I sindacati l’hanno già ribattezzata la legge «mangia-bambini». È l’ultima proposta della Regione Lazio per ridurre le liste di attesa negli asili nido. Una norma – inserita all’interno della manovra di assestamento di bilancio – che riduce la superficie minima destinata alle attività educative. Brevissimi i tempi di approvazione. Da questa mattina la proposta di legge è al vaglio del Consiglio regionale. «Il sì definitivo – racconta il consigliere di maggioranza Chiara Colosimo – arriverà al massimo entro sabato notte».
A sollevare le critiche di sindacati e opposizioni non è solo la riduzione da 10 a 6 metri quadri della «superficie interna netta dell’asilo nido destinata agli spazi ad uso dei bambini». Il provvedimento in discussione prevede anche l’aumento del numero di bambini per ogni educatrice. Fino a oggi i limiti imponevano la presenza di un’insegnante ogni sei alunni. Se passerà la proposta della Giunta Polverini, il rapporto sarà di uno a sette.
Le opposizioni promettono battaglia. Da questa mattina il gruppo del Partito democratico ha organizzato un presidio davanti alla sede del Consiglio regionale. Una protesta per denunciare le conseguenze di una legge «che trasforma luoghi di opportunità e di socializzazione per la prima infanzia in allevamenti intensivi di pollame», denuncia il consigliere Tonino D’Annibale. I sindacati hanno aderito alla mobilitazione. In prima fila c’è l’Unione Sindacale di Base che ha chiamato a raccolta le lavoratrici dei nidi pubblici e privati del Lazio. «Manifestiamo per tutelare la qualità di un servizio che deve rimanere pubblico – spiega Caterina Fida del Coordinamento Nidi Usb – con questa norma si rischiano di creare peggiori condizioni di lavoro e ambienti insicuri per i bambini»
Parlando con la rappresentante dei sindacati di base emerge un’altra questione. «È inutile girarci intorno – spiega Fida – queste norme servono solo a favorire i privati. Che in questo modo possono aumentare il numero di bambini nelle proprie strutture senza veder crescere i costi di gestione». Non solo. A sentire le confidenze di un manifestante, dietro al provvedimento ci sarebbe un conflitto di interessi. Tra i promotori della norma, infatti, c’è il presidente della commissione Lavoro Maurizio Perazzolo. Eletto nella lista Polverini e titolare di un asilo privato nella Capitale.
Il diretto interessato respinge ogni accusa. «Queste sono solo meschinità» spiega con irritazione al telefono. «Ho un asilo nido e allora? Ho anche un bellissimo stabilimento balneare, un albergo e due meravigliosi impianti sportivi. E proprio in una di queste strutture, che gestisco, c’è un nido in convenzione con il Comune». «Il problema – continua – è che nel Lazio la normativa su questa materia risale a trent’anni fa». La scorsa primavera Perazzolo aveva già provato a modificare la legge sugli asili nido con un’apposita proposta. «Ma quella norma è rimasta bloccata in commissione – spiega – Portare avanti un provvedimento seguendo il normale iter legislativo è quasi impossibile. Ci vogliono tempi biblici». I provvedimenti inseriti nella legge di bilancio, invece, viaggiano più spediti. Saltando il passaggio in commissione e approdando direttamente in aula. «Con questo sistema – spiega Perazzolo – già da settembre ridurremo drasticamente le liste di attesa negli asili nido del Lazio».
Il problema della carenza di asili non riguarda solo Roma. Gli ultimi dati pubblicati dall’Istat fotografano una situazione preoccupante. I bambini da zero a due anni iscritti negli asili nido comunali italiani sono poco più di 150mila (il numero sale a 190mila considerando i nidi convenzionati o sovvenzionati dagli enti pubblici). Poche le domande accolte: la quota dei bambini che si avvalgono di un servizio socio educativo pubblico è pari al 13,6 per cento. Enormi le differenze territoriali: si va dal 3,4 per cento delle regioni del Sud al 16,4 per cento del Nord Est.
«Ma non è certo stipando i bambini come polli di allevamento che si risolve il problema» spiegano dal Sindacato di Base. La maggioranza di centrodestra non è d’accordo. «Le critiche di sindacati e opposizione mi lasciano stupefatta – racconta Colosimo – Abbiamo introdotto un limite alle superfici degli asili già previsto dalla maggior parte delle regioni italiane. Non c’è nessuna volontà di trasformare i bambini in polli. Cerchiamo solo di risolvere i problemi delle famiglie lasciando inalterati gli standard di qualità del servizio». Anzi, a sentire Perazzolo il limite di 6 metri quadrati sarebbe stato individuato proprio studiando la normativa delle regioni più virtuose. In particolare Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna. «In Emilia – spiega il consigliere – sono previsti spazi ancora più ridotti». La sindacalista Fida insiste: «Nelle altre regioni gli asili hanno meno spazio. E allora? Se sono passate delle leggi in questo senso, non vuol dire che quelle strutture funzionino bene. Anzi, a quanto mi risulta le educatrici di quelle regioni lavorano malissimo».