«Che fine ha fatto la rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi?». Se lo chiede anche Giuliano Urbani, uno dei fondatori di Forza Italia, il partito che ormai diciassette anni fa nacque proprio promettendo un miracolo italiano che poi alla prova dei fatti non c’è mai stato. Lui la politica del Cavaliere la conosce bene – il premier lo ha voluto ministro della Funzione pubblica e dei Beni Culturali – ma questa manovra non l’ha proprio capita. Troppe tasse, pochi tagli «e ora il rischio è la recessione». Ma la colpa non è tutta del presidente del Consiglio. «Lui ha ancora coraggio – spiega Urbani – il suo dramma è la maggioranza che lo sostiene». Giulio Tremonti? «Lasciamo fare i tagli a chi ci capisce qualcosa».
Professore, la manovra non le piace. Ma era necessaria.
Le dico una cosa sola, stiamo perdendo un’occasione storica. Potevamo tagliare la spesa pubblica. E invece aumentano le tasse. Credo che il dibattito sia diventato ormai stucchevole. Con nuovi tagli prepariamo una ripresa, con nuove imposte zavorriamo il Paese. Basta essere dei bambini per capirlo.
Evidentemente a Palazzo Chigi non la pensano come lei.
Però adesso l’Italia corre un rischio enorme. La recessione. Un rischio grande come un macigno.
A dirla tutta qualche taglio nella manovra c’è. Le province ad esempio.
Qualche taglio, appunto. Ma dico io, che senso ha cancellare 39 province? A questo punto perché non le tagliano tutte?
Quali altri tagli avrebbe voluto vedere?
Le pensioni. Per fortuna siamo un popolo che invecchia. E dico per fortuna perché ho superato i settant’anni. Ma allora cosa ci vuole a capire che bisogna adeguare la sostenibilità del sistema previdenziale all’aumento dell’età media della popolazione? Basterebbe prendere una matita, un foglio di carta e fare due conti. Evidentemente Tremonti non lo ha fatto.
Un altro taglio.
La sanità. L’obiettivo è un sistema efficiente ma non costoso. E non sto ipotizzando nuovi ticket. Oggi nel settore della sanità ci sono sprechi immensi.
Che opinione si è fatto del contributo di solidarietà? Forse era meglio una patrimoniale?
Nessuna opinione. È una toppa. E io sono contrario alla logica delle toppe. Lo ripeto: dobbiamo intervenire sulla spesa strutturale. Altrimenti finiamo come Tafazzi. Lei se lo ricorda?
Più o meno.
Finiamo per darci grandi martellate.
Diciassette anni fa nasceva il primo governo Berlusconi. Che fine ha fatto quella rivoluzione liberale?
Me lo chiedo anche io. Che fine ha fatto?
E ieri per la prima volta il premier ha ammesso, seppure a malincuore, di essere costretto a mettere la mani in tasca agli italiani.
Ormai siamo il paese con la più alta incidenza fiscale al mondo. Mi spiace dirlo, ma questo significa che siamo anche l’ultimo paese al mondo come competitività. L’Italia è piena di imprenditori che esportano la nostra grande capacità innovativa. Ma se li trattiamo così… D’altronde ci vuole coraggio per abbassare le tasse e tagliare la spesa.
E il premier non ce l’ha?
Lui sì. Ma il coraggio manca alla sua maggioranza. Il dramma di Berlusconi è la maggioranza che lo sostiene.
Qualcuno sostiene che il suo dramma sia Tremonti.
È chiaro che per tagliare la spesa previdenziale bisogna chiamare qualcuno che queste cose le conosce. Se i tagli alle pensioni li lasciamo fare a chi non ha una minima idea di come agire…
Forse un tecnico?
Purtroppo i veri tecnici sono lontani mille miglia dalla tolda di comando.
A chi sta pensando?
In tutta sincerità io continuo ad appellarmi a San Draghi.