“Io firmo. Riprendiamoci il voto”. La sbornia elettorale pare non essere ancora smaltita che si riparte con un’altra raccolta di firme. E piuttosto imponente. E lo scalpo cui si punta è grosso: la legge elettorale. Se il suo stesso padre, Calderoli, l’ha definita “una porcata” ed è diventata consuetudine riferirsi ad essa come “porcellum”, non ci si è rassegnati all’idea che non possa mutare. Complici i cambiamenti che si profilano sulla scena politica di un futuro piuttosto vicino. A Roma il comitato referendario guidato da Stefano Passigli ha presentato i quattro punti dell’attuale legge che s’intendono abrogare: liste bloccate, premio di maggioranza, deroghe alla soglia di sbarramento, obbligo di indicazione del candidato premier. Dalla prossima settima partirà la raccolta di firme che dovranno raggiungere la cifra di almeno 500mila entro il prossimo settembre, come prevede la Costituzione. Molti nomi noti, tra i firmatari dell’iniziativa: Giovanni Sartori, Claudio Abbado, Gae Aulenti, Benedetta Tobagi. Abbiamo chiesto a Umberto Ambrosoli, che ha aderito subito, e fresco di nomina, con Valerio Onida, all’Autorità per le Garanzie civiche insediata con la nuova giunta di Milano, di spiegarci il senso di questa nuova mobilitazione.
Siamo reduci da un periodo intenso di votazioni. Non c’è il rischio di overdose col lancio di un altro referendum? «In realtà Passigli ha iniziato a strutturarlo quasi un anno fa. L’individuazione degli obiettivi e la scrittura del testo ha richiesto necessariamente del tempo. Inoltre si correva il rischio di strumentalizzare un’iniziativa, dopo il risultato alle ultime amministrative, sovrapponendola a questa tornata referendaria: rischio non assai infrequente nel nostro paese. Dunque abbiamo convenuto di aspettare».
L’idea di affidare materia tanto complessa alla cittadinanza implica che vi è scarsa fiducia nei confronti del Parlamento.
«Non proprio. Semplicemente si tratta di avvalersi di uno strumento che mette a disposizione il nostro sistema costituzionale: attribuire alla popolazione, col referendum abrogativo di iniziativa popolare, un ruolo alternativo e complementare all’iniziativa legislativa. Inoltre c’è un dato da considerare: nulla vieta che, qualora la politica si muovesse attivamente in tal senso e approvasse un nuovo sistema elettorale ope legis, noi potremmo tirarci indietro perché verrebbe meno il senso della proposta».
Predilige un sistema elettorale piuttosto che un altro? Si è addirittura parlato, di recente, del sistema ungherese..
«L’intento è quello di non sacrificare più la rappresentatività, nell’espressione del voto. E di riavvicinare i cittadini e la loro partecipazione alla cosa comune. Questa legge elettorale raggiunge l’obiettivo contrario. Impedisce una selezione dei candidati, bloccando le liste. Ogni paese ha il sistema che è più opportuno per la sua natura. Per questo non penso a uno in particolare da seguire».
Negli scenari politici che si profilano vede il rischio di un ritorno al proporzionale? Si parla ancora di terzo Polo..
«Si può individuare un sistema elettorale che medi con le esigenze nuove che appaiono nell’orizzonte politico. Non necessariamente con un ritorno al passato, ma per rispondere ad esigenze attuali».
Legge elettorale: molti obiettano che sia materia assai tecnica su cui il cittadino fatichi a esprimersi..
«Lo dicevano anche riguardo al referendum sull’acqua, eppure è bastato semplificare il quesito “pubblico” o “privato” e la gente è andata a votare con partecipazione».
Un referendum, quello appena vinto, trainato dal voto “giovane”. Ora tra i nomi dei sostenitori alla raccolta firme l’età media è piuttosto alta…
«In realtà c’è bisogno della preziosa esperienza dei senatori e dei tecnici in materia. Ma i nomi che sono usciti fanno parte solo di un piccolo nucleo iniziale. Sono certo che aderiranno anche molti giovani che hanno voglia di esprimersi su questo».