La confessione è prova principe della colpevolezza. Due giorni fa, a Porta a Porta, Silvio Berlusconi l’ha fornita spontaneamente. Ha confessato di aver preso accordi con il presidente francese Nicolas Sarkozy per far dimettere Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea. Il patto stipulato è illegale e fa strame dell’articolo 108 del Trattato che istituisce la Comunità Europea, il quale vieta ai banchieri centrali di «accettare istruzioni» dai governi, e a questi «di cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Bce».
Nel patto criminale, le dimissioni di Bini Smaghi sarebbero l’altra utilità indebitamente promessa da B. in cambio dell’appoggio francese alla nomina di Mario Draghi alla presidenza della Bce. Questa mattina Sarkò ha fornito la controprova: «Mi ero impegnato a sostenere la candidatura di Draghi in cambio di impegni precisi… è sempre meglio rispettare gli impegni». Poco fa B. ha rinnovato le intimidazioni: «Credo che nessuno possa opporsi contro il volere del proprio Paese in questo modo». Invece sì, se è un banchiere centrale, che deve obbedire alla legge e non al premier dello Stato che gli ha rilasciato il passaporto. Dura lex sed lex europaea.
Conclusione. Primo, non basta dire che Bini Smaghi può rimanere alla Bce: Bini Smaghi ha l’obbligo di rimanere. Secondo, occorre procedere senza indugio contro Berlusconi e Sarkozy davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea tramite il cosiddetto “ricorso per inadempimento”. Piccolo problemino: il ricorso può essere presentato da uno stato membro o dalla Commissione europea. Domanda 1: Ci sarà qualcuno che abbia il coraggio di cercare un giudice a Lussemburgo? Domanda 2: Non vi piacciono le conclusioni? Allora cambiate i Trattati e lo statuto della Bce.