Si fa seguire da un Red Ronnie armato di telecamera per commentare gli avvenimenti politici con tono intimista. Balla il waka waka (guarda il video) in diretta televisiva su Canale 5. Sfoggia uno smalto dark al confronto televisivo su Sky con il suo avversario. Stiamo parlando, ovviamente, di Letizia Moratti, il sindaco uscente di Milano che ha voluto imprimere alla sua campagna un tono rock-giovanilista e molto accentrato sulla sua figura.
Se la scelta di smarcarsi dall’immagine della sciura milanese con completi color confetto e borse dai toni pastello può essere considerata interessante non altrettanto lo è quella di personalizzare spiccatamente il confronto.
Fin dalle prime mosse della campagna, infatti, la strategia del sindaco è stata evidente: puntare a migliorare la propria immagine attirando in maniera diretta l’attenzione su di sé e sul proprio operato.
In questa direzione andavano i cartelloni affissi in città ancora prima dell’inizio del confronto elettorale: una serie di manifesti fortemente incentrata sulla figura del primo cittadino e sulle realizzazioni del suo primo mandato. E nella stessa direzione vanno molte delle scelte realizzate nel corso della campagna.
Si tratta di una strategia quanto meno azzardata. Il sindaco, infatti – non è un mistero – non gode di grande popolarità personale, come i sondaggi dimostrano già da tempo.In questo contesto tentare di risollevare la propria popolarità con una campagna di comunicazione last minute è un’operazione veramente difficile.
La comunicazione, infatti è efficace se impiegata strategicamente, ma non può risolvere come una bacchetta magica problemi sedimentati nel corso degli anni. Non basta un cambio di look o un bel manifesto per far cambiare idea alle persone.
In altre parole, pensare di migliorare l’immagine del sindaco lavorando proprio sull’immagine ovvero il suo punto debole, molto probabilmente non è stata una scelta davvero pagante.
Più efficace sarebbe stato puntare sui punti forti e tentare di consolidare la popolarità della Moratti in modo indiretto.
È una strategia che l’antica arte militare cinese ha sintetizzato in uno dei celebri 36 stratagemmi, il sesto, che ricorda al comandante l’utilità di “fingere di andare verso est mentre si attacca ad ovest”. Come fecero gli Alleati nella seconda guerra mondiale, quando simularono un attacco sulle rive della Manica mentre si preparavano a sbarcare in Normandia.
Applicato al nostro caso significa che a volte il modo più efficace per ottenere un obiettivo è quello di non puntare a raggiungerlo nel modo più diretto, ma passando per un’altra via.
Lo ha capito bene Bossi, vecchio leone della politica dal fiuto particolarmente attivo, mai offuscato dai successi che è riuscito a mietere negli anni.
La Lega ha optato infatti per una campagna incentrata sulle questioni politiche. Non solo: si è anche guardata bene dal difendere quanto è stato fatto nel corso dell’ultimo quinquennio. Su questo punto, lo sanno bene i fazzoletti verdi, tante potevano essere le accuse e difendersi sarebbe stato poco credibile.
Il diktat del senatur è stato, quindi, quello di parlare di quello che la Lega e la coalizione intendono fare per Milano. In altre parole: si parla del futuro, non del passato.
Bossi ha scelto dunque di puntare sul punto forte della coalizione: la fiducia che ideologicamente i cittadini milanesi ripongono nel centrodestra e nella sua capacità di fare meglio della sinistra. Ha invece occultato (o perfino dichiaratamente attaccato) i punti deboli: la figura di Letizia Moratti e il suo operato nel corso del precedente mandato. In questo modo è riuscito consolidare la propria popolarità, a guadagnare consensi e, indirettamente, anche a rafforzare l’immagine del sindaco che, se riuscirà a spuntarla, dovrà ringraziare concretamente – e non solo a parole – il suo alleato.