Murdoch trascina con sé anche il mito di Scotland Yard

Murdoch trascina con sé anche il mito di Scotland Yard

Non solo Murdoch. L’ombra dello scandalo-intercettazioni oscura anche Scotland Yard, e rischia di trascinare verso il fondo una delle istituzioni britanniche più famose e celebrate: la polizia. Un crollo di immagine, ma anche di pezzi: prima le dimissioni del capo della polizia, sir Paul Stephenson, poche ore dopo quelle dell’assistant commissioner John Yates, numero due. Decapitata ai vertici in poche ore, la Met (polizia metropolitana) vive ore di difficoltà. Una crisi. Alla base di tutto i rapporti, poco limpidi con personaggi legati a doppio filo con il tabloid News of the World e, più in generale, la gestione delle indagini sulle intercettazioni del quotidiano di Murdoch. Una storia che pende sulla testa della polizia da almeno sei anni.

Il nome del responsabile è Neil Wallis, ex-vicedirettore di News of the World (si era dimesso nel 2007), uomo definito, nell’ambiente, “il lupo”. Dopo le dimissioni, la sua esperienza nel mondo dei media lo ha portato a trovare un contratto con la polizia, con il compito di fornire consigli strategici sui media e su questioni di intercettazioni. Da settembre a ottobre 2009, la sua collaborazione con Scotland Yard gli avrebbe fruttato un compenso di 40.000 sterline. Un fatto in sé normale, se non fosse che l’impiego di Wallis è stato taciuto fino al giorno del suo arresto (il 14 luglio). John Yates, amico di Wallis da almeno 12 anni, è stato sottoposto, negli ultimi mesi, a interrogazioni da parte di due commissioni della Camera sulla gestione dello scandalo interrogazioni. In tutti i casi, pur parlando del suo rapporto con Wallis, avrebbe evitato di menzionare l’impiego affidato all’amico. Un atteggiamento ben poco trasparente, per nulla british. Il sindaco di Londra, Boris Johnson lo ha definito «sbagliato, scorretto e deludente». 

Ma il problema riguarda anche sir Paul. Dopo un intervento chirurgico, il capo della polizia avrebbe scelto di rimettersi in salute con un soggiorno in una spa a Champneys, nella contea dell’Hertfordshire. L’ospitalità, di 19.000 sterline, sarebbe stata pagata da un amico che sarebbe, secondo quanto dice Sky News, il partner aziendale della spa. E solo più tardi Stephenson avrebbe appreso che Wallis avrebbe lavorato come consulente di relazioni personali per la Spa. Insomma, un altro collegamento, un altro tassello per un legame che getta un’ombra di sospetto. 

Ma il problema alla base, ciò che rende pericolosa la relazione con Wallis, e quindi con il News of the World, sta nel caso intercettazioni, o meglio, nel modo in cui la polizia lo avrebbe gestito, fin dall’inizio. Tutto comincia nel 2005, quando alcuni scoop sulla famiglia reale usciti su tabloid nazionali (tra cui, appunto, News of the World) destano sospetti negli stessi protagonisti: i fatti pubblicati erano noti solo a una cerchia ristretta e discreta. Si fa strada il timore di essere sotto intercettazione. Scotland Yard comincia a occuparsene, e pochi mesi dopo, nel 2006 conferma: Clive Goodman, giornalista del News of the World che copriva la famiglia reale per il giornale, si era servito dell’aiuto di Glenn Mulcaire per intercettare conversazioni e messaggi telefonici, da cui ricavare notizie di successo. Il caso, seppur poco edificante, sembra risolto.
E invece no. Quando la polizia passa all’azione, le cose diventano meno chiare. Perquisendo l’abitazione di Mulcaire gli agenti ritrovano 2.978 numeri di telefono di potenziali vittime di hackeraggio, 91 numeri Pin per entrare nelle segreterie telefoniche, tre nomi di giornalisti e 30 registrazioni. In una di queste, si poteva vedere come Mulcaire spiegasse a un giornalista (che non era Goodman) passo passo le tecniche per intercettare le conversazioni. Altre perquisizioni, avvenute nella redazione del giornale dove lavorava Goodman, si limitano alla sua unica scrivania. Dopodiché, pur avendo raccolto un materiale esplosivo, le indagini si chiudono. Goodman e Mulcaire sono processati e condannati. La polizia si ferma. Come dirà più avanti John Whittingdale, presidente di una commissione parlamentare che indagherà sui fatti delle intercettazioni, «non sembra che ci fosse entusiasmo nell’indagine, né volontà di allargarla».

Scotland Yard si difende e adduce alcune spiegazioni. Se c’è stata trascuratezza, è stato perché il caso, all’epoca, era finito nelle mani della sezione antiterrorismo, come tutto quello che minaccia la famiglia reale. In quel periodo, poi, il rischio attentati era alto, e le urgenze erano diverse. Del resto, si può dire, era passato un anno soltanto dall’uccisione di Jean Charles de Menendez (il brasiliano scambiato per un attentatore) nella tube londinese, e la sezione antiterroristica non poteva permettersi altri sbagli. Il compito della polizia, inoltre, è di individuare i reati, dicevano, e non di passare a setaccio l’industria del giornalismo inglese. Nel frattempo, il direttore di News of the World dell’epoca, Andy Coulson, negava di essere a conoscenza dei metodi di Glenn Goodman. Per spirito di responsabilità, però, sceglieva di dimettersi.

Le difese addotte dalla polizia non sono state convincenti, e il sospetto di una connivenza con il giornale è andato crescendo. Numerose testimonianze, fatti poco chiari e dichiarazioni lasciavano credere che l’abitudine alle intercettazioni o a mezzi illegali per trovare notizie (chiamati “le arti oscure”) fosse più diffusa di quanto si volesse far credere. Ad esempio la storia dell’investigatore privato Steve Whittamore, cui nel 2005 la polizia aveva sequestrato centinaia di registrazioni nelle quali diversi giornalisti commissionavano ricerche al limite della legalità. Tra i suoi contatti figuravano anche 19 giornalisti del News of the World. Ma non solo. Secondo alcune fonti, lo stesso direttore Coulson avrebbe più volte, in sue conversazioni, fatto riferimento all’uso delle “arti oscure”, senza alcun problema.

C’era, inoltre, a quanto si dichiara nel 2010 in un articolo del New York Times, una forte pressione interna nella polizia. Chris Webb, capo dell’ufficio stampa di Scotland Yard, avrebbe cercato più volte di ricordare la relazione, duratura e felice, tra la polizia e il gruppo di News of the World: fornivano spesso notizie di reato su cui intervenire, ed esaltavano le operazioni della polizia. Meglio non interrompere un simile sodalizio. E così, delle migliaia di nomi di potenziali vittime trovati sulle liste, Scotland yard ne avvisò solo una ventina. Poi tutto venne accantonato. Nemmeno una campagna del Guardian, del 2009, smuove le cose. Viene sostenuto che tra le vittime delle intercettazioni sarebbe figurato anche l’ex vicepremier John Prescott. La polizia decide comunque di non intervenire.

Ma il peso della spada che grava su Scotland Yard aumenta sempre di più. Prima, si scopre che News of the World avrebbe accomodato una denuncia di Goodman per ingiusto licenziamento, chiedendogli di ritirare la causa (che avrebbe rivelato altri nomi di giornalisti coinvolti nelle arti oscure) e pagandogli 60.000 sterline. Lo stesso è accaduto con Mulcaire e con altre tre vittime di intercettazioni (risarcite con un milione). Nel 2010, una campagna del New York Times scuote il caso, facendo riaprire un’inchiesta. Secondo il quotidiano americano, la pratica delle arti oscure era nota, anzi incoraggiata, anche dallo stesso direttore Coulson. La polizia riapre le indagini e Andy Coulson, diventato nel frattempo spin doctor del primo ministro Cameron, decide di dimettersi una seconda volta. Siamo ormai nel 2011.

Scatta l’inchiesta Operazione Weeting. Ormai occorre fare chiarezza, ma con juicio: vengono arrestati famosi giornalisti del tabloid come Neville Thurlbeck, Ian Edmonson e James Weatherup, tutti di News of the World, per abusi e intercettazioni. Però, d’altro canto, viene trascurato il caso di Jonathan Rees, un detective spesso utilizzato dal giornale, ma su cui grava il sospetto, sostenuto dal Guardian, di una lunga ed estesa opera di corruzione di agenti di polizia. Una bomba che potrebbe travolgere tutto.

Ma la bomba che scoppia è un’altra e sconvolge l’intera opinione pubblica. A quanto si scopre, nel mirino delle intercettazioni figurano parenti di vittime degli attacchi del sette luglio 2005, soldati morti in Afghanistan e Iraq. Ma soprattutto, viene colpita la segreteria telefonica di Milly Dowler, una ragazzina rapita e poi uccisa da un serial killer nel 2002. La cancellazione di alcuni messaggi da parte dei giornalisti-hacker ha ostacolato le indagini e creato un’attesa immotivata nei parenti, che speravano fosse ancora viva. È l’ultima goccia, che fa tracimare l’onda di indignazione contro News of the World, e costringe Rupert Murdoch a intervenire con la chiusura definitiva del giornale e il licenziamento dei suoi vertici. 

Ma non è bastato. Insieme a News of the World, anche Scotland Yard trema. Ormai la spada che pendeva è caduta e ha tagliato le prime teste. Mentre si snoda una ragnatela di storie oscure, che raccontano casi di connivenze, corruzioni, accordi e amicizie poco raccomandabili. E il mito della polizia britannica crolla.

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