La giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi, istituita nel 2007 e fissata nel giorno dell’uccisione di Aldo Moro (9 maggio 1978) è alla sua quarta edizione e questa volta è dedicata ai magistrati uccisi, un tema su cui significativamente aveva insistito il Presidente della Repubblica già nel suo discorso del 9 maggio 2010, in occasione della precedente giornata. Si potrebbe certamente ragionare a lungo sulla polemica sottile che correrà tra magistrati e Presidente del Consiglio, che pure oggi ha ammesso l’inappropriatezza del paragone tra pubblici ministeri e brigatisti. E’ un tema bruciante, che la polemica sul manifesto elettorale del candidato nelle liste PDL per il Comune di Milano, Roberto Lassini, ha riattivato e che non è né risolto, né superato dalla dichiarazione che i magistrati uccisi allora, negli anni del terrorismo, sono eroi a differenza di quelli attuali. In quella polemica, tuttavia non sta solo la discussione sul ruolo della magistratura, ma anche, a ben vedere, su che profilo dovrebbe avere ciò che noi chiamiamo “Seconda Repubblica”. Un profilo che in un qualche modo è connesso con la giornata di oggi.
Com’è che nel nostro Paese tutti parlano a torto o a ragione dei magistrati; invocano costantemente l’ipotesi di una variante terroristica; richiamano alla necessità di un ordine pubblico, ma poi quando si tratta di riflettere su un passato che conteneva tutti e tre questi elementi in cui a rischio furono l’incolumità dei magistrati, la difesa delle libertà e dei diritti acquisiti, si crea il silenzio? Dove risiede la difficoltà e che tipo di problemi apre quella scadenza? Perché su un periodo e in merito a una questione cruciale che ha segnato, diviso, e attraversato la nostra storia contemporanea noi non siamo in grado di definire una sensibilità pubblica? Per vari motivi, credo. Ma uno li sovrasta tutti: il fatto che il 9 maggio mette a nudo le debolezze strutturali della Seconda Repubblica, non come potere, anzi quello è fortissimo, ma come patto tra cittadini che si riconoscano in questo sistema politico, unanimemente. E mi spiego.
Proviamo a dare una data sulla nascita della Seconda Repubblica. E domandiamoci: che cosa ha la seconda Repubblica di distintivo rispetto alla Prima? Se facessimo un sondaggio tutti direbbero: che il passaggio dalla Prima alla seconda repubblica è nella fine del sistema dei partiti. E’vero e non è vero visto che mai come oggi i partiti, e soprattutto le liste personali, hanno un potere di condizionamento fortissimo, certamente sconosciuto ai tempi della Prima Repubblica. Ma in ogni caso proviamo a dare una data a quel tracollo.
Tra le tante credo che la nostra incertezza starebbe tra due date il 17 febbraio (il giorno in cui Di Pietro, allora Pm sconosciuto, coglie Mario Chiesa come si dice “con le mani nella marmellata”), oppure il 30 aprile (alludendo al giorno del lancio delle monetine a Bettino Craxi). Tra le due forse la prima avrebbe più chance, in ogni caso la Seconda Repubblica nasce sull’onda di Tangentopoli e nasce senza fondare un nuovo sistema politico (il fallimento del bipartitismo è la dimostrazione più evidente che la Seconda repubblica, è un’espressione giornalistica, come l’Italia del 1815, secondo il Conte Metternich era solo un’espressione geografica) la cui scena iniziale è indubbiamente la prima: quella del 17 febbraio 1992.
Il che porterebbe a concludere che i magistrati, anzi i Pm, ebbero un ruolo nella nascita della Seconda Repubblica, nel senso di voler “raddrizzare la Prima”. La storia è poi andata diversamente. Non so se una “Repubblica dei Giudici” sarebbe stata migliore del’attuale – francamente ho più di una perplessità. Ma il punto è che essa non nacque con la loro benedizione.
* storico