Il Parlamento italiano esiste ancora? A giudicare dalla vicenda libica sembrerebbe di no. Il 4 maggio scorso la Camera dei deputati ha approvato una mozione sull’intervento militare – presentata dai partiti della maggioranza – che impegnava il Governo «a fissare un termine temporale certo, da comunicare al Parlamento, entro cui concludere le azioni mirate contro specifici obiettivi». A più di un mese di distanza dal voto, non è successo nulla. L’Esecutivo sembra essersi dimenticato dell’impegno.
Non ci sfugge che il testo votato a Montecitorio era volutamente ambiguo. Una mozione studiata a tavolino per accontentare le varie anime della coalizione – in particolare i leghisti, da sempre contrari all’intervento in Nord Africa – e scongiurare una crisi di Governo. Il senso era questo: sì ai bombardamenti su Tripoli, a patto che la nostra diplomazia fosse riuscita a fissare una data certa per il termine delle operazioni.
Una soluzione all’italiana che aveva fatto storcere la bocca agli alleati. In quei giorni il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen si era affrettato a chiarire che «la durata della missione non dipende dall’Alleanza atlantica». Il viceammiraglio Rinaldo Veri, responsabile delle attività navali in Libia, era stato ancora più esplicito: «La missione durerà il tempo che sarà necessario». Il giorno dopo quel voto, il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva incontrato a Roma il Gruppo di Contatto per la Libia. Oltre duecento diplomatici – tra questi il segretario di Stato americano Hillary Clinton – più i rappresentati del governo libico provvisorio. Ovviamente nessuno aveva parlato del cessate il fuoco. Né tantomeno di una data certa per il termine delle operazioni militari.
Oggi il Parlamento italiano resta in attesa di una comunicazione ufficiale del Governo. «È ovvio – racconta il responsabile Sicurezza e Difesa del Pd Emanuele Fiano – che si è trattato di una soluzione di compromesso, la situazione in Libia è talmente caotica che pensare a un termine dell’intervento internazionale è impossibile». E la mozione della Camera? «Purtroppo – spiega il rappresentante dell’opposizione – le mozioni non hanno alcun valore coercitivo nei confronti del Governo». Per una volta a Montecitorio sono tutti d’accordo. «Sono sincero – dice il deputato Pdl Giorgio Holzmann, componente della commissione Difesa – in commissione non abbiamo più parlato di quel voto. Personalmente credo che i lavori parlamentari siano troppo spesso appesantiti da pronunciamenti senza alcun valore effettivo: è il caso delle mozioni, ma anche degli ordini del giorno. Bisognerebbe bandire questi istituti dai regolamenti parlamentari».
In attesa di una riforma, la mozione del 4 maggio scorso continua a rimanere senza risposta. Dal ministero della Difesa – il sottosegretario con delega ai lavori parlamentari «riguardanti provvedimenti o atti di indirizzo e controllo» è Giuseppe Cossiga – preferiscono non rispondere. La mozione sull’intervento in Libia sembra non essere mai stata approvata. «Nessuno ha mai creduto che il Governo avrebbe dato un seguito a quel voto – conclude Fiano -. Ma il Partito democratico non è intenzionato a lasciar perdere. Posso garantire che torneremo a occuparci della questione».