Quando Eugenio Scalfari nella sua omelìa domenicale ha liquidato la Leopolda di Matteo Renzi come «fanfaluche rottamatorie», nel coacervo della sinistra politica e intellettuale le preoccupazioni verso l’exploit del sindaco di Firenze sono aumentate a dismisura. Anche perché il seguito sul web e le reazioni stizzite dei maggiorenti del Pd (e non solo) segnalano l’inizio di uno sconvolgimento che non lascerà indenne l’attuale campo dell’opposizione.
Semmai stupisce la benevola curiosità e un qualche sincero interesse con i quali si osserva dal terreno avversario l’evoluzione in corso. Quasi che di nascosto si “faccia il tifo” per Renzi e ci si auguri un suo successo, in modo da avere finalmente un avversario che si confronti sulle cose. D’altra parte da Firenze è arrivata la realistica accettazione della stringente “road-map” riformatrice imposta dall’Europa e la altrettanto realistica consapevolezza che le liturgie “protestatarie e sindacalesi” non portano più da nessuna parte. E che quindi (ma questo è il non detto) che Berlusconi, o chi per lui, si sbrighi a fare quello che va fatto: perché si ha voglia di giocare un’altra partita politica nuova, senza dinosauri o cascami ideologici che ingombrano il terreno di gioco. Ma, appunto, dall’altra parte del campo chi c’è che si “scalda in panchina” con la prospettiva di guidare la squadra alla competizione prossima ventura? Insomma dov’è il «Renzi di destra» che agita le acque e magari convince i cuori?
Sicuramente ci sono i “dinosauri” (Berlusconi e Bossi), destinati dall’anagrafe ad un ineluttabile declino. Anche qui ci sono i sessantenni pronti ad “ereditare”. Ma saranno gli Scajola o i Pisanu con le manovre di palazzo o la raccolta dei “malpancisti” a motivare ancora eserciti stanchi ? O saranno i diversi ministri e ministre (alcuni stimati dall’elettorato) a reinnalzare la bandiera del centrodestra ? C’è, è vero, l’investitura dall’alto per Angelino Alfano, giovane quanto basta e dall’aspetto per bene. Ma basterà a scendere in singolar tenzione contro quel furbo “monello” toscano che punta a fagocitare non solo l’intero suo serbatoio ma a penetrare con scorrerie mirate nelle vaste aree moderate o addirittura nei fortini conservatori?
Lo diranno le primarie. Esperimento inedito per il centro-destra che, non a caso, un “evergreen” come Formigoni sollecita da tempo. E lì gli scossoni di assestamento non saranno né leggeri né pacifici. Sarà tutto da seguire, magari con la sorpresa di veder emergere figure nuove e inattese, oggi poco “frequentate” dal solito circuito mediatico.
Certo è che, pur se “sgarrettato” dagli apparati che lo odiano, Renzi, culturalmente, ha già vinto. Anche perché ha la sfrontatezza di «guardare avanti», temprato come si è nella guerra ai pesanti apparati toscani (rossi e bianchi) che nelle primarie ha regolarmente battuto. E dall’altra parte delle barricate, il sindaco di Firenze non manca di suscitare una punta di rimpianto per non averlo potuto acquistare al calcio-mercato, com’è abituato a fare il presidente del Milan.