Bonus Bebè, ora il governo vuole i soldi indietro

Bonus Bebè, ora il governo vuole i soldi indietro

«Felicitazioni per il tuo arrivo! Lo sai che la nuova legge finanziaria ti assegna un bonus di mille euro?». Era il 2006. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si rivolgeva così ai neonati italiani. Centinaia di migliaia di lettere personalizzate per pubblicizzare il piccolo aiuto economico che il governo aveva destinato alle famiglie appena visitate dalla cicogna. Un’iniziativa lodevole e affettuosa – la lettera si concludeva con «un grosso bacio» del premier – che per tanti beneficiari si è trasformata in un incubo. Da almeno due settimane il ministero dell’Economia sta inviando migliaia di raccomandate per chiedere la restituzione del denaro ricevuto. Nella maggior parte dei casi i destinatari sono chiamati a corrispondere anche una sanzione amministrativa di tremila euro.

Tra i requisiti necessari per ottenere il bonus la legge aveva previsto un limite di 50mila euro al reddito complessivo delle famiglie. «Ma quel modulo – si legge in un’interrogazione parlamentare del Pd – non spiegava se la cifra era lorda o netta. E proprio questa piccola dimenticanza ha generato il caos. In tanti, infatti, hanno dichiarato il reddito netto». A distanza di cinque anni almeno ottomila famiglie sono state riconosciute colpevoli di aver riscosso «illecitamente» il bonus.

In pochi giorni la vicenda diventa un caso. I quotidiani – prima tra tutti la Stampa di Torino – pubblicano i racconti dei genitori infuriati. Il Governo prova a correre ai ripari. Parlando in commissione Affari Sociali, il sottosegretario alla Famiglia Carlo Giovanardi assicura che le famiglie chiamate in causa «sono tenute a restituire esclusivamente la somma indebitamente percepita, senza alcuna maggiorazione a titolo di interesse». Le migliaia di raccomandate del ministero dell’Economia parlano di «autocertificazioni mendaci». Accusano, in poche parole, di truffa allo Stato. Giovanardi è costretto a giustificarsi sul suo sito internet: «Mi scuso per i toni sgarbati e minacciosi della lettera che gli uffici del ministero dell’Economia vi hanno inviato».

Nel frattempo, però, le lettere continuano ad arrivare. Chiedono la restituzione del bonus bebè e i tremila euro di penale. Le associazioni a tutela dei consumatori alzano la voce. C’è chi, come l’Aduc, invita a non restituire quanto dovuto. «Il ministero non ce la dice tutta – si legge sul sito – In diversi casi la richiesta di restituzione è stata inoltrata oltre i cinque anni da quando il bonus è stato riscosso, quindi soggetta a prescrizione». Pietro Giordano, segretario generale dell’Adiconsum chiede al ministero dell’Economia di sospendere le richieste di restituzione del bonus. «La dicitura reddito “complessivo” si prestava a interpretazioni ambigue – racconta – A monte delle dichiarazioni c’è stata una informazione istituzionale incompleta e non puntuale». Più dura la posizione del Codacons, che annuncia un esposto all’Antitrust per pubblicità ingannevole. In sostanza – questa la posizione dell’associazione – la lettera inviata alle famiglie a firma Silvio Berlusconi avrebbe lasciato intendere a tutti «di aver diritto a quel bonus».

Domani, forse, il Parlamento metterà fine alla vicenda. Per impegnare il governo a fare chiarezza, il Pd Pier Paolo Baretta ha presentato una risoluzione in commissione Bilancio alla Camera. L’obiettivo è quello di invitare gli uffici territoriali della ragioneria generale dello Stato a chiedere la restituzione – laddove fosse certificato l’errore – dei soli mille euro del bonus bebè. Senza ulteriori sanzioni. «Almeno – spiega Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in commissione Cultura – si riconosca che la buona fede delle famiglie è stata tratta in inganno dalla superficialità con cui il governo ha presentato l’iniziativa». 

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