Tutto ciò per cui spendiamo denaro ma non sazia non è pane, dà nausea, dà morte invece che vita. Qui vediamo il banchetto di Gesù che dice: «Venite ascoltate la parola uscita dalla mia bocca e non ritornerà a me senza effetto». La Parola è paragonata al seme, che cresce e che produce, e che cosa produce? Produce in noi l’essere figli di Dio, cioè ci fa vivere da figli di Dio. Questa Parola diventa pane, diventa vita, diventa banchetto.
Marco 6, 35-44
Ed essendo già l’ora tarda, i suoi discepoli, avvicinatisi a lui, dicevano: Deserto è il luogo e l’ora già tarda; rimandali, perché, andando nei campi e villaggi intorno, si comprino di che mangiare. E dice loro: Quanti pani avete? Andate a vedere! E, informatisi, dicono: Cinque, e due pesci. Ma egli rispondendo disse loro: Voi stessi date loro da mangiare. E gli dicono: Andremo a comperare duecento danari di pane, e daremo loro da mangiare?! E dice loro: Quanti pani avete? Andate a vedere! E, informatisi, dicono: Cinque, e due pesci. E ordinò loro di far sdraiare tutti, a gruppi e gruppi sull’erba verde. E si adagiarono ad aiuole ed aiuole di cento e di cinquanta. E, presi i cinque pani e i due pesci, alzati gli occhi al cielo, benedisse e spezzò i pani, e dava ai discepoli che porgessero a loro, e i due pesci divise tra tutti. E mangiarono tutti, e furono sazi, e levarono di frammenti un pieno di dodici ceste, e anche da pesci. Ed erano quelli che mangiarono (i pani) cinquemila uomini.
Al palazzo di Erode l’ultima portata sul vassoio d’argento è la testa del Battista, l’ultima portata è addirittura l’uccisione. Hanno tagliato la testa al profeta, hanno tagliato la parola. Il banchetto di Gesù invece è nel deserto, tutti mangiano e tutti sono sazi, e ne avanzano pure dodici ceste.
Nei due banchetti vi è la presenza di due modi diversi di mangiare: in uno la vita termina con la morte, con l’uccisione, l’altro è un banchetto che fa fiorire il deserto, che crea fraternità, crea sazietà e vita. Due banchetti diversi, due modi di vivere diversi.
Ed essendo già l’ora tarda, i suoi discepoli, avvicinatisi a lui, dicevano: Deserto è il luogo e l’ora già tarda; rimandali, perché, andando nei campi e villaggi intorno, si comprino di che mangiare.
Arriva la sera e la sera è un po’ il simbolo della fine, della notte. Giunti a sera si arriva al dunque, le belle parole sono state dette e ora non c’è più nulla da fare, tutto finisce. Allora i discepoli dicono “bene, le belle parole le hai dette, ora mandali a casa”.
In fondo è quello che spesso facciamo: la fede si ferma alle belle parole. Poi, dopo, il problema del mangiare, del vivere è un’altra cosa, è a parte. Invece il problema è che la Parola diventi pane, diventi vita: è allora non c’è più sera. La Parola deve farsi pane.
Ma egli rispondendo disse loro: Voi stessi date loro da mangiare. E gli dicono: Andremo a comperare duecento danari di pane, e daremo loro da mangiare?!
Hanno già fatto i conti: duecento danari è il salario di un anno, più o meno. Il problema sembra solo comperare, non capiscono che è qualcosa d’altro: esiste il dare, che appartiene a un’altra categoria.
Il pane comprato non sazia. Nemmeno il pane di sudore sazia. La vita non è quel che guadagni, e io non posso guadagnarmi la vita, né pagarla. Ciò che sazia nella vita è l’amore e l’amore non è pagato, è dono; se lo paghi si chiama prostituzione, non è amore. Il pane che sazia è il pane condiviso, è il pane donato, il pane mangiato insieme: perché così, mentre mangi il pane, mantieni la vita animale e, condividendo, mantieni la vita spirituale di fratello e di figlio. Perciò, c’è un pane che sazia, che è il pane condito dall’amore che è nell’economia del dono; e c’è invece un pane che puoi averne all’infinito, certamente non manca, ma manca qualcos’altro, manca la condivisione. Quello che sazia è un altro pane, ed è quello che Gesù vuol far dare.
E dice loro: Quanti pani avete? Andate a vedere! E, informatisi, dicono: Cinque, e due pesci.
È interessante: il pane ce l’abbiamo già, non bisogna andarlo a comprare. Se c’è lo dai, è così tutta la vita: hai la vita, se dai la vita. Abbiamo tutti il desiderio, la possibilità di amore e di condivisione, è questo che ci fa uomini. Tutti abbiamo questo pane nel cuore. Si informano e dicono: “cinque e due pesci, poca roba, cos’è?! Cinque più due dà sette, e il sette è il numero della perfezione. Cioè quel poco che abbiamo, sembra appunto poco, invece è perfettissimo, è addirittura il potere di Dio in noi, quello di amare: è questo ciò che sazia tutti. Il problema del mondo non è di avere più pane: è di condividere. Così il problema della vita: non è che se avessi due, tre vite sarebbe meglio, dovrei morire tre volte, soffrire tre volte.
Tra l’altro il pane è simbolo di Cristo, richiama all’eucarestia (da eucharisto, rendo grazie) e anche il pesce è simbolo di Cristo, per due motivi. Il pesce vive nell’acqua, l’acqua è simbolo della morte: lui vive nella morte e quando lo tiri fuori dall’acqua muore, però fa vivere te. Per cui nella sua morte, lui dà la vita a te. E poi per l’acrostico famoso di “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore” (le cui iniziale in greco antico formano la parola ἰχϑύς, pesce).
E ordinò loro di far sdraiare tutti, a gruppi e gruppi sull’erba verde. E si adagiarono ad aiuole ed aiuole di cento e di cinquanta.
Per prima cosa Gesù ordina di fare sdraiare, neanche sedere ma sdraiare. Quando si faceva banchetto la sera con gli amici, non si mangiava seduti ma sdraiati. “Ordinò”: è un ordine che dà ai discepoli, perché i discepoli non volevano.
L’erba diventa verde, prima era deserto. Dove le persone si adagiano, in greco c’è proprio “ad aiuole ed aiuole”, il deserto fiorisce, i fiori sono le persone stesse, il deserto richiama il paradiso terrestre. Mentre l’economia di Erode ha portato il paradiso terrestre al deserto, questo nuovo modo di vivere riporta il deserto all’Eden.
E, presi i cinque pani e i due pesci, alzati gli occhi al cielo, benedisse e spezzò i pani, e dava ai discepoli che porgessero a loro, e i due pesci divise tra tutti.
Richiama a qualcosa di più grande: “Prese il pane, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli…”. È il senso di tutta la vita di Gesù che è donata. È la nuova economia che Gesù ha fatto in tutta la sua vita, in tutta la sua morte e la anticipa qui, nel gesto quotidiano del mangiare, perché questo gesto dell’eucarestia è un gesto quotidiano di vita. È così che va vissuto il pane, e la vita.
Gesù prende il pane, noi tutti prendiamo. Non siamo la vita, la prendiamo. Però ci sono due modi di prendere: come il cane che prende con il morso e ringhia all’altro dicendo “è mio!”, oppure quello di prendere a mano aperta come dono dell’altro. Che differenza fa? Se prendo come il cane, ciò che mi interessa è la cosa, che diventa il mio assoluto, il mio dio. Se invece la ricevo come dono, quella cosa che ricevo diventa un gesto di amore che ricevo dall’altro. Per cui questa cosa mi mette in comunione con l’altro: questo è il pane che sazia. E così è tutta la vita. Se la mia vita è il dono di Dio, vuol dire che la mia vita è un segno dell’amore infinito che Dio ha per me. Allora prendo bene la mia vita e la mia vita è bella, perché amata infinitamente da Dio.
Il primo problema sta nel come si prende. Infatti, Gesù prende e alza gli occhi al cielo: cioè quel che gli interessa è Colui che dà. Quindi benedice, dice-bene, è contento del dono, è contento di sé, è contento dell’altro, per cui tutto quello che ho e che sono è gioia. Anche nel gesto minimo c’è presenza d’amore infinito, perciò godo di tutte le cose: non c’è nulla di irrilevante e di insignificante nella vita. L’origine del banchetto è già nel prendere il pane: se lo prendi alzando gli occhi oppure se lo prendi concentrando gli occhi sulla cosa. Se tu spezzi e dai, diventi uguale al Padre: sai anche tu donare. Quindi, questo gesto di ricevere, di benedire, di spezzare e di dare è il ciclo completo della vita che mi rende a immagine di Dio. Come figlio ricevo e benedico, e come figlio adulto uguale al Padre, a mia volta so dare. Questo è il ciclo della Trinità, il ciclo dell’amore e della vita che entra in ogni azione e relazione. Dove non c’è questa economia, quel pane non sazia, è avvelenato, fa morire te e l’altro. Dove la cosa non è presa ma rubata, dove la cosa ricevuta non è in grado di sfogare in te l’amore e la capacità di dare, ecco questa è morte.
Questa è la nuova economia di Gesù: il banchetto che sazia. Che cos’è che ci dà gioia nella vita se non l’amore che c’è nelle relazioni, nelle cose che ci scambiamo? Tutto il resto non sazia.
E mangiarono tutti, e furono sazi, e levarono di frammenti un pieno di dodici ceste, e anche da pesci. Ed erano quelli che mangiarono (i pani) cinquemila uomini.
Qui mangiano tutti, al banchetto di Erode solo i notabili del paese. E qui furono sazi. Questo cibo sazia e c’è per tutti, ne avanzano dodici ceste. Più ne dai, quindi, più cresce. Il numero dodici richiama i dodici mesi dell’anno e le dodici tribù, c’è per tutti e per sempre, perché è infinito l’amore. Il prendere come dono, il benedire, il condividere e il dare: questo è il problema per poter vivere a questo modo. Il problema è la condivisione non la produzione, e ciò che distribuisce è questo spirito.
Siamo nel deserto, giunge la sera, la sera diventa illuminata, fiorisce il deserto, la notte ormai non è più notte ed è piena della fragranza del pane, che è per tutti e per sempre. Questo è il nuovo programma di vita dove la Parola si fa pane e sazia. Tutta la vita o è vita o è morte, ogni spazio o è vita o è morte, ed è vita se vissuta così, è morte se vissuta al contrario.
*biblista e scrittore
Il testo è una sintesi redazionale della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano nel corso di vari anni. L’audio originale può essere ascoltato qui.
Nella foto, Nicola Magrin, «Il banchetto nel deserto»; acquerello su carta Arches, 28×30 cm; 2011 – per gentile concessione di Galleria Blanchaert