Antonio Di Pietro e Beppe Grillo uniti da una metafora

Antonio Di Pietro e Beppe Grillo uniti da una metafora

Uno ha triplicato i propri consensi nel corso degli ultimi quattro anni, l’altro rimane orgogliosamente fuori dal Palazzo ma guida un movimento che acquisisce un consenso crescente, anche in termini elettorali. Il primo è ospite gradito dei salotti televisivi buoni, il secondo si vanta di usare solo la Rete e le piazze per diffondere le proprie opinioni.

Sotto molti punti di vista, Antonio Di Pietro e Beppe Grillo non potrebbero essere più diversi. Eppure manifestano una serie di somiglianze molto evidenti.

Non a caso – a parte la rivalità politica – i due si stimano e si rispettano; «Antonio Di Pietro è la kriptonite della politica italiana» scrive Grillo nella prefazione all’ultimo libro del leader dell’Italia dei Valori (Grillo, 2010). L’ex pm ricambia la fiducia e accoglie con parole di entusiasmo il progetto politico del MoVimento 5 stelle.

Dal punto di vista politico le somiglianze sono tante ed evidenti, dall’enfasi sulla moralità nella vita istituzionale al rifiuto dell’appartenenza alle coordinate politiche tradizionali – destra e sinistra – che entrambi giudicano superate. Tuttavia le affinità più interessanti investono lo stile del discorso politico e della costruzione del consenso.

È inutile ripetere che la comunicazione non è sufficiente a spiegare interamente il successo che entrambi vanno raccogliendo in questi ultimi anni: la debolezza degli altri partiti, e in particolare del Pd, ha un peso importante, come pure la capacità di costruire una forte base di voto territoriale (sulla cui natura non ci soffermiamo).

Tuttavia la capacità di creare una connessione forte con gli elettori è una delle chiavi con cui interpretare il crescente consenso di Di Pietro e di Grillo e delle loro rispettive formazioni politiche. Vediamo alcuni degli elementi che caratterizzano il loro stile di comunicazione. Il primo e più evidente è l’uso della metafora. “Le metafore abbondano sulla bocca dei politici di successo” potremmo dire parafrasando un vecchio adagio latino, sicuramente valido per Di Pietro e Grillo.

Il ricorso, frequente e ripetuto, alle metafore e alle similitudini costituisce, infatti, una caratteristica importante dei loro discorsi, che contribuisce alla loro comprensibilità e alla loro efficacia.

Nei discorsi di Di Pietro le metafore – e più spesso le similitudini – assumono una centralità caratteristica e vengono impiegate per spiegare i passaggi più ostici, per chiarire i termini più complessi e per manifestare e sostenere il proprio punto di vista.

Un esempio interessante lo troviamo come risposta a una delle critiche più pesanti rivolte all’Italia dei Valori, accusata, in più occasioni, di essere diventato un partito “in franchising” e di avere “imbarcato” al livello locale personaggi di dubbia moralità.

Di fronte alle critiche, Di Pietro non risponde negando i fatti, ma ammettendo l’errore e proponendo una metafora biblica con cui intende dimostrare la propria buona fede: «Gesù Cristo ne aveva presi dodici e uno l’ha tradito figuriamoci noi poveri cristi». In tal modo riesce a mostrare con chiarezza la propria estraneità alle vicende contestate agli esponenti di Italia dei Valori e a conservarne l’immagine di partito della legalità, nonostante alcuni suoi rappresentanti abbiano mostrato comportamenti non del tutto in linea con questa rappresentazione.

Un uso altrettanto interessante è riproposto in occasione della discussione del disegno di legge sulle intercettazioni, con il quale il governo Berlusconi intendeva limitare l’utilizzo di questo strumento investigativo, adducendo come motivo l’abuso da parte della magistratura e la violazione della privacy conseguente alla pubblicazione dei testi sui media.

A questa argomentazione Di Pietro risponde con una serie di dichiarazioni che cambiano il punto di vista: “È iniziato un tam-tam da parte dei suoi giornali {di Berlusconi} e delle sue televisioni per convincere gli italiani che i mali d’Italia si risolvono togliendo gli strumenti investigativi ai magistrati. Come a dire che la malattia di un ammalato la si cura eliminando il medico”. In questo caso una metafora medica viene usata per spiegare un tema complesso e controverso come la questione delle intercettazioni, sulla quale si scontrano convinzioni opposte e su cui è difficile per il cittadino farsi un’opinione al di là delle prese di posizione ideologiche. La metafora usata esemplifica il tema e riesce a far comprendere facilmente il punto di vista di Di Pietro sulla questione e allo stesso tempo a farlo apparire ovvio, scontato, l’unico possibile.

Di Pietro porta la questione su un territorio concreto e conosciuto da tutti, quello della salute, con un nemico chiaro – la malattia – e un altrettanto evidente obiettivo, sconfiggerla. Si tratta di una situazione di cui tutti hanno fatto esperienza, che risulta dunque facile da comprendere. Allo stesso tempo la metafora seleziona una parte della realtà e, paragonando le intercettazioni a un medico, rende evidente il punto di vista dell’Italia dei Valori, in contrapposizione a quello del governo, che le considerava uno strumento per la violazione della privacy. Se Di Pietro si fosse addentrato nei dettagli della legge o nei meandri di un’argomentazione tecnica sarebbe riuscito meno comprensibile e meno efficace.

Nei discorsi di Beppe Grillo, l’uso delle metafore svolge, come nel caso di Di Pietro, una funzione esplicativa ed è arricchito dal ricorso alla sua cifra stilistica, l’appello ai codici dell’ironia e della comicità, di cui dà un esempio proprio nella prefazione al libro del leader dell’idv. Così descrive l’effetto della presenza di Di Pietro nei talk show televisivi: “induce nei seguaci del Partito dell’Amore attacchi di idrofobia, li trasfigura in facce ghignanti. Li trasforma in zombie preda di attacchi epilettici. È come l’aglio per i vampiri, l’acqua santa per i demoni, le aule di tribunale per Berlusconi, un test di intelligenza per Gasparri”.

Grillo sfrutta, insieme alla metafora, l’iperbole e l’esagerazione per rendere più chiaro il proprio pensiero. Usa una similitudine per rinforzare la propria opinione e, allo stesso tempo, suscitare l’ilarità nel pubblico.

Come per Berlusconi, non si tratta di una comicità fine a se stessa ma di un uso che ha come obiettivo rinforzare il proprio messaggio politico: con la risata Grillo riesce a sottolineare e a fissare alcuni elementi della propria strategia del discorso, in questo caso la bravura di Di Pietro nel contrastare gli esponenti del centrodestra. Allo stesso tempo il comico genovese riesce a far passare alcune informazioni senza necessità di argomentarle; in questo caso, per esempio, la presunta mancanza di intelligenza di Maurizio Gasparri.

(tratto da “Le parole sono importanti. I politici italiani alla prova della comunicazione.” Gianluca Giansante, Carocci editore, 172 pagine, 15 euro).