tempi, ma in commissione i ministri non vengono. Ci hanno mandato solo il povero Saglia (giunto appositamente da Brescia, nonostante un malanno, ndr)». Curiosamente, i ministri Romani e Prestigiacomo sono proprio a Montecitorio (per il question time). Ma nessuno dei due si presenta in commissione. «Di fronte a queste prese in giro noi ci rifiutiamo di votare», continua Lulli. Risultato: il parere positivo sul decreto legislativo viene approvato senza problemi. Con i voti del Pdl, della Lega, dei Responsabili. Ma anche di Futuro e Libertà e dell’Udc (con l’esclusione di Savino Pezzotta, astenuto).